Magazine Cultura

Lorenzo Lavia Interpreta Goldoni: Amore, Amicizia e Risate

Creato il 17 aprile 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Lorenzo Lavia Interpreta Goldoni: Amore, Amicizia e Risate

"Mio padre debuttò dove ho debuttato io l'estate scorsa, al Festival Teatrale di Borgio Verezzi, in Liguria. Oltre a lui c'erano Ottavia Piccolo, Renato De Carmine, Giampiero Bianchi, e anche mia madre Annarita Bartolomei. Mi ricordo bene tutti gli spettacoli fatti da papà, ho una memoria precisa e di quello, in particolare, ho un ricordo abbastanza lucido. Si rideva molto. Anche nel mio si ride, ma ha un finale più cupo, è venuta fuori l'anima più dark di Goldoni. Siamo in due mondi completamente diversi. Una cosa, però, ci unisce: io ho lavorato sul suo stesso copione".

Gabriele e Lorenzo Lavia. Un padre, un figlio, il teatro ed una pièce che entrambi hanno diretto ed interpretato: Il vero amico di Carlo Goldoni. Lorenzo aveva soltanto sei anni quando vide il celebre genitore recitare questa bella e divertente commedia che oggi, più di trentacinque anni dopo, lo vede, oltre che interprete principale, debuttare alla regia.

Al Teatro Goldoni di Firenze, Lorenzo Lavia ha dunque deciso di riproporre questo testo, rappresentato per la prima volta a Venezia nel 1751, con semplicità e con un occhio al suo famoso papà. "Ho voluto mettere in scena Il vero amico perché fa ridere. Senza falsi giri di parole è stato questo il primo motivo per la scelta del testo. Ma è anche vero che il riso è solo l'effetto di un pensiero molto più profondo e non ci si può fermare solamente a questo, specialmente quando si affronta un grande della nostra tradizione teatrale. Carlo Goldoni verso la metà del Settecento cominciò a porsi il problema dello scarso successo delle sue opere all'estero, come diceva lui "talvolta compatite", e attribuì la colpa al fatto che il suo fosse un teatro "più di dialogo, che di intreccio". Ecco, Il vero amico è l'esatto opposto: ha una trama molto divertente, fatta di equivoci, con un personaggio di nome Ottavio, anche lui padre, anche lui "avaro" come l'Arpagone di Molière, anche lui con il grande problema della cassetta, che è fondamentale per lo svolgimento della storia".

Un Goldoni fuori da convenzioni e smancerie, da battute e ventagli, che si mostra ironico spettatore del reale e creatore di parole rivelatrici delle inquietudini morali, di ieri e di oggi. La storia è quella di Florindo (Lorenzo Lavia) che si innamora corrisposto di Rosaura (Federica Rosellini), promessa sposa di Lelio (Francesco Bonomo), suo amico fraterno e vi rinuncia - o almeno sembra farlo - per amicizia. Ma a guardare meglio ognuno di loro ha un difetto: Lelio sembra amare più la dote che Rosaura e Florindo forse fugge da una Rosaura un po' troppo spregiudicata. E Goldoni utilizza il medesimo "schema" anche per Beatrice (Gianna Giachetti), donna non più giovane che "tuttavia per amor si umilia e si illude", Ottavio (Massimo De Francovich), un avaro "episodico", e per tutti gli altri personaggi: li rovescia, mostrandone il lato d'ombra.

Nella vicenda i momenti esilaranti si alternano a quelli seri, il grottesco al caricaturale: del resto un attento e fine osservatore come Goldoni non poteva lasciarsi sfuggire quanto di comico e paradossale accadeva nella società del suo tempo. In ogni caso, la protagonista dell'opera resta l'amicizia, qui vista come superiore a quella passione che, almeno per una volta, è destinata a non trionfare.

Indubbiamente abbiamo assistito ad uno spettacolo di qualità, che però nella prima parte risulta un po' lento faticando non poco a catturare l'attenzione dello spettatore. La scenografia, un insieme accatastato di casse (usate dagli attori per entrare ed uscire dalla scena), apparentemente bizzarra, porta un po' di movimento e di brio sul palco. Lavia toglie ogni riconoscibilità al luogo dove si svolge l'accaduto pur facendo il testo originale riferimento a Bologna. Gli interpreti di Ottavio e Beatrice spiccano rispetto al resto della compagnia, esasperando, in chiave tragicomica, le tensioni emotive tra i personaggi. Lavia, infine, appare a suo agio nei panni di Florindo, ricordando non poco nella sua interpretazione il modus operandi del padre (e se ciò sia un limite oppure un punto a favore lasciamo ovviamente che sia il pubblico a deciderlo).


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :