E’ noto che in molti Paesi d’Africa si continui a vivere nella paura degli spiriti e che ciò non accada soltanto nei villaggi rurali, in cui magari potrebbe avere una qualche sua peregrina scusante ma anche, per esempio, nelle popolose e trafficate grandi città.
Spiriti cui sono attribuiti poteri nefasti da parte di chi ritiene di esserne minacciato.
E il disorientamento è tale che la più eclatante e tragica delle conseguenze è che dei bambini innocenti, che le famiglie ritengono posseduti dal male, sono immediatamente allontanati da casa e messi sulla strada fin da piccolissimi.
Se poi si tratta di neonati di pochi giorni, la loro sorte è segnata. L’abbandono equivale a morte certa. Ma ci sono pure adulti, uomini e donne malati (in genere sono affetti da malattie neurologiche), che subiscono lo stesso trattamento ossia l’allontanamento dai familiari e dal proprio contesto, quando non sono brutalizzati perché messi pietosamente in uno stato di semi-schiavitù o, addirittura, completa schiavitù.
Mi sto riferendo all’Angola e ai numerosi bambini abbandonati, che ciondolano e chiedono l’elemosina ai passanti per le strade di Luanda, la capitale.
Non è facile avere partita vinta contro la superstizione.
Delle persone di buona volontà ci hanno provato e continuano a provarci con modesti risultati, come ha fatto Fatima Viegas, per anni, lei che è pure la direttrice dell’Istituto degli affari religiosi cittadino.
Infatti, per uno che si riesce a salvare, bambino o adulto che sia, molti altri si perdono.
Risolvere potrebbe essere compito dell’istruzione, e quindi della scuola, ma non è cosa certa.
E non lo è perché anche le classi istruite, ancora oggi, non si allontanano troppo dalle antiche credenze della loro tradizione ancestrale, per cui certi “fattacci” avvengono, anche e purtroppo, nelle famiglie dei cosiddetti “professionisti” (avvocati,funzionari politici, commercianti, alti gradi dell’esercito).
Questo può apparire assurdo all’uomo o alla donna occidentali, i cui parametri in genere privilegiano esclusivamente la razionalità in certe situazioni, ma l’Africa, non bisogna dimenticarlo mai, è tutta un’altra cosa.
Si può e si deve affiancarla con discrezione e imparare amarla. Ma sempre come ospite.
Un ospite, s’intende, in linea di massima ben accetto. Ma un ospite che sappia essere discreto.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)