Entrando alla Games Week di Milano si ha sempre la solita impressione di smarrimento. Sì perchè non si sa come ma dopo pochi minuti, e pur avendo studiato attentamente il percorso meglio di un qualunque Pollicino di turno, si tende a perdere drammaticamente la cognizione spaziale della porta d’uscita.
E’ capitato però più volte di imbatterci nel ragazzo di turno che, vedendoci del settore, ci ha chiesto - scusa ma sai dov’è l’uscita?
Un po’ sbigottiti gliela indichiamo, continuando ad andare avanti o indietro la si trovava per forza, e consci del ragionamento precedentemente esposto ci si è chiesti come fosse possibile perdersi lì dentro, dove appunto era impossibile perdersi.
Impossibile però, fino a quando siamo certi che il cervello voglia, davvero, trovare l’uscita.
E il cervello del videgiocatore è assai astuto quando si tratta di risolvere enigmi o quant’altro concerna una retribuzione videoludica, ma è assai subdolo invece quando si tratta dello sconnettersi da un qualcosa – un gioco, o un ambiente- che lo immerge lì esattamente dove vorrebbe sempre stare.
E quindi alla fine, sospettiamo che la colpa sia proprio sua. Entrate e impattare un ambiente dove imperano gli stand dei più grandi colossi videoludici tutti insieme, fusi con presentazioni, interviste, conferenze tornei e quant’altro sia a tema, lo manda direttamente nella – non portatemi fuori di qui vi prego! -mode, e gli fa sottrarre direttamente alla memoria il ricordo dell’uscita.
E’ un meccanismo che si scatena grazie all’ambiente, ve lo confermiamo anche noi, e non ha bisogno della fiera del secolo per attivarsi.
Il contesto della Games Week, che adesso nelle prossime pagine vi dettaglieremo, non è perfetto, ma è un contesto veramente splendido; in una Milano grigia che si colora delle tinte videoludiche più belle, dei suoi personaggi stravaganti e vive della passione degli utenti che, anno dopo anno, dimostrano quanta vita pulsi all’interno di queste realtà apparentemente immaginarie che in questi giorni sono quasi tangibili e più concrete della realtà stessa.
Una realtà che ormai è contaminata piacevolmente da queste fantasie che fuoriescono costantemente dai nostri schermi, e per cui non vi sarà mai porta d’uscita abbastanza grande da poter -voler- trovare, che ce ne faccia uscire, che ce le faccia dimenticare.
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