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Tra i grandi interpreti dell'epopea del cinema muto un posto di riguardo spetta certamente a Lon Chaney. Figlio di genitori sordomuti, divenne bravissimo a comunicare con loro attraverso i gesti e la mimica facciale, un'abilità che divenne in seguito una delle componenti del suo successo. Abbandonata precocemente la scuola per occuparsi dei genitori, Chaney svolse svariati lavori prima di approdare al teatro, dove si occupò di tutto (fu trovarobe, attore, autore, impresario) e acquisì una eccezionale abilità nel trucco, al punto da sostenere, per carenza di personale, fino a cinque parti in una stessa commedia senza che il pubblico se ne accorgesse. Entrò nel mondo del cinema verso il 1912 come comparsa, interpretando filmetti comici e western, di alcuni dei quali fu anche regista. Nel 1919, con Una bestia nera, imboccò la strada che gli era più congeniale: per dieci anni interpretò una serie di personaggi deformi, mostruosi, mutilati, raccapriccianti. Per rappresentarli nel modo più realistico, non esitò a sottoporsi a trattamenti dolorosi e pericolosi, ma soprattutto perfezionò l'arte del trucco cinematografico, servendosi anche di un notevole acume psicologico e di grande sensibilità. Ma l'aspetto orripilante non era tutto: i suoi personaggi erano realistici e per la sua versatilità Lon Chaney si guadagnò il soprannome di "uomo dalle cento facce". Chaney ebbe un successo straordinario in tutte le platee d'America e d'Europa. Tra i suoi film più celebri si ricorda “The Penalty” (1920), in cui interpreta il ruolo di un capo di una organizzazione criminale che, avute le gambe amputate da piccolo per errore, vuole vendicarsi. Qui Chaney appare mutilato con una verosimiglianza sconcertante (l'effetto è quello delle amputazioni fatte col computer oggi), secondo il suo metodo di adesione assoluta al personaggio fino al masochismo. La vita di Chaney fu rievocata sullo schermo da James Cagney in L'uomo dai mille volti (1957).