È come un tradizionale piatto cajun (un gumbo molto piccante quindi), questo ennesimo parto della penna di James Lee Burke, affascinante cantore della «old» Louisiana e pluripremiato scrittore di gialli torridi e sanguigni (mai come per questo autore la definizione è più che riduttiva, ma la si usa per convenzione). Prima che l’uragano arrivi è un libro zeppo di mafia, stupri e droga, e naturalmente tanta, tanta Louisiana (coccodrilli, bayou, procioni, macchine scassate, paludi, tramonti mozzafiato e afa).
Il vecchio Dave Robicheaux – detective duro, disincantato, ex alcolista e fondamentalmente romantico, nella migliore tradizione del genere – dichiara a più riprese di non sapere come risolvere l’intricatissima indagine e, se non si arrende, è solo per riconoscenza verso il proprio mondo, un luogo in cui nolente o volente gli è toccato di vivere.
Avvolto dalla consueta patina di florida decadenza (morale oltre che fisica) il mondo letterario di Burke ti incatena alle pagine portandoti a spasso nei luoghi oscuri dell’animo umano, seducendoti coi sapori speziati di un ambiente esotico e in fondo simile a tanti Sud del mondo (succede grossomodo così anche per il Texas di Joe R. Lansdale). Stavolta però il senso di pericolo è accresciuto anche dalla
tempesta che incombe senza essere quasi mai nominata: evitando qualunque facile retorica e schivando con maestria ogni pietismo d’accatto, Burke arriva ad identificare solo nelle ultimissime pagine il disastro dell’Uragano Katrina che si abbatte – come un terribile monito? – violentemente sulla regione.Ancora una volta questo scrittore dimostra la sua abilità nel costruire un puzzle che tessera dopo tessera si fa sempre più complicato, accumulando tra la folta vegetazione e le vedute spettacolari, minimali segni di sfacelo totale. I romanzi di James Lee Burke sono un modo piacevolmente carico di tensione per compiere un viaggio nerissimo che non sembra ancora arrivato alla fine.