Lorca – La Paura nella vertigine sonora - Lato B

Creato il 18 marzo 2012 da 79deadman @79deadman

I Had A Talk With My Woman è una tregua sia dagli scenari di paura di Lorca sia dagli stordimenti di Anonymous Proposition; un atto di pietà del cantante verso I suoi ascoltatori; è una canzone, vera, comprensibile, fissata al suolo dal beat delle congas e colorata come sempre dalla meravigliosa melodia di Underwood, uno dei più grandi tra I chitarristi misconosciuti dell’epoca. Un frammento di Goodbay Hello, una chitarra acustica che ristabilisce l’armonia e l’accordo nell’impalcatura del pezzo. Non dura molto. Con Driftin’ ritorna un umore scuro, pensieroso, a tratti dissonante, con un bellissimo motivo melodico discendente di chitarra che è l’unico principio di continuità di un brano di nuovo torpido, come un pensiero affannoso del dormiveglia, non focalizzato nè chiaro eppure presente, addirittura incalzante. Un blues dilatato a tal punto da essere totalmente irriconoscibile; di nuovo è come se il flusso del tempo rallentasse, come il battito di un cuore che rallenta fino alla bradicardia estrema. Underwood si concede l’ assolo spaziale di un busker di Maxwell Street seduto sul suo amplificatore che imita David Gilmour. Buckley esplora ogni registro vocale possibile, lo fa con un controllo e con una dizione rotonda e marcata impeccabili: la sua voce è lo strumento definitivo della sua arte. Nemmeno importa quanto dice: è la ripetizione ossessiva di I’ve been driftin’, declinata in mille modi sempre diversi, che si porta via tutto quanto. L’ultimo pezzo Nobody Walkin’ ripresenta le tastiere ma sotto tutt’altra veste; ancora un brano lunghissimo, fluente, continuo; ma questa volta aggressivo, scontroso addirittura funky, “negro” come lo era Gypsy Woman. Le deliranti vertigini di Lorca sono lontanissime: tutto il disco è assemblato come unaquita  fuga dal primo brano, un suo esorcismo. Possessione e perdono nello stesso album. Al contrario dell’esordio dei Doors, in cui i pezzi appaiono attratti, come risucchiati, dall’enormità conclusiva di The End, in questo caso l’album è un lento ritorno alla vita dopo l’esperienza extracorporea di Lorca. Anonymous Proposition e Driftin’ sono gli psicofarmaci e l’alcol, Nobody Walkin’ è una scarica di adrenalina. Il ritmo delle percussione ci riporta definitivamente sulla terra. La puntina torna a scorrere liquidamente fino al termine. Poi, cosa fare? Ricominciare da capo significherebbe reinbattersi nel brano d’apertura; non farlo sarebbe rinunciare circa quaranta minuti di talmente eccelsa che sembra incredibile poterla riascoltare, di nuovo. Può diventare una droga, al peggio addirittura una necessità. E’ un disco che dovrebbe restare per un solo ascolto, poi dissolversi, sparire, concedere una unica possibilità. Invece è ancora li, esiste veramente, esiste in questo stesso nostro universo. Avvolto dal suo candore virgineo, gelido. Una reliquida senza tempo, mai posseduta da generazioni di ascolti distratti, sospettosi, impaurita. Sta attorno a noi, ripete un bisbiglio; quel bisbiglio che sembra crescere minaccioso. Diviene un urlo. L’orrore.

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai, mi appoggiai stanco morto ad un recinto. Sul fiordo nero-azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura... e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura.” Edvard Munch VAI ALLA PRIMA PARTE DELL'ARTICOLO Lorca – Elektra - EKS-74074 – US - 1970 Lorca – Elektra - 2410 005 – UK - 1970

 
Federico García Lorca - Llanto por Ignacio Sánchez Mejías (1935)

No te conoce el toro ni la higuera,

ni caballos ni hormigas de tu casa.

No te conoce el niño ni la tarde

porque te has muerto para siempre.


No te conoce el lomo de la piedra,

ni el raso negro donde te destrozas. No te conoce tu recuerdo mudo porque te has muerto para siempre.
El otoño vendrá con caracolas,

uva de niebla y monjes agrupados,

pero nadie querrá mirar tus ojos

porque te has muerto para siempre.


Porque te has muerto para siempre,

como todos los muertos de la Tierra,

como todos los muertos que se olvidan

en un montón de perros apagados.


No te conoce nadie. No. Pero yo te canto. Yo canto para luego tu perfil y tu gracia. La madurez insigne de tu conocimiento. Tu apetencia de muerte y el gusto de tu boca.

La tristeza que tuvo tu valiente alegría.


Tardará mucho tiempo en nacer, si es que nace,

un andaluz tan claro, tan rico de aventura. Yo canto su elegancia con palabras que gimen y recuerdo una brisa triste por los olivos.
Non ti conosce il toro né il fico, né i cavalli né le formiche di casa tua. Non ti conosce il bambino né la sera perché sei morto per sempre. Non ti conosce il dorso della pietra, né il raso nero dove ti distruggi. Non ti conosce il tuo ricordo muto perché sei morto per sempre. Verrà l’autunno con conchiglie, uva di nebbia e monti aggruppati, ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi perché sei morto per sempre. Perché sei morto per sempre, come tutti i morti della Terra, come tutti i morti che si scordano in un mucchio di cani spenti. Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto. Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia. L’insigne maturità della tua conoscenza. Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca. La tristezza che ebbe la tua coraggiosa allegria. Tarderà molto a nascere, se nasce, un andaluso così chiaro, così ricco d’avventura. Io canto la sua eleganza con parole che gemono e ricordo una brezza triste negli ulivi.

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