Luca Ariano, Carmine De Falco: Che resistenza ci attende?

Da Narcyso

Luca Ariano – Carmine De Falco, I RESISTENTI d’if, 2012


Seduto a prendere un caffé in Placedes Armes a Lussemburgo, mentre galoppa il mal di testa e le nuvole bianche a forma di fungo portano vento e minacciano pioggia. Un gruppo di ragazzini sgranocchia alette di pollo e sparpaglia gli ossicini sul tavolino. Quattro ragazzine bionde starnazzano davanti a un cellulare rosa…
Ho aperto I RESISTENTI… e come resistere a questo confronto epocale di parole!

Hai anche tu la sensazione supponente
d’esser di nuovo carne da macello
come al fronte, d’esser di nuovo
ignoto fumo umano, subdola
metastasi, quando pensi di colpire
e non ci riesci mentre guardi
quei giovanotti che passeggiano
nei treni affatto estranei
a tutto questo, con la scollatura
sul viso di chi é condannato
a non riuscire. Che resistenza c’attende
se pensiamo alla parola partigiani
mentre decidi di abdicare ma credi
davvero che loro fossero bravi,
che gli venisse naturale?

Anch’io non saprei sparare.

p 39

Noi che non sappiamo far male neanche a una mosca.

p 37

Ecco, potrei fermarmi qui e avrei giá detto le parole necessarie per accompagnare queste poesie di tempi grami, tempi in cui ai giovani – altro che resistenza! – é stata sottratta anche la libertá del servizio civile spacciandola per libertá di scegliere liberamente se fare il militare.
Siamo nel cuore del senso dell’Europa unita. Ma ancora leggo:

L’onorevole Intortillo
- figlio d’arte, bisnonno
nel governo De Petris, nonno gerarca
e padre democristiano; presidente
alla commissione urbanistica, indagato
per appalti pilotati e un attico vista cattedrale
sbriciolata da smog e incuria.
- il piú grande d’Europa.

E ai francesi diremo – mais oui
e ai tedeschi – che cielo laggiú!
E agli inglesi faremo pernacchie
ma non avremo da ridere piú.

p 33

Ché, in fondo, penso, l’attecchire della gramigna non dipende proprio da questi ossicini lasciati sul tavolo? A che cosa dovrei resistere se non ho una esatta percezione del pericolo? Se il nemico mi offre cibo a basso costo e giocattoli bomba travestiti del colore che voglio? Questo non senso avviene qui, in una delle tante piazze d’Europa in cui la gioventú é costretta a fare i conti col suo vuoto indotto.

Non voglio avere figli – dice
che non vuol crescerli qui
con questi lacci, in quei sistemi
e tu non sai se é pieno afflato
rivoluzionario o mancanza
di coraggio se é quest’impossibilitá
che atterrisce o la via piú semplice
indipendentemente
                                             tutti i giorni
non c’é una guerra da fare
Enrico
non ne puó piú di questa
politica simbolica.

p 13

Io non so che debba dire o fare la poesia oggi. So comunque, che una nozione di nobile realismo va preservata a tutti i costi. Chi si mette a parlare delle cose del mondo, chi si sporca le mani, chi si rompe la testa contro il muro delle cose, compie il gesto del restituire il mondo alle parole, e in questo modo ricongiunge poesia e fare. Amo i poeti che nominano, che sanno declinare il dolore dell’essere nella carne ferita e tumefatta delle cose, anche a rischio di sbagliare le parole. Non so che debba fare e dire la poesia oggi: mi piacerebbe che la parola, la piú alta parola dei vati, o la piú bassa parola dei bambini, non importa, avesse la forza di spaccare la dura pietra dell’indifferenza che viviamo: una bomba dentro la torta buona delle buone parole.
Queste poesie sono piene di nomi, piccole persone, gesti quotidiani:

Teresa passeggia sul Lungomare
e come una bambina per un giorno
rivede accanto il padre:
quelle lacrime sono salso che la brezza mattutina
spazza via al ritorno dei pescherecci.

p 19

L’Emilio si vede vecchio e malfermo
seduto sui gradini di una chiesa, con una
pensione quasi sociale nemmeno per una badante
o un ricovero privato nel reparto – morti di fame -.
Primo – nessun amico,
solo compagni di vaniloqui -
porta a spasso il cane della donna

L’Andrea dopo tanti veglioni
a sbevazzare per piazze, sui treni,
una notte a tèater vistii a fésta…

p 38

Questa é la realtá, nuda e cruda, e ci sono poeti che la fermano cosí, a braghe calate, coi cacciaviti rozzi della forma, come i quadri dei “pitocchi”, le ubriache di Degas nei bistrot parigini, le donne e gli uomini della vucciria; come i Malavoglia, la Lupa: gente che non passa mai di moda, insomma, e che ti porta a un’arte, sempre quella: il ritratto crudele e ordinato del proprio dolore.
Sono I RESISTENTI, i sempre presenti nella Storia, i sempre resistenti alla Storia. “Mi vedrete una volta sola. I poveri li avrete sempre”.

Lussemburgo 7/8 luglio

Sebastiano Aglieco


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