I giovani italiani negli ultimi anni sono stati accusati di essere “bamboccioni” senza passioni né entusiasmo. Ma i trend hanno sempre le loro eccezioni. Lorenzo Baravalle è una di queste. La sua storia merita un posto al sole, in attesa di brillare di luce propria. Una storia fatta di grandi speranze e tanto lavoro. Un progetto di vita che Lorenzo mi ha raccontato in un bar del centro di Milano in occasione di BookCity dove, con un enorme zaino carico di volantini, era venuto per promuovere la sua attività.
Nato 22 anni fa a Saluzzo, in provincia di Cuneo, questo giovane piemontese si è da poco laureato in Scienze della Comunicazione Politica e Sociale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (vincendo anche una borsa di studio), ma ben prima di terminare gli studi ha cominciato a dedicarsi al suo sogno imprenditoriale: diventare editore.
Ricordo che un giorno, nell’ottobre del 2011, ero a lezione e non riuscivo a smettere di pensare alle opportunità che offre la rete. Io sono sempre stato un forte lettore, leggo almeno 4 libri al mese, così ho pensato che avrei dovuto sfruttare questa mia passione utilizzando i vantaggi delle nuove tecnologie.
Da questa riflessione poche settimane dopo nasce Dudag editrice (www.dudag.com) che Baravalle ama definire come un “marketplace con interazioni social”, poiché gran parte della sua promozione avviene attraverso le reti sociali. Chi ha un libro nel cassetto può bussare alla sua porta.
Dudag è una piazza per autori che fino ad oggi hanno pubblicato gratis e per lettori che pagano un euro per scaricare un libro. Io faccio una scrematura leggendo tutto ciò che mi arriva, perché credo sia importante mantenere uno standard di qualità elevato. Fino a oggi ho pubblicato sei titoli dei quali due sono stati finalisti al Premio Calvino.
Per finanziare la sua impresa, Lorenzo ha fatto e fa di tutto. Dal cameriere il venerdì e il sabato sera, alla gestione di pagine facebook per alcune società fino alle telecronache live a bordo campo durante le partite di basket della squadra della sua città. Il concetto di ozio gli pare semplicemente inconcepibile.
Non ho tempo libero, le poche volte in cui non lavoro gioco a basket. Io credo molto nel mio progetto anche se per ora non mi dà da mangiare. Devo ringraziare i miei genitori che mi hanno sempre sostenuto e non mi hanno spinto a cercare un lavoro dipendente. Ho rifiutato anche una proposta interessante di un’azienda, perché credo di avere l’età per poter rischiare. Se fra tre anni sarò ancora a questo punto, ne avrò solo 25 e farò ancora in tempo a fare scelte diverse.
Parlare con Lorenzo Baravalle spazza via l’immagine di una gioventù abulica, ignorante e pessimista. Mentre mi elenca tutti i progetti che ha in mente per far crescere la sua creatura, tra cui un accordo con la scuola di scrittura torinese Facciamo lingua di Massimo Tallone, mi parla con naturalezza dei quadri di Munch e Picasso e delle opere di Goethe, inframmezzando la conversazione con citazioni tratte da film noti e con il sorriso sempre sulle labbra. Sprizza energia da tutti i pori questo ragazzone con gli occhiali (li toglie solo per le foto e fa molto Clark Kent e Superman) che dice, convinto, che dormire è una perdita di tempo:
Io mi sveglio sempre presto. Alle sei del mattino si pensa bene. Tra i sogni e la realtà vengono le idee migliori.
Dopo aver pagato con cavalleria il conto del bar, Lorenzo si rimette lo zaino in spalla e con un amico a cui ha chiesto di aiutarlo, riparte per la sua missione di volantinaggio.
Con questa grinta, non c’è dubbio, andrà lontano.
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