(Locke)
Regia di Steven Knight
con Tom Hardy (Ivan Locke) e con le voci di Olivia Colman (Bethan), Ruth Wilson (Katrina), Andrew Scott (Donal), Ben Daniels (Gareth), Tom Holland (Eddie), Bill Miner (Sean), Alice Lowe (Suor Margaret), Danny Webb (Cassidy).
PAESE: USA, Gran Bretagna 2013
GENERE: Drammatico
DURATA: 85′
Finito il turno di lavoro, la sera prima di coordinare un’importante colata di calcestruzzo, il capocantiere Ivan Locke sale in auto e, al telefono e senza mai fermarsi, ridisegna le dinamiche della propria vita. Per quale motivo?
Presentato fuori concorso alla 70esima Mostra del Cinema di Venezia, è il secondo film dell’inglese Knight, già apprezzato sceneggiatore (ha lavorato, tra gli altri, con Frears e Cronenberg) e scrittore televisivo (è l’inventore del format Chi vuol essere milionario). Con questo Locke ha sfiorato il capolavoro. Un’idea originale – un racconto in tempo reale in cui un uomo qualunque, in auto, riscrive la propria esistenza parlando al telefono – messa in scena con un minimalismo che riporta il cinema alla sua essenza: un attore (uno soltanto) ed una telecamera. Non ci sono effetti speciali, non c’è spettacolo – almeno quello a cui siamo abituati – non ci sono altri attori ma soltanto voci. C’è solo un uomo, e non a caso il film porta il suo nome, con le sue scelte. Per questo è un film impregnato di umanesimo: l’uomo al centro, con la sua etica, la sua morale, la sua capacità (sempre più rara) di saper distinguere ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Il problema è che sono concetti relativi, e infatti la moglie tradita “una sola volta” gli dice che “una sola volta è la differenza tra bene e male”. Ma Locke, proprio come predicava il filosofo che non a caso gli presta il cognome, ha deciso che questa notte sarà lui l’artefice del proprio destino, il guidatore della propria vita, lanciata nella notte verso una meta discutibile per tutti tranne che per lui. Un attore soltanto, in scena sempre nel medesimo, angusto luogo, le cui uniche interazioni avvengono verso un apparecchio telefonico: poteva essere una combinazione soporifera, e invece il film finisce per essere scattante come un thriller, teso, coinvolgente, alla fine anche poetico.
Sceneggiatura semplicemente perfetta, regia fascinosa e originale nell’aderire (e nello riuscire a trasmettere) il tormento del protagonista. Titanica interpretazione di Hardy. Girato in 8 notti nel febbraio 2013, si avvale di contributi tecnici ineccepibili (montaggio: Justine Wright: fotografia: Haris Zambarloukos; musiche: Dickon Hinchliffe). La sua narrazione semplice e lineare si presta, come per i grandi classici, a decine di interpretazioni diverse. Locke è il capitano della nave in tempesta, è il vigile del fuoco che rischia la sua vita per salvare quella degli altri, è il nostro lato migliore che abbiamo smarrito. È un personaggio che insegna a non dare giudizi, perché la realtà è sfaccettata e quindi difficile da vedere con chiarezza, come le tante luci che si proiettano sul parabrezza dell’auto di Locke e, di rimbalzo, sul suo volto addolorato e sereno. “Indimenticabile” (Morandini).