Claudio Lotito e’ un fiume in piena. Il patron della Lazio, in un intervista concessa a Repubblica, esprime tutta la sua rabbia verso i fatti successi nella finale di Coppa Italia. E non mancano i riferimenti alla contestazione che lo riguarda in prima persona.
“Chiunque abbia un ruolo deve contribuire al miglioramento del Paese, anziché mettere la testa sotto la sabbia. Io sono il padre di tutti: non solo degli scalmanati, ma anche delle tante persone perbene che subiscono in silenzio. Al mio fianco ho le autorità, tutti gli altri scoprono l’acqua calda, parlando di calcio e ricatti: io con le minacce e le intimidazioni convivo da sempre. E dicono che la colpa è mia, che non dialogo. Ma con chi dovrei dialogare? Non è la mia battaglia, questa. È la partita della legalità”.
Cosa l’ha colpita dei fatti di sabato?
“Che un tifoso con precedenti conti più delle istituzioni e decida, con un cenno del braccio, se lo spettacolo deve andare avanti. Sembrava di essere al Colosseo: tutti in attesa del pollice dell’imperatore. E si continua a dare visibilità a persone che, indipendentemente dalla professionalità o dal livello culturale, assurgono a un ruolo di comando attraverso la violenza, la forza e certi atteggiamenti estorsivi”.
Quali misure propone?
“Prevenzione e repressione. La prima richiede tempo per fruttare, ma la Lazio è impegnata nelle scuole. Una volta, i genitori raccomandavano al maestro elementare: “Gli meni, perché mio figlio non ascolta”. Oggi, al primo rimprovero un po’ energico scatta subito la denuncia. I giovani hanno grande fragilità interiore: venuti meno i filtri della scuola, della famiglia, dell’oratorio, dei partiti, sposano la logica del branco, in cui esisti solo se agisci come tutti gli altri. Come allo stadio”.
È favorevole al Daspo a vita?
“Secondo voi, uno con precedenti penali si scoraggia per un Daspo? Serve altro. Inasprire le pene e renderle certe. Basta con l’impunità per i reati dei “tifosi”: traffico di stupefacenti, merchandising falso, intimidazioni. Poi, processi per direttissima e celle di sicurezza negli stadi”.
È possibile isolare i violenti?
“Per i club non è facile: per la privacy, non possono sapere se chi acquista un biglietto ha avuto problemi in passato. Serve l’aiuto dei tifosi perbene, che devono aiutare le società invece di adeguarsi alla legge della giungla”.
Il tifo organizzato rivendica anche le proprie iniziative di solidarietà e beneficenza.
“Ma io non sono contrario all’aggregazione in sé. Una cosa però è il sostegno a una squadra, un’altra è il condizionamento. In Italia molti ormai ragionano così: sono spariti i mecenati, i club vivono solo grazie alle tv, le tv prendono soldi dai tifosi e allora è il tifoso che deve comandare. Come se chi paga il biglietto al cinema pretendesse poi di scrivere anche il finale del film”.
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