Adesso tutti riconoscono che il Lotto ha anticipato Manierismo e Barocco e che il suo posto è tra i grandi del Rinascimento. E tuttavia, fino a tutto il XIX secolo non se lo è filato nessuno. Forse, perché dava ai suoi personaggi un profilo semplice e popolano che sembrava rispondere più ai dettami della Riforma protestante che alla magnificenza cattolica. Espressionista prima del tempo, fatto sta che in vita, il trend modaiolo classicista lo portò ad operare soprattutto per committenti di provincia. Lorenzo Lotto – Venezia 1480 / Loreto 1556 - si avvia all’arte entrando nel giro di Giovanni Bellini. In pochi anni si afferma e, nel bel mezzo del conflitto tra la lega di Cambrai e la Serenissima, il papa guerriero Giulio II lo vuole a Roma per decorare i suoi appartamenti. Qui però il Lotto non subisce per nulla il fascino del trionfante classicismo romano e l’anno seguente lascia Roma per non farvi più ritorno. Si trasferisce allora a Bergamo e fa ritorno a Venezia solo nel 1525, dove, trova conferma della sua eccentricità come artista e pittore. Sono gli anni in cui giganteggia Tiziano, la Serenissima ne celebra lo stile e il suo biografo, Ludovico Dolce, accusa Lotto di “cattivo colorire”. Mentre i personaggi del grande pittore cadorino trasudano nobiltà e retorica, il Lotto dipinge un’annunciazione dove la Vergine è rappresentata come una ragazza semplice, spaventata, al pari del suo gatto, dal messaggio divino, e un gatto spaventato dall’angelo annunciatore non l’aveva ancora immaginato nessuno. Il Lotto rifiuta la pittura come celebrazione dei potenti e vi si oppone con immagini ostentatamente borghesi, mettendo in primo piano persone povere e semplici che reclamano la loro presenza e come lui chiedono accettazione. La sua modernità è tutta nello spirito romantico in anticipo sui tempi, che non punta tanto ad una nitida percezione, quanto invece a una espressività evocativa e sentimentale. Ormai vecchio, a 72 anni si trasferisce nel Santuario della Santa Casa di Loreto. Vi morirà, serenissimo, 4 anni più tardi. Nella foto, Allegoria del vizio e della virtù, 1505, Washington, National Gallery
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