“Non è cambiato niente rispetto all’ultimo incontro“. Questo il laconico commento del commissioner Nba David Stern ai cronisti che gli chiedevano se c’era stato un avvicinamento nei discorsi tra proprietari e Associazione Giocatori sul rinnovo del contratto collettivo, che al momento blocca l’Nba con il lockout. E’ una cosa abbastanza normale anche perchè la questione, tanto per ribadirla, è complessa: i giocatori attualmente ottengono il 57% dei ricavi mentre i proprietari vorrebbero ribaltare la torta a loro favore. E’ un cambiamento così radicale ha bisogno di tempo.
Se si guarda all’esempio dell’Nfl, il lockout è terminato e la stagione scatterà regolarmente l’11 settembre prossimo, ma le trattative non sono state facili e si partiva comunque da una base più morbida. Infatti, dopo 134 giorni (oltre 4 mesi), l’Nfl ha trovato un accordo con i giocatori per il nuovo contratto collettivo che durerà dieci anni e prevederà la divisione dei ricavi con il 53% ai proprietari e il 47% ai giocatori.
Tornando al discorso Nba, l’incontro non ha portato a nulla, le parti sono ancora ben ancorate alle loro posizioni. I giocatori hanno confermato di poter scendere dal 57% al 54% nei guadagni, ma ovviamente questo non è accettabile da parte dei proprietari (che vorrebbero un 60-40 a loro favore), la maggior parte dei quali negli ultimi anni ha visto dei bilanci in perdita e alcuni hanno anche contratto dei debiti con le banche. Stern era molto abbattuto al termine dell’incontro:
“Non mi sento ottimista circa la volontà dei giocatori a impegnarsi in modo serio. Fisher può pensare quello che vuole ma noi stiamo facendo di tutto per trovare un accordo“.
Dopo la riunione di ieri, Derek Fisher ha dichiarato che ci saranno altri incontri durante il mese di agosto, almeno due o tre. Il play dei Lakers era con Theo Ratliff (suo vice) e il direttore esecutivo Billy Hunter, mentre dall’altra parte c’erano Stern, Adam Silver il proprietario degli Spurs Peter Holt e Glen Taylor dei Twolves. Fish è stato molto chiaro nel suo pensiero:
“E’ una situazione complessa. Stern, Silver, Holt e Taylor affermano di voler fortemente un accordo con i giocatori, dicono che stanno facendo di tutto per costruire un sistema ideale per entrambe le parti, ma dalle proposte che ci fanno mi vien da pensare il contrario. Noi siamo concentrati su quello che è il reale problema, trovare un accordo, ma al momento siamo molto, molto lontani da un punto di incontro“.
L’Associazione giocatori ha parzialmente riconosciuto il problema delle gravi perdite delle franchigie ma allo stesso modo non sono dell’idea di accettare discorsi sulla riduzione dei salari e della durata dei contratti, e sull’istituzione di un hard cap. Il commissioner Stern ha risposto prendendo ad esempio la situazione dell’Nfl:
“Dalla posizione in cui siamo, dobbiamo guardare all’Nfl, la lega professionistica più ricca del mondo, che è diventata ancor più redditizia in virtù delle concessioni degli stessi giocatori. Nel football lo stipendio medio è di 2 milioni di dollari, nell’Nba di 5 milioni. Non possiamo pensare a grandi profitti e su questo passo non colmeremo mai il gap che ci divide“.
Questo è il quadro dopo il secondo incontro tra proprietari e giocatori. La matassa sembra difficile da sbrogliare e tutto fa pensare che la regular season, se ci sarà, non partirà certo il 30 ottobre come da calendario. E il fatto che molti giocatori abbiano firmato, o stiano trattando, per giocare all’estero, è un segnale forte che ci vorrà ancora molto tempo.