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Lolita – La contradditorietà fatta libro.

Creato il 08 ottobre 2013 da Loredana Gasparri
Lolita – La contradditorietà fatta libro. Mi mancano poche pagine per arrivare a finirlo, ma ancora non riesco ad aspettare, prima di scriverne di nuovo. Non posso dire che questo libro mi piaccia, perché lo amo. Leggerlo è stata un’esperienza variegata e intensa, come non mi capitava da parecchio tempo. E’ stato liberatorio, perché ha sbloccato alcuni ringhi trattenuti da troppo tempo. E’ stato stancante, perché la prosa di Nabokov è ricca, a tratti stordente, pomposa, sfuggente, pesante, martellante. Il traduttore deve aver alzato le mani in segno di resa diverse volte, e non solo grazie a parecchi giochi di parole molto difficili da tradurre. I sentimenti sanguigni e vischiosi di Humbert non sono affatto facili da descrivere: non è mai questione di “amo, odio, mi piace, non mi piace”. Infiniti chiaroscuri di sentimenti, estremamente contraddittori e torbidi, che agitano Humbert, ma anche Lolita: eppure Nabokov riesce a trovare le parole e le espressioni per raccontarli e farli capire, tutti. Diverse volte mi sono fermata e ho riletto interi pezzi, assaporandoli, andando lentamente, come se avessi imparato a leggere da poco: erano veramente anni che non mi capitava qualcosa di simile. Per natura e abitudine, leggo velocemente, e diverse volte mi capita persino di divorare intere pagine senza accorgermene, perché riesco a indovinare senza troppo sforzo cosa capiterà, le parole che verranno usate, perfino intere espressioni. Con questo libro, non è possibile farlo. Ti costringe a leggere quasi compitando ogni parola, ti afferra alla gola e ti costringe a guardare, ascoltare, a essere attento. Se ti distrai, perdi pezzi importanti. Dovrai ritornare sui tuoi passi e recuperarli. Non è solo una questione di lingua: Nabokov pubblica il libro nel ’55, e in italiano viene tradotto nel ’59, quando le strutture espressive sono più complesse, più formali, e infinitamente più interessanti . (E’ un parere un po’ pesante, il mio, ma permettetemi la caduta nostalgica nella parentesi: per troppo tempo ho letto prosa semplice, al limite dell’incolore, qualche volta farcita da orribili errori di grammatica e di ortografia NON SCUSABILI se si è nati in questo territorio. Quando ho posato gli occhi su quelle pagine così ricche e corrette, ho pianto di sollievo).
Non distogliere gli occhi dai punti in cui Humbert allude, con estrema eleganza sensuale, ai suoi rapporti fisici con Lolita: non serve. Troverà il modo di raccontarteli comunque, e tu dovrai ascoltare, pur morendo dalla voglia di strangolarlo. Così è capitato a me. Ho odiato Humbert dalle prime rivelazioni che fa di se stesso, e l’ho disprezzato, augurandogli ogni tipo di sofferenza.  Ho anche cercato di chiudere le orecchie alle sue spiegazioni melliflue, ma non vi sono riuscita sempre. Non volevo provare simpatia per quell’uomo. Tuttavia, ho visto quasi subito che non ce n’era bisogno. Humbert è schiavo di se stesso e della sua passione inamovibile per le ragazzine. Lolita, tuttavia, non è un angelo di purezza inconsapevole del male del mondo, corrotto dal demonio quarantenne. Per quanto la vediamo vivere nel punto di vista del suddetto demonio, la ragazzina ha un certo lato torbido non meno pronunciato. Certe sue mosse non sono completamente “inconsapevoli”. Quando Humbert la possiede per la prima volta, lei sa molto bene quello che sta capitando perché...non è stata la sua prima volta. Ricordate che gli auguravo ogni genere di sofferenza? Questa è stata la mia ricompensa: vedere i piani dell’uomo, e soprattutto il suo godimento pregustato e cercato ossessivamente, sfumare in un rimpianto sormontato dalla scritta luminosa FREGATO! Ho gongolato, davvero, mentre scorreva il suo piagnisteo. Non potevo aspettarmi che abbandonasse Lolita, offeso per non essere stato il primo, anche perché la sua passione malsana aveva troppo bisogno di