Plemya (The Tribe)
Le prime tre sono proiezioni stampa, la quarta è del programma ufficiale
ore 9,00: Listen Up Philip di Alex Ross Perry, Usa. Concorso internazionale.
L’ho adorato, tant’è che l’ho appena messo al primo posto nella mia personale classifica del concorso. Un giovane scrittore al secondo libro in rotta con il mondo, con le donne, fors’anche con se stesso. Uno dei character più odiosi degli ultimi tempi, in un film commedia dai dialoghi meravigliosamente witty e disincantati. Insieme a Frances Ha, il meglio del post-Woody Allen.
0re 14,oo: Cavalo Dinhero di Pedro Costa. Porrtogalo. Concorso internazionale.
No, non l’ho adorato, anche se il portoghese Pedro Costa è autore che conta su molti devoti (non mi avrà, almeno stavolta). Più che rigoroso, punitivo fino al sadismo. Un puzzle di cui non riesci mai a far combaciare i pezzi. Un film-sudoku, irritante non tanto per l’oscurità, ma per lo spudorato (spocchioso?) autorialismo in combinata letale con la correttezza politica più asfissiante (si parla, attraverso un uomo chiamato Ventura, della non integrazione e dis-integrazione in Portogallo dei neri capoverdini). Ha avuto alla proiezione stampa molti più applausi di Listen Up Philip, e francamente non capisco tanta voglia di farsi del male.
ore 16,00: Christmas, again di Charles Poekel. Usa. Cineasti del presente.
Commedia indie americana fatta con budget ristretto e una bella idea, a dimostrazione che si può fare cinema anche con poco, basta saperlo fare. Le giornate di un venditore di alberi di Natale a Manhattan, i clienti, il padrone stronzo, e una ragazza capitata lì per caso una notte. Succede niente e succede tutto. Sottile, malinconico. Con un attore dalla faccia buona che si chiama Kentucker Audley, da non perdere di vista. Il giusto risarcimento dopo il lugubre Cavalho Dinhero.
ore 18,30: Plemya (The Tribe) di Miroslav Slaboshpytskiy, Ucraina. I film delle giurie.
Il film ucraino che a Cannes alla Semaine de la Critique ha sconvolto critici e spettatori, ma per davvero, e poi ha vinto ben tre premi. Già considerato uno dei film dell’anno, e siccome a Cannes non ero riuscito a vederlo, l’ho recuperato oggi qui a Locarno dov’è stato proiettato in omaggio al suo regista Miroslav Slaboshpytskiy, membro della giuria che dovrà assegnare il pardino al migliore corto. Senza dialoghi, senza parole, senza sottotitoli, solo il linguaggi dei gesti dei non udenti. Siamo in una scuola speciale per sordomuti, di uno squallore ancora sovietico da stringere il cuore. Arriva un ragazzo nuovo, verrà bullizzato dalla cricca di coetanei che domina mafiosamente il collegio. No, non è il solito nonnismo, è molto peggio. Un sistema perfttamente costruito e oliato di dominio e controllo. Gli altri ragazzi vengono derubati, sottomessi e schiavizzati, le ragazze mandate fuori di notte a prostituirsi. Un inferno. Più di due ore di insostenibile violenza, e l’impressione è di assistere a dei barracuda che si divorano in un acquario. Per niente politically correct: gli svantaggiati di questo film non sono angeli, sono bastardi come e peggio degli altri. Nel caso arrivasse in Italia, non perdetevelo.