LONDON – THE MODERN BABYLON (Uk 2012)
Questo film è stato presentato alla XXX edizione del Torino Film Festival, nella sezione TFFdoc.
Julien Temple conduce un viaggio nel tempo nel cuore della sua città natale: attraverso musicisti, scrittori e artisti, pericolosi pensatori, politici radicali e gente comune, dipinge un affresco di una città molteplice, capace di mettere in gioco la propria identità.
Sul fatto che Julien Temple sia, insieme forse a Werner Herzog e pochi altri, il più grande documentarista vivente, siamo tutti d’accordo. E sul fatto che anche London Babylon sia un ottimo documentario non può che convenire ognuno di noi: interessante, brillante, ricchissimo di incredibile materiale video d’archivio, forte (e come poteva non essere così) di un’ottima colonna sonora e quant’altro. Ciò detto, non si tratta secondo me di una delle opere più riuscite del regista inglese, per una serie di motivi:
1) L’impostazione cronologica è banale. Si poteva procedere per temi (che so, l’immigrazione, lo sviluppo urbanistico, le zone della città…), o per personaggi (non necessariamente famosi), invece si parte con i ricordi di un’adorabile vecchina che parla della prima guerra mondiale e si arriva alle Olimpiadi. Un approccio un po’ troppo convenzionale e risaputo.
2) Molte tematiche affrontate nel film non sono particolarmente ed esclusivamente londinesi. Anzi, la maggior parte di esse potrebbe riferirsi tranquillamente a qualsiasi centro urbano inglese o persino europeo di dimensioni medio-grandi: io sono di Torino, e le chiacchiere sui bombardamenti della città, sulla crisi economica o sull’immigrazione che toglie il lavoro alla gente onesta le ho sentite fare mille volte anche dalle mie parti. Poi vabbè, anche noi, come Londra, abbiamo avuto le Olimpiadi, ma questo discorso non è certo riferibile a tutte le città (piccola digressione campanilistica).
3) Le musiche, per quanto, come si è detto, bellissime, non sono certo il massimo dell’originalità. Iniziare un documentario su Londra con London calling dei Clash e concluderlo con Waterloo sunset dei Kinks non si può certo dire una scelta ardita (per quanto io ami immensamente queste due canzoni). Anche l’idea di far partire Anarchy in the Uk quando viene citata per la prima volta la parola “anarchia”… insomma, avete capito.
4) Per quanto piuttosto lungo (128 minuti), London Babylon sarebbe dovuto durare almeno il doppio, per essere davvero esaustivo. Spesso l’impressione è quella di assistere al riassunto di un’opera che nelle intenzioni sarebbe dovuta essere di ben più ampio respiro.
Un film dall’elevato livello qualitativo, comunque, e su questo c’è poco da discutere. Piuttosto intelligente e condivisibile anche il concetto di fondo, esplicitato nel finale: i “bei vecchi tempi” di Londra non sono mai esistiti. Ogni periodo storico ha le sue peculiarità, e la grandezza della capitale inglese sta proprio nella sua capacità di trasformarsi costantemente, reinventandosi a seconda delle necessità del momento. Un ultimo fatto curioso: stranamente, in queste due ore di film non vengono citate nemmeno una volta figure importantissime per la storia della città, come i Beatles (che pure londinesi non erano) e Tony Blair.
(vedi anche la recensione di ¿Requiem for Detroit?, sempre di Julien Temple, presentato al TFF due anni fa)
Alberto Gallo