“Look a new day…

…has begun” – cantava Barbra Streisand in Memory (e anche la ‘povna, ma solo sotto la doccia). Intanto, comunque, un altro giorno ricomincia, e la ‘povna torna a scuola.
Per esordire, la commissione orario provvisorio (composta da Mafalda e Artemide) le ha messo una composizione aggraziata e prevedibile: rientro alla seconda ora, con scioltezza; poi accoglienza alla nuova prima telematica (ché tanto – “‘povna, sei tanto brava, ci sai fare” – fare da balia le tocca) e infine (“perché così sei contenta, e poi se no chi ti sente”) i Merry Men a completare il quadro.
Alle 9.30, dunque, la ‘povna (vestitino blu da presidente, abbronzatura ricaricata dagli ultimi due giorni) si presenta sulla porta dell’aula. Il programma, per il primo giorno, dovrebbe essere sempre quello: saluti rapidi, un classico gioco del gomitolo, e poi la seconda parte dell’ora in Vice-presidenza, da DaddyLongLegs, per l’accoglienza ufficiale. “Dovrebbe”, appunto. La ‘povna si è appena presentata, il gomitolo avrà fatto, sì e no, due passaggi, che qualcuno bussa alla porta.
“Toc, toc”.
“Avanti”.
“Buon giorno, mi scusi, professoressa, devo stare anche io in questa classe, mi hanno appena cambiato sezione”.
“Accomodati, caro, stavamo presentandoci. Siedi, segui il filo, e aspetta il tuo turno”. Si volta verso un altro: “Allora, stavi dicendo…”.
“Toc, toc”.
“Avanti”.
“‘giorno, professoressa, mi scusi, sono in ritardo”.
“Buon giorno, caro. Ecco, se magari, non proprio il primo giorno… Cercati un posto libero, che continuiamo”.
Il gomitolo viene lanciato un’altra volta.
“Buon giorno a tutti, mi chiamo…”.
Lo sconosciuto primino non farà in tempo a svelare la sua identità:
“Toc, toc”.
“Avanti”.
“Sono Voglio-la-mamma”.
“Prego, dimmi pure…”.
“Volevo aggiornare il registro…”.
La ‘povna porge quanto richiesto, il viso immutabile.
“Ecco, fatto. Scusa, eh, ho visto che stavi facendo lezione, ma sai, il primo giorno…”.
“Per carità, ci mancherebbe” – la ‘povna mormora il suo sconcerto a una porta che è già chiusa.
“Dove eravamo rimasti?”.
Ma nessuno fa in tempo a dirglielo, perché (indovina?)
“Toc, toc”.
“Avanti”.
Per farla breve (ma nemmeno troppo), oggi la ‘povna, mentre tentava disperatamente di fare lezione, conoscere i primini, svolgere coi Merry Men il loro filo privilegiato e mai interrotto, è stata disturbata, su un totale di 120 minuti scarsi, diciassette volte. Alcune, per carità, necessarie e inevitabili. Altre basate semplicemente sul principio del “Mi viene in mente, irrompo nella tua classe, apro la bocca e le do fiato”. Non importa se stai facendo altro (per esempio: quello per cui ti pagano); non importa se quell’”altro” lo dovrebbero stare facendo, in quelle ore, tutti quanti. Non importa nemmeno che la ‘povna abbia fatto presente, con un sorriso via via sempre più stiracchiato sulla faccia che: “Se aspetti dopo la lezione, posso ascoltarti con calma, e ti dedico anche, se vuoi, l’intero pomeriggio”. Perché quello che si vuole (verboso, ripetitivo, inutile) è a comando, adesso, subito! Quasi che l’istituzione scolastica fosse un unico gigantesco Cocktail-Party, nel quale la gente, va, viene, chiacchiera. E poi – una volta esauriti gli argomenti di conversazione, e i propri comodi – se proprio avanza tempo fa lezione.