Sandra Rizza
Cara Alessandra,
Apprezzo molto che hai scritto ai blogger, e visto che anch’io, senza volerlo, mi sono venuto a trovare blogger impegnato su un particolare fronte, quello della conservazione della memoria, non posso esimermi di rispondere al tuo invito, che mi pare dettato dal tuo rammarico, dalla tua rabbia e da un certo giusto pessimismo, nel guardare al futuro di questa nostra terra di Sicilia. Terra molto embletamica. Perché prima che accadesse altrove, qui si sono sempre sperimentati i giochi del potere politico ed economico; qui è stato bloccato nel tempo il senso critico collettivo attraverso le sudditanze clientelari; e qui il diritto alla parola e alla giustizia è stato spesso represso nella violenza e nel sangue.
Tu ci chiedi di raccontare quanto sia stata importante l’esperienza del Loraquotidiano, come organo di informazione per tutti noi, ma soprattutto per la Sicilia e i siciliani. Non sarebbe una fatica difficile farlo, non solo perché questa esperienza aveva intrapreso la sua corsa sui giusti binari di una storia interrotta molto tempo fa e riavviata in modo nuovo e moderno oggi, ma anche perché non può richiamarci alla esperienza della cultura di opposizione e dell’informazione d’inchiesta basata sulla ricerca continua della verità. Anche a costo di sbagliare. Ma io non ho riscontrato nessun errore nei contenuti e nelle articolazioni del vostro tentativo, e perciò più che raccontare l’importanza di questa vostra (e nostra) esperienza, devo sinceramente dispiacermi per la sua precoce chiusura. Penso che alla testata sia venuta a mancare, non per colpa dei redattori, e neanche della direzione del quotidiano, l’ossigeno necessario affinché l’esperienza potesse avere una lunga prospettiva di vita e di sperimentazione, sul filone, tanto caro al vecchio L’Ora, del giornalismo d’inchiesta. Ma a differenza della vecchia testata dei tanti giornalisti che hanno impegnato tutta la loro vita su quel quotidiano della sera, Loraquotidiano ha avuto tolto improvvisamente le sue fonti di finanziamento, quelle dei patrocinatori, dei proprietari che si erano impegnati a sostenere questa scommessa e che poi, per motivi che non credo siano fortuiti, hanno troncato il loro impegno. Su questo mi interrogo. E su questo credo che la riflessione ci riporti a una valutazione obiettiva. C’è stata una regressione della coscienza civile dei gruppi che hanno socialmente potere e che, a mio giudizio, si sono dimostrati molto più arretrati e pavidi di quei soggetti politici e non, che fecero venir meno l’esperienza del vecchio L’Ora.
Una regressione che forse deriva anche dal modo in cui è stato vissuto il potere da parte di coloro che avrebbero dovuto evitare quello che è accaduto. Compresa quell’antimafia di governo o non, e quell’associazionismo spicciolo, che avrebbe avuto modo di sorreggere il tentativo di costruire un’opinione pubblica critica, e che invece ha preferito la palude.
Ma di ogni male bisogna farsi una ragione per ripartire da capo, rialzandosi di volta in volta, dopo una caduta.
Giuseppe Casarrubea