New York è sempre stato lo sfondo perfetto per fare del buon cinema, ma ultimante sembra ancor più lo sfondo ideale per le storie d'amore, che la usano come cuscinetto, ne fanno una protagonista in più.
Succede anche con Ben e George, coppia fissa da 39 anni, che dopo 20 di convivenza decide (ma soprattutto può) fare il grande passo e sposarsi.
Peccato che propria questa decisione scombini la loro vita di quasi pensionati, facendo perdere il lavoro di insegnante a George, grazie ad una scuola cattolica che vede nel suo matrimonio una presa di posizione contro i credi della religione.
I conti che non quadrano li costringono a vendere il loro amato appartamento, quello in cui hanno condiviso gioie e dolori, nel cuore di Manhattan, e cercare una soluzione più economica, più per le loro tasche.
Così facendo, la cerchia dei loro amici e parenti, tra gay sguaiati e giovanili e radical chic benestanti, li deve ospitare.
Separati, allontanati, Ben e George dovranno adattarsi a stili di vita che non fan per loro, sentendosi sempre fuori luogo, intuendo l'irritazione, il peso che i loro amici si trovano ad affrontare.
C'è però spazio per conoscerli meglio, per conoscere anche i loro lati negativi, e per avvicinarsi a un nipote in quella fase adolescenziale così tempestosa. E c'è soprattutto tempo per riscoprirsi ancora, per capire che senza l'altro è difficile vivere, che le vecchie abitudini son quelle che più contano.
La loro New York, quella dei quartieri artistici e residenziali, sembra remargli contro, tra leggi, tasse e imposte che sferrano nuovi colpi.
Vecchietti, New York, l'amore sempre nell'aria e una spruzzata di arte qua e là, cosa potrei chiedere di più?
Love is strange, storpiato in italiano pur -ammettiamolo- non avendo chissà quale titolo originale, è diverso però da come ce lo si aspetta con una trama simile.
Non è un film di denuncia, che mostra i lati scomodi di una società dove sembra vigere la legge marziale "Don't ask, don't tell", anche se lo è, e una lettera di profondo rispetto lo dimostra.
Non è una commedia d'amore tutta lacrime e tutta zucchero, anche se lo è, e la lacrime e lo zucchero scorrono che è un piacere.
Non è la classica commedia newyorkese fatta di ottimi scorci, di appartamenti da favola, di gallerie d'arte, scrittori e insegnanti, con tanto di musica jazz sempre in sottofondo, ma tutti questi elementi ci sono.
E' un film atipico, con tanto sentimento, un'ironia non troppo pungente, e un finale che non ti aspetti e che per quanto dilungato ti lascia addosso un velo di malinconia e un senso di ingiustizia.
E' un film sorretto dai suoi interpreti, dalla sempre brava Marisa Tomei ai due protagonisti: il panciuto Alfred Molina e l'inedito John Lithgow, che riesce a far dimenticare il suo lato psyco incancellabile da Dexter in poi.
In un mix di tutte queste cose e non-cose, la visione scorre, le lacrime pure, il cuore si apre.
E a volte basta anche solo questo per avere davanti un buon film.
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