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#Logoinformatica: from science-fiction to science.

Da Arturo Robertazzi - @artnite @ArtNite
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La settimana scorsa in un impeto asimoviano, mi inventavo, un po’ per scherzo, La logoinformatica: una scienza che verrà, scritto in risposta a un articolo di Critica Letteraria sul proliferare selvaggio di critici letterari autodeterminati. Un po’ come il proliferare degli artisti, dei musicisti, degli scrittori. Non mi aspettavo un grande esito dall’articolo, invece la discussione che ne è nata, anche su altri blog, è stata molto interessante.

Il mio punto di vista era, ed è: viva la proliferazione!

Che siano tutti artisti del web! Che siano tutti scrittoti di romanzi! Che tutti critichino come intellettuali dei salotti degli anni 20!

Poi che lo facciano bene o male non è importante.

Quello che è importante è poter disporre di un sistema obiettivo che analizzi e valuti tutta questa informazione. Necessariamente lo si dovrà fare con computer ed algoritmi perché noi umani non potremo (non possiamo già) più gestire la quantità di dati prodotta ogni giorno.

Ecco, ci vuole una scienza che si occupi di questo, e io, nel mio impeto asimoviano, la chiamavo logoinformatica.

Qualche ora dopo aver pubblicato l’articolo, mi son detto: se l’ho immaginata io, sicuramente ci avrà già pensato qualcun altro. Così ho aperto il mio browser e ho cercato “logoinformatica”.

Ora, trovo straordinario, ma io sono uno che si entusiasma facilmente, che a partire da un articolo sulla critica letteraria, passando attraverso impeti asimoviani, scopro l’esistenza di una scienza emergente che si chiama Social Informatics. Non è esattamente la “mia” logoinformatica, ma una disciplina molto più completa che affronta l’impatto sulla società dei computer e della rete, nata quando la rete ancora non esisteva. Rob Kling, uno dei fondatori della Social Informatics, la definisce una disciplina che esamina gli aspetti sociali della computerizzazione.

La logoinformatica però, come la immagino io, prevede una valutazione oggettiva di un’opera d’arte basata sull’uso di computer e algoritmi.

Fantascienza?

I due esempi che discuto brevemente di seguito dimostrano che ci siamo già dentro.

Gli utenti amazon esperti come critici letterari

Dopo il postsulla logoinformatica, molti mi hanno suggerito questo articolo del Guardian, in cui si discute uno studio di un gruppo di ricercatori dell’Harvard Business School.

Gli autori dello studio hanno analizzato i cento libri (non fiction) con i migliori giudizi della critica (così come elencati in metacritic.com) dal 2004 al 2007, confrontando il giudizio di critici professionisti con quello degli utenti amazon (le famose stellette).

Il risultato sorprendente è che la correlazione tra i due set di dati è altissima: il parere medio di migliaia di utenti amazon coincide quasi perfettamente con quello degli esperti. Questo risultato apre un mondo: i dati di anobii, goodreads, amazon, e di quei siti in cui l’utente fornisce l’opinione di un’opera d’arte, potrebbero essere utilizzati per sviluppare uno strumento informatico per la valutazione di un’opera, con la stessa autorità di un critico “umano”, saltando però la figura stessa del critico.

Analisi quantitativa dello stile di uno scrittore

In un articolo pubblicato su PNAS (chi lavora nell’ambito scientifico conosce benissimo il valore di questa rivista), un gruppo di matematici guidati dal Prof. Rockmore ha condotto uno studio quantitavo sullo stile di 537 scrittori (per un totale di 7733 opere), analizzando 307 parole content-free, come “of”, “you”, “and”, “about”. Lo scopo è quello di valutare l’evoluzione dello stile degli scrittori dal 1550 ai giorni nostri (fino agli anni ’50).

Sorprendentemente, direi, gli studiosi sono riusciti, basandosi sui loro modelli matematici, non solo a raggruppare gli scrittori per epoca (cioè l’analisi delle 307 parole produce risultati simili per autori vicini nel tempo) ma anche a dimostrare che, al contrario degli autori del passato, gli autori dei giorni nostri sono influenzati maggiormente dalla letteratura a loro contemporanea.

A prescindere dai risultati e dalla solidità dello studio, quello che io trovo affascinante è il fatto che un gruppo di matematici abbia cominciato a sviluppare modelli e algoritmi per valutare “oggettivamente” lo stile di uno scrittore. Il prossimo passo, dicono gli autori dello studio, è la valutazione della qualità di uno scritto.

Che piaccia o no, il progresso ci spinge ogni giorno in un futuro sempre più avveniristico. È ora che la scienza penetri nella letteratura, e non solo nei romanzi di fantascienza.

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