Regia: Luca MinerviniOrigine: Italia, Francia
Anno: 2015
Durata: 92'
La trama (con parole mie): un viaggio a ridosso delle esistenze di Mark, Lisa e dei loro amici e parenti, per le strade più nascoste e di confine della Louisiana, nel cuore delle paludi e delle periferie in cui reduci, criminali, tossici e losers cercano quotidianamente di trovare un senso alle loro vite, lottando con le unghie e con i denti per affermare il diritto di costruire, e non solo di distruggere, sperare nel meglio per il futuro delle loro famiglie e del Paese, perfino arrivare ad imbracciare le armi con l'idea di difendere, prima dei confini, la propria Libertà e la Famiglia.Un mondo lontano dalle grandi città e dalle mete turistiche, che mostra tutta la durezza della vita ai margini, dal lavoro occasionale all'eroina, dalle roulotte alle improvvisate cene natalizie: eppure, come un'energia sotterranea da cercare nel cuore del bayou o da esplodere a colpi di fucile, tutto ribolle di un folle, passionale, incontrollato amore.
Nell'ambito della settima arte, il documentario è sempre stato un genere in grado di esercitare un fascino enorme sul sottoscritto, complice il fatto che, senza ombra di dubbio, la realtà che viviamo quotidianamente, oltre a divenire la fonte d'ispirazione per tutto ciò che è fiction, ci porta a vivere sulla pelle situazioni ed emozioni che, spesso e volentieri, superano di gran lunga quelle offerte dai mondi lontani portati sullo schermo dalla pellicola: Luca Minervini, passato in sordina nella sezione Un certain regard dell'ultimo Festival di Cannes con questo suo Louisiana all'ombra del trio delle meraviglie Moretti/Garrone/Sorrentino e finito sugli schermi del Saloon grazie alla prontezza di Julez, che ha prenotato al volo un posto virtuale nella sala streaming di Mymovies per il sottoscritto, visione alle spalle, ha guadagnato ben più di un brindisi ed un attestato di stima non da poco, grazie ad un tocco che ricorda la passione per questo genere di Herzog ed un taglio artistico del Malick dei tempi migliori, filtrati attraverso il desiderio di raccontare vite ai margini del grande mondo neanche fossimo nel cuore di una canzone di Springsteen o Waits.Le vicende del protagonista Mark, ex detenuto, eroinomane, individuo disequilibrato eppure clamorosamente vitale, pronto a sopravvivere con lavori di fortuna eppure in grado di arrangiarsi in più campi, dalla sintetizzazione di droga alle riparazioni domestiche, compagno e fratello, guida per il pubblico attraverso un mondo lontano dall'immagine degli USA che percepiamo da turisti e sognatori, che ricorda più i lati oscuri di Mud o Joe, la durezza di un'esistenza condotta sempre sul filo, all'interno della quale Mark si muove con passo deciso anche rispetto alle decisioni più drammatiche - esemplare il confronto con la partner Lisa rispetto alla possibilità concreta della morte di sua madre, che porta il "protagonista" a preferire l'idea di farsi sbattere dentro per qualche mese in modo da poter restare il più pulito possibile invece di rischiare di farsi fino alla morte per superare il dolore della perdita - e, a dispetto di un'immagine senza dubbio borderline, mostra quanto l'amore e la passione esplodano anche dove non ci aspetteremmo.La cena di Natale della famiglia di Mark, con lo zio Jim, sdentato e sconnesso, bevitore incallito, reduce, che si commuove all'idea di esserci sempre gli uni per gli altri, e di difendere a qualsiasi prezzo la Libertà, o i più piccoli che sperano che anche nel resto del mondo le famiglie possano provare lo stesso amore gli uni per gli altri che provano loro regala brividi che solo l'esperienza può garantire a noi, che ci dibattiamo da queste parti per guadagnare un giorno in più, un giorno alla volta.Paradossalmente, accanto a quelli che, normalmente, potremmo definire disperati e disadattati, passando dal dibattito politico a favore di Hillary Clinton fino ai consigli su come comportarsi nel caso in cui si finisca dentro, dall'eroina sparata direttamente in vena all'alcool fino allo svenimento, dalle pagaiate nel cuore delle paludi, quasi alla ricerca di un segreto che la Natura insiste nel non rivelarci, ai raduni di gruppi paramilitari pronti a difendere gli USA da se stessi e soprattutto dai loro governanti, ho visto e sentito più vita e passione di quanta avrebbe potuto sognarsi il Cobain di Montage of heck: e nell'ex marine pronto ad addestrare giovani mossi dalla voglia tutta redneck di armi da fuoco e focolare domestico pronti a farsi fare pompini da compagne con la maschera di Obama - detestato ed osteggiato in ogni forma - che si commuove nel parlare del cameratismo tra compagni di lotta, o nella lucidità dell'analisi del suo commilitone che sottolinea l'assurdità dell'esportazione militare del modello americano - vecchio di duecento anni - in paesi dalla storia di dieci o quindicimila, nello sfogo quasi gomorriano che chiude la pellicola e lascia in un campo deserto lo scheletro di un sogno a stelle e strisce che pare essersi dimenticato dei più poveri e degli stessi perdenti che in principio proclamava di difendere si vede, paradossalmente, tutta l'energia che è possibile trovare dietro una speranza, per quanto sporca, brutta e cattiva possa essere.E, combattuta, gridata nel delirio di una sbronza o di un trip, o sussurrata sul bordo di un lago naturale, nel silenzio della solitudine dei boschi e all'orecchio della persona amata, è sempre una speranza.La benzina per il motore di chiunque voglia vivere.Dal primo all'ultimo giorno. E un giorno ancora. Un giorno alla volta.
MrFord
"Habitual offenders, scumbag lawyers with agendas
I'll tell you sometimes people I don't know what's worse
natural disasters or these wolves in sheep clothes pastors
now damn it I'm scared to send my children to church
and how can we seek salvation when our nations race relations
got me feeling guilty of being white
but faith in human nature, our creator and our savior, I'm no saint
but I believe in what is right."Kid Rock - "Amen" -
Magazine Cinema
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