L’arte come ambiente al di là dei limiti della dimensione
Lea Berliawsky, in arte Louise Nevelson. Personaggio profondamente singolare per un ambiente, quello dell’arte, in cui l’unica figura possibile e riconducibile all’artista apparteneva al mondo maschile.
Un travagliato passato, una vita intensa, sono stati sicuramente determinanti nella formazione di questa personalità artistica. Nata a Pereyaslav, in Ucraina, si trasferì, ancora bambina, negli Stati Uniti.
Il padre, un commerciante di legno, fu una figura molto importante per Louise. Si trasferì in America prima della sua famiglia procurando all’artista un dolore così forte, da causarne un silenzio lungo sei mesi.
La madre, personalità fragile, vittima di una profonda depressione causata dalla migrazione, era tuttavia una donna stravagante, vestiva con abiti vistosi e si truccava esageratamente. La stessa artista di lei diceva: ”Si veste come arte, il suo orgoglio, il suo lavoro”.
Fu allieva di Hans Hofmann, grazie al quale conobbe e amò la corrente cubista, di Chaim Gross e di Diego Rivera. Molti gli artisti che ne influenzarono la formazione: Mondrian e Rothko, Kandinsky e Klee alcuni importanti esempi.
Dopo essersi trasferita a New York e dopo aver lavorato come stenografa presso uno studio legale locale, si sposò con Charles Nevelson, titolare dello stesso studio, dal quale ebbe un figlio. Determinata sin da giovane a dedicarsi interamente all’ arte, il matrimonio avvenne esclusivamente per ottenere una stabilità economica.
Poco dopo, i due si lasciarono. Charles e la sua famiglia, infatti, vedevano l’arte come qualcosa da conoscere esclusivamente per scopo culturale negando pesantemente un possibile legame professionale. Louise, la pensava diversamente. Così, lasciò il marito, il figlio, che affidò ai genitori affinché lo accudissero, e partì per un lungo viaggio tra l’Italia, l’Europa, il mondo.
Viaggiare ebbe notevole importanza per il completamento della sua formazione.
Inizia quindi a farsi conoscere dalla critica seppur le vendite delle opere non raggiungono i risultati sperati, creandole per questo un notevole sconforto.
Louise, era una donna molto particolare: come la madre, amava vestirsi e truccarsi in modo molto eccentrico. Il carattere stravagante, esclusivamente concentrato su sé stessa, l’essere scostante nei rapporti per una vita libera da qualsiasi legame, diedero luogo ad un’ immagine di sé negativa che si rifletté sul lavoro.
Essa, incentrava il suo lavoro sul ritrovamento di pezzi in legno e oggetti abbandonati per le strade americane. Dopo una scrupolosa ricerca, iniziava una vera e propria opera di assemblaggio, un “collage” che impreziosiva con della vernice a spruzzo nera, bianca e, successivamente dorata.
Questi, gli unici colori utilizzati dall’artista.
Del nero credeva fosse il “total color”, il colore che conteneva tutti gli altri colori. Il nero non era una negazione, una mancanza di colore, ma un’accettazione. Il più nobile e aristocratico fra tutti i colori esistenti. “Non credo sia stata io a scegliere il nero; credo sia stato il nero a scegliere me per dire qualcosa. Nel mondo dell’Accademia si diceva che il bianco e il nero non erano colori. Per me, sono i colori totali, colori che contengono il tutto.”
Del bianco credeva fosse il colore convocato al mattino presto, sinonimo di una promessa emotiva.
Dell’oro ne amò la ricchezza. Chiamava “fase barocca” il periodo in cui le sue opere si tinsero di questo colore caldo. L’oro veniva attribuito al mondo della fanciullezza. Un bambino, nel proprio mondo fantastico, vede questo colore impreziosire tutto ciò che lo circonda. È il colore della materializzazione dell’edonismo, del sole e della luna.
Attraverso la preziosità e il simbolismo delle opere, Louise ripercorre la propria vita: quella di una donna che fugge dal matrimonio per non reprimere la sua passione, una donna, “guerriero - difensore” di sé stessa, indipendente per tutta la vita.
Il successo fu esorbitante, tanto che le vennero commissionate sculture per esterni. Di tali lavori essa affermò:” Ricordo, ero nei miei primi anni 70 quando sono entrata nella scultura monumentale all’aperto … era stato attraverso le recinzioni di legno, attraverso le ombre che avevo passato i recinti, uscendo allo scoperto”.
Il suo lavoro, fu sperimentazione continua ma quel che più colpisce, nella simbologia delle sue opere, fu l’imposizione in un mondo artistico sessista, la “sopportazione” ai cambiamenti climatici e la libertà di movimento al di là dei limiti della dimensione.
Elementi ricorrenti nella vita dell’ artista.
Louise Nevelson, fu sicuramente un artista molto rilevante e stravagante nel suo genere, in assoluto, una fra le personalità che meglio incarnarono il personaggio dell’artista libero.
Una libertà che le permise di spaziare in campo artistico: non solo sculture e disegni ma anche gioielli, realizzati con lo stesso materiale, la stessa tecnica e la stessa simbologia delle opere più famose.
Una donna forte, determinata, pronta a seguire la sua passione per l’arte contro qualsiasi limite le si ponesse. Una donna ambiziosa, coraggiosa, che ha saputo scommettere tutta sé stessa per avverare il suo sogno; quello di proiettare e trasmettere nel mondo esterno la sua vita, le sue gioie, i suoi dolori, le sue esperienze, i suoi viaggi, trascendendoli in un mondo prezioso ed unico come quello dell’arte.
Ylenia Parasiliti
Designer del Gioiello