L’altra sera ho visto per sbaglio questo film, London River: un film ambientato nel Luglio 2005 nella capitale britannica subito dopo gli attentati terroristici.
La visione del film mi ha fatto parecchio pensare. Innanzitutto spiegheró brevemente, senza scendere troppo nei dettagli, la trama.
E’ la storia della classica signora “di campagna”, cresciuta tra asini e vigneti, che nel mezzo delle faccende quotidiane viene sconvolta dall’annuncio alla TV degli attacchi terroristici: il suo pensiero va immediatamente alla figlia che vive a Londra, e che cerca di contattare, ma che non riesce a raggiungere poiché il telefono risulta costantemente spento. Della figlia, la signora possiede solamente un numero di telefono ed un indirizzo: sommersa dalla preoccupazione e dalla paura prende cosí la decisione di recarsi a Londra di persona per raggiungerla. Il destino le fará incontrare un signore musulmano, anch’egli in cerca del figlio scomparso, dal quale comprenderá che entrambi i loro figli si conoscevano e frequentavano.
A fornire un freddo realismo alla storia — che si eleva ben oltre il dozzinale dramma americano — c’é il fatto che la signora é ingenuamente razzista, e non prende di buon occhio la scoperta che la figlia viveva con un musulmano, inoltre si rifiuta di collaborare con il padre del convivente della figlia, nonostante renderebbe le ricerche piú effettive. Per esperienza personale trovo che fuori da Londra la mentalitá quotidiana é ben differente dall’apertura mentale che si riscontra nella capitale (a volte é sufficiente fare un ora di treno per convincersene) quindi le reazioni della madre mi sono sembrate credibili. L’altro aspetto del realismo é dato dal fatto che la TV manda le notizie andate veramente in onda: per uno che vede il film da Londra é qualcosa che manda i brividi dietro alla schiena. La terza cosa é la normalitá con la quale polizia ed ospedali, in stato pienamente confusionale, forniscono informazioni del tipo “provi a cercare in quell’ospedale lá”, “metta dei cartelli in giro dicendo che sua figlia é scomparsa”, “ha giá provato a guardare all’obitorio?” e cosí via. Anche qua credo sia tutto realistico con la vicenda in questione (magari poi queste cose le dicono sempre, ma spero di non dovermi trovare mai in condizione di doverlo scoprire).
Ma la cosa che mi ha fatto piú riflettere é la probabilitá con la quale una storia del genere potrebbe essere accaduta realmente: in un’attentato di tale scala in una cittá metropolitana (ricordo che ci sono stati 52 morti), quanti genitori, da una TV localizzata in qualsiasi parte del mondo, si saranno sentiti il cuore stretto dalla paura nel non sapere dove si trovava il proprio figlio in quel momento? In quanti casi questi genitori avevano solamente un singolo numero di telefono al quale affidarsi per ottenere una risposta? Quanto tempo avranno aspettato questi genitori per una risposta?
Mettendo che un giorno provassi a sparire deliberatamente (facciamo la sparizione “per scelta” per sdrammatizzare): io credo che la prima persona ad accorgersi della mia assenza sarebbe il mio capo, la mattina seguente (se giorno settimanale) e pure con un velo di incazzatura per non aver chiamato per avvisare. Ma da lí a raggiungere casa per la notizia della “sparizione” quale collegamento ci sarebbe? La stessa cosa anche dall’altro lato del mare: nessuno ha il numero di nessuno, né tantomeno parlerebbe la stessa lingua! Chi chiami?! Probabilmente lo verrebbe a sapere prima Facebook (“Aggiornamento stato: Oby é passato a Scomparso”. “Aggiornamento stato: Oby é passato a Morto!”. Commenta, Mi Piace, Regala collana di fiori, etc etc). Di certo se fosse per i miei coinquilini si accorgerebbero della mia assenza alla prima bolletta del gas o dell’elettricitá, quindi forse a cadenza trimestrale.
Comunque che argomenti allegri, facciamo che vi lascio un trailer, e poi vedete voi se é meglio essere rintracciabili o meno quando vivete all’estero.
PS: C’é anche un trailer in italiano, ma se lo guardate sappiate che vi disconosco dal mio testamento.