manifestarsi con lei e di nutrirsi di lei per farlo. Humbert si abbarbica a Lolita come una pianta rampicante ad un muro, mai completamente soddisfatto, sempre in ansia, e non solo per paura di essere scoperto e arrestato. Teme troppo che lei gli sfugga, che non gli permetta di toccarla e di viverla, al punto da accettare tutti i suoi capricci, la sua tirannia di bambina-donna instabile e insicura, il suo evidente disgusto, e la sua mal sopportata rassegnazione ad una situazione di padre e figlia alquanto sui generis. La ragazzina accetta il suo amore crudele, egoista, ricattatorio, ma fa di tutto per non esserne vittima. Vuole sopravvivere, e scopre di poterlo fare facendosi mantenere da Humbert, facendosi acquistare oggetti e libri che dimentica e accantona un momento dopo, come capita con le cose ottenute senza sforzo, facendo leva sulle debolezze altrui. Lui soddisfa la sua brama con lei, usando il ricatto, il denaro, i regali, la crudeltà, vedendo bene che non è amato, ma altrettanto usato e sopportato. Impazzisce di gelosia verso tutti gli altri uomini, che sembrano, tutti, cadere vittime del fascino precoce e un po’ sporco di Lolita, che lei ha imparato ad attirare con sguardi obliqui, o con un sorriso infantile. Per quanto riesca a sfuggire alle mani asfissianti di Humbert, almeno per un breve periodo, il suo fascino e la sua capacità di dominare gli uomini non le sarà di aiuto e non le porterà buoni risultati. Vivere la sua passione controversa, e tutti i sentimenti contraddittori di amore-odio, di fascino-ripulsa, non porterà bene nemmeno a Humbert, che spesso delira prigioniero di un mondo tutto suo, pieno di rivali pericolosi da sopprimere. Ora che sono arrivata alla fine del libro, posso dire che continuo a odiare Humbert, ma in modo diverso. All’inizio, davanti a certe sue dichiarazioni eccessive, urlavo: vieni qui, mostro immondo! Metti la testa sul ceppo, e zitto! diventando sorda a qualunque altra cosa che non fosse la mia indignazione, perché volevo darci un taglio (di mannaia) con lui, da “giustiziere della notte”. Ora, di fronte alla doppiezza e al disgusto accondiscendente di Lolita, mi rendo conto che ha trovato la sua ricompensa e la sua condanna. Non mi sarei tirata indietro, se si fosse trattato di assestare un paio di schiaffoni  ben decisi anche alla ragazzina, che ho trovato irritante in più occasioni. Ammetto che giudicavo pesantemente anche lei, perché in certa misura accettava la compagnia e il contatto del mostro, e non si ribellava con la forza che (secondo il mio parere) sarebbe stato giusto attendersi da una ragazza nella sua situazione. Una sottolineatura di Humbert mette in evidenza quanto Lolita fosse inerme, da un certo punto di vista. Non poteva andare da nessun’altra parte, almeno non subito, ed era completamente sola. Si è  rassegnata, e ha cercato di ottenere il massimo, pur essendo costretta a cedere. Dall’altra parte rimanevano il mio parere e le mie aspettative. Tuttavia...e se, almeno un po’, Humbert e il suo amore mezzo tinto, fossero poi piaciuti a Lolita? Se le piacesse essere adorata, amata, e servita, anche in quel modo, da chi io giudico come mostro? Posso considerare rivoltante l’intera vicenda, e mostruosi i personaggi, ciascuno a suo modo, e posso arrabbiarmi perché non reagiscono e non fanno come IO mi aspetto che debbano fare. Tuttavia, ripeto, questo rimane un mio parere, e rimangono le mie aspettative. Difficile rispondere a domande di questo genere, vero? Sono estremamente scomode, e scuotono le certezze, se ci si sporge a considerare altri punti di vista. In conclusione, posso dire che rileggerò Lolita con piacere. Mi ha dato da riflettere, mi ha scosso come non mai, mi ha fatto capire, mi ha fatto arrabbiare, mi ha trascinata in un’altra dimensione, mi ha fatto guardare in un pozzo buio con oscuri riflessi e movimenti. Leggerò altro di Nabokov: voglio vedere cosa riesce a offrire il suo spirito, dopo Lolita.


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