“Love Game”, Rossella Leone

Creato il 03 dicembre 2013 da Beachild

TITOLO: Love Game
AUTORE: Rossella Leone (BIO)
EDITORE: Edizioni Rei

L’AUTRICE DICE CHE In un piccolo chalet di montagna si radunano, apparentemente solo per una tranquilla vacanza, un gruppo di otto persone; ognuna con un nodo gordiano da risolvere: c’è Tom; un architetto tormentato dal suo passato; Marta, una donna caparbia, in lotta per riconquistare il suo amore; Ariel, una ragazzina incerta su come far ripartire la propria vita; Jak, un cantante in declino che ha perso qualcosa di più della sua carriera; Max, un uomo di successo, deciso a riparare ad un grave torto che ha commesso; Michael, un medico innamorato, intenzionato ad aiutare la sua fidanzata in un folle proposito; Katia, una ragazza distrutta da una delusione d’amore ed, infine, Ylaria, la sua migliore amica, decisa a compiere la sua vendetta personale.
Una volta in vacanza Katia scopre, con sgomento, di essere l’unica a non sapere che nello chalet è previsto un gioco di ruolo: il Love Game, una sorta di recita a soggetto a cui tutti i villeggianti devono obbligatoriamente partecipare. In base al regolamento solo ad alcuni di loro toccherà recitare, ossia orchestrare, senza farsi scoprire, bollenti incontri amorosi, o, al contrario, odio tra i concorrenti.
Si formano due squadre e inizia l’avventura…tra foreste incantate, dichiarazioni inaspettate, balli scatenati. In un intreccio di bugie e verità Katia riscopre la gioia di sedurre…e di essere sedotta. Arriva perfino ad innamorarsi di un uomo dolce, simpatico, divertente. In una parola: PERFETTO. Salvo poi scoprire che mister perfezione sta per sposarsi… Katia non sa più che fare e, quando si è quasi convinta a rinunciare a lui, arriva l’ultimo ordine del Love Game: SABOTARE LE NOZZE.
Deciderà di continuare il gioco…oppure no?

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1° GIORNO

– Già. Il gioco è semplice. Ognuno di voi dovrà estrarre da un’urna uno pseudonimo. Solo alcuni pseudonimi corrispondono ai “Ranger Love“ del racconto. – Ranger Love? Che vuol dire? – chiese Katia prima di riuscire a trattenersi. Tutta quella storia iniziava a sembrarle una follia. Max la guardò come si scruta un bambino un po’ lento. – Come saprai i veri Ranger sono i cavallerizzi che, lazo alla mano, guidano le mandrie al pascolo. In questo gioco i nostri Ranger avranno un compito analogo: dovranno condurre delle persone sulla giusta via facendo in modo che seguano un percorso che altri hanno tracciato. Capita spesso che ciò significhi combinare “incontri d’amore” da qui la dicitura di “Ranger Love”. – Spiegati meglio Max – lo incitò Marta vedendo lo stupore su molte facce. – Con piacere – disse questi afferrando il prezioso scritto e alzandolo in alto cosicchétutti potessero vederlo. – Se tutti noi interpretassimo la trama del libro allora non ci sarebbe altro che una mera recitazione, come un film in cui tutti hanno una parte predefinita. Ognuno saprebbe già tutto ciò che sta per succedere, scena per scena. Si fermò. I presenti annuirono rumorosamente. – Se invece solo alcuni hanno una parte il loro compito sarà più difficile perchédovranno fare in modo che compagni ignari si comportino in un determinato modo. Dovranno sforzarsi cioè di far accadere le scene descritte. Marta alzò la voce dicendo: – In conclusione i Ranger Love sono i soli personaggi destinati a recitare. Possono essere due, tre, o anche quattro. Il loro numero dipende dalla complessità del racconto e verrà reso noto solo alla fine del Love Game. Katia sentì un brivido lungo la schiena. Gente a lei sconosciuta l’avrebbe ingannata ripetutamente per uno stupido gioco! – Non penso di esserne capace. Forse non è stata una buona idea quella di venire qui. Sarà meglio che vada – disse voltandosi di scatto e cercando di raggiungere la porta. Marta le si parò davanti bloccandole la strada. Aveva uno sguardo truce. – Povera bambolina. Fammi indovinare: sei stata delusa dall’amore ed hai paura dirimetterti in gioco? – domandò sprezzante. Il cuore di Katia saltò un battito. – Hai fatto bene a tirarti subito indietro perché sai – continuò tagliente, – ci vuolecoraggio nella vita per vivere le avventure più belle. Se tu non vuoi rischiare nulla non meriti nulla – concluse guardandola come si può guardare un insetto in unappartamento.Katia la fissò. Era quasi sicura che la piccola Mulan la stesse sfidando. – Che cosa dovrei vivere? Una farsa? No, grazie. La superò con un balzo e mise la mano sulla porta.

