E' notte e sono perso a Shanghai come un cane abbandonato in autostrada. Prendo un taxi a caso, chiedo di un hotel. L'unico che conosco: il Ramada Pudong.
Che fare dopo? Ora non importa, domani ci penserò.
Shanghai dall'aereo è un'infinita città di luce. Da dentro le sue vie invece si ritrova il buio delle notti come dovevano essere una volta. Pudong è un immensa periferia che resuscita sensazioni di paesi in campagna, di strade scure che si fanno vuote quando viene sera. Luci accese nelle case, fuori freddo e nessuno. Che nemmeno d'inverno a Scannabue...
Lo sguardo fisso smarrito nel vuoto fuori dal finestrino, la stessa rassegnazione tranquilla che hanno negli occhi certi Indiani quando li guardi affondare impotenti nella vita senza che facciano niente per cambiarla. Non mi sento male, non mi sento bene, non mi sento. E senza pensare, penso.
Adesso la città è laggiù, la fuori, e io quassù al trentasettesimo piano di un residence mi trovo ancora una volta a scrivere con la matita sui fogli dell'hotel. (Che relazione esiste tra essere soli e riflettere? E tra sentirsi soli e scrivere?)
Stasera ho ritrovato quello sguardo stupito di fronte al mondo, stanotte è tornato a trovarmi quello stupore sereno di chi sa che non sappiamo mai esattamente quello che ci succederà domani. Quindi adesso non importa, domani ci penserò.