Riceviamo e Pubblichiamo
Lorena Pesaresi
Mi sono ripromessa di fare un ragionamento razionale, non emotivo, ma non so se ce la farò. La notizia è stata data in pochissime righe, io l’ho letta a pagina 16 in un trafiletto apparso su “Il Messaggero” di giovedì, il titolo era: “Crisi economica, raddoppiati i suicidi in tre anni”. Diceva che l’anno scorso 201 persone si sono tolte la vita per motivi economici, sempre più giovani e senza grosse differenze di area geografica, questo secondo una ricerca condotta dell’Università di Studi Link Campus University sugli ultimi tre anni.
Stop, la notizia era tutta lì. Duecento persone sono un’enormità, un italiano ogni giorno e mezzo sceglie di togliersi la vita perché non vede altra alternativa. Ne avete sentito parlare nei telegiornali? E’ diventato argomento di confronto politico fra i partiti? E’ stato dibattuto dentro il PD? No.
E allora mi domando come è possibile che siamo arrivati a questo punto? Chi hanno trovato o sentito vicino? Nessuno. Questa è una sconfitta taciuta, una doppia sconfitta. Oltre alla politica di facciata, dove è rivolta l’attenzione di questa politica? Io parlo per il mio partito, per il PD. Chi, se non la sinistra, dovrebbe saper esprimere politiche di difesa, anzi di ampliamento della dignità del lavoro, della qualità della vita, della democrazia, della legalità?
Io mi sento tradita dal mio partito, un partito che ho partecipato a costruire per dare forza al suo vero profilo del pluralismo politico, ecologista, riformista, socialista, democratico, capace di segnare il vero cambiamento per cui siamo nati, e non per dare forza alle logiche correntizie per le proprie carriere. Un PD che ho seguito in tutti i suoi sviluppi, le sue crisi, le sue lotte e che mi vedo portare via di mano giorno dopo giorno.
Lo so, non sono la sola a toccare quello che accade, come me tanti, troppi militanti si ritrovano a dover decidere ogni giorno se stare dentro o fuori, come me tanti militanti vivono il disagio di stare dentro il PD, un partito con una grande storia alle spalle ma con un presente in cui è difficile identificarsi.
La Storia insegna che i cambiamenti non corrispondono sempre a un’evoluzione, che non è vero che il contemporaneo sia sempre il nuovo. Oggi il PD è un partito fortemente centralizzato a livello nazionale, forte del fatto di avere davanti avversari politici deboli e divisi, saldo per la paura del Parlamento di andare ad elezioni (a cui in pochi sopravviverebbero). Da anni fra il vertice del partito e il territorio, la “provincia”, c’è una grande terra di nessuno. La “provincia” è sempre più in mano a potentati di turno, a personaggi troppo spesso privi di esperienza, di reali capacità, di scarso retroterra ideali, dotati, però, di una sfrenata ambizione, di una notevole capacità di gestire sotterranee trattative, di saltare gli steccati fra un partito e l’altro con stupefacente leggerezza.
Si forma così un élite di potere che sa tutelarsi creando un cerchio magico intorno a sé. Ne viene fuori un partito gestito in franchising, che ha il marchio della “ditta”, ma che poi si muove con regole e obiettivi propri, spesso incomprensibili e talvolta nocivi. L’Umbria, purtroppo, non fa eccezione.
E’, questa, una dissoluzione della politica, della struttura partito ormai incapace di funzionare da ponte fra la società e la politica. Gli effetti li ritroviamo nell’aumento della corruzione, dell’illegalità e dello spreco che accompagnano i momenti più bui della crisi.
Questi intoccabili della politica regionale e comunale in realtà sguazzano benissimo in questa palude, gli elettori si allontanano dalla politica, dal voto? Tanto meglio, perché è più facile governare con il 20% del 40% dell’elettorato. Si perde rappresentanza? Chissenefrega! Se poi ci sono dei rompiballe dentro il partito che non sono cacciatori di poltrone, che hanno una visione della politica come servizio, allora questi vanno isolati e allontanati, possibilmente in silenzio. Il Cerchio Magico ha le idee chiare: chi non è con me è contro di me e tutto va di conseguenza.
La vetrina del franchising deve essere scintillante, anche se il negozio è vuoto (ma tanto non deve entrare nessuno). Come è stato possibile arrivare dal partito dalle mani pulite di Enrico Berlinguer al partito in franchising che vediamo ora? Io rivoglio un partito utile, popolare, che sappia capire i cambiamenti ma non perda la tenerezza, voglio un partito che lavori perché non ci siano più italiani che si uccidono perché tartassati, ingannati e lasciati soli. Ora più che mai dobbiamo tornare a essere cittadini-politici, restituire dignità alla politica e al senso di rappresentanza. Io sono orgogliosa di essere una donna umbra democratica ed ecologista, sono anche testarda e continuerò a lavorare con le persone che, come me, credono in una politica dalle mani pulite, utile e trasparente.
Lorena Pesaresi