– Questa è una farsa, hai ragione, ma la vita stessa non è forse un teatro in cui tuttirecitiamo una parte? Tu non fingi forse di essere calma e misurata mentre una rabbia ti divora? – gridò il ragazzo biondo salendo su una sedia con fare teatrale. Era finita in mezzo a dei pazzi. La mano si chiuse rapida sulla maniglia dorata. Una voce limpida sovrastò il chiacchierio giungendole dritta al cuore. – In questi giorni vivrai più che in tutta la tua vita ogni possibile sentimento umano:compassione, odio, tradimento, amore. Pensaci: tu non saprai fino alla fine chi starà recitando con te, chi vorrà essere realmente tuo amico o chi sarà semplicemente se stesso quindi dovrai rischiare il tutto per tutto per capire i tuoi compagni. Dovraiconoscerli.Max l’aveva raggiunta con poche decise falcate. Ora, con il viso a pochi centimetri da lei, la scrutava dal suo metro e novanta, senza staccarle gli occhi di dosso. – Quello che voglio dire è che, anche se ci saranno azioni dettate dal gioco, parole che tu riterrai false, ciò che proverai sarà
autentico
– dichiarò posandosi una mano sul cuore. Ylaria corse da lei con gli occhi visibilmente lucidi. – Pensa che questa sia una splendida occasione per divertirti un po’. Qui nessuno di noiè un attore professionista. Siamo persone normali con una vita normalissima alle spalle. Ci è stata data un’occasione per spezzare la nostra quotidianità con una parentesi di follia. Per una settimana potremo vestire i panni di un altro, crearci un diverso passato. E’ un’esperienza unica, elettrizzante. Ed, in fondo,… cos’ha da perdere? Già. Cosa? La dignità!?Quella l’aveva già persa tempo prima. – So che non mi conosci molto bene – disse Ylaria facendole un occhiolino veloce – ma dammi fiducia. Credo fermamente che questa esperienza ti gioverà. Katia si guardò intorno. In fondo, lì, nessuno la conosceva. L’Amica le prese le mani chiedendole: – Ti va di provare? Lei la guardò negli occhi mentre la stretta si faceva più forte. Nella stanza il silenzio ricopriva del suo pesante velo ogni rumore. Katia abbracciò con lo sguardo quella gente che la scrutava incuriosita. In fondo era solo per una settimana… e se qualcosa fosse andato storto poteva sempre infilare la porta e andarsene. – Mi hai convinto ma sappi che mi devi un favore! Ylaria l’abbracciò con forza mentre il giubilio si diffondeva nel gruppo. Un ragazzo dai capelli biondissimi (lo stesso che poco prima era salito sulla sedia) avanzò con in mano un vaso rosso. – Estrai il tuo pseudonimo e da oggi sarai un’altra persona – esclamò con voce altisonante. Katia infilò la mano ed afferrò un foglietto accuratamente piegato. – Vuoi che lo legga io? – si propose Ylaria togliendoglielo velocemente di mano. Sembrò ripensarci perché un attimo dopo glie lo restituì dicendo: – No, devi farlo tu.

– Allora come ti chiamerai? – chiese l’amica, sbirciando curiosa oltre le sue spalle. – Karen. Lo ripeté piano nella sua mente. Le piaceva. – E’ carino! Fa molto soap-opera. Speriamo di averne uno altrettanto bello! – mormorò tuffando la mano nell’urna. – Io sarò Jessica! – mugugnò poi, con meno allegria. – Ed io sarò Ariel – squittì il folletto biondo saltellando sul posto. Marta, in un silenzio ultraterreno, annunciò: io sarò Sofia. Quasi contemporaneamente un vaso blu retto da una divertitissima Ylaria circolò tra i ragazzi. L’esile biondino fu presto ribattezzato Michael. Katia fece mente locale dei componenti della sua squadra; alla sua destra, l’uomo taciturno era diventato Tom; alla sua sinistra, il buffo ragazzino dai capelli a spazzola e il piercing al naso sarebbe stato Jak. L’ultimo ad estrarre il nome fu Massimo. – Io sarò Max – annunciò divertito dalla casualità del destino. – Ma non è possibile! E’ già il tuo nome! – Cosa prevede il regolamento in questi casi? – chiese Ariel guardandosi intorno in cerca di una soluzione. Marta la fulminò con un’occhiataccia, ignorandola – Salite tutti nelle vostre stanze. Il pranzo è previsto per l’una nel salottino. E ricordate: da quando scenderete non sarete più voi! Non sapeva bene perché ma quell’avvertimento le risuonò sinistro.


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