Magazine Astronomia

Luca Perri sulla cresta dell’onda gravitazionale

Creato il 15 febbraio 2016 da Media Inaf
Luca Perri alle selezioni di Famelab

Luca Perri alle selezioni di Famelab

Luca Perri è un giovane ricercatore dell’Università dell’Insubria, a Como, che sta conseguendo un dottorato in fisica e astrofisica presso una delle sedi dell’INAF dislocate nel milanese, l’Osservatorio astronomico di Merate. Diciamo subito che si tratta di una persona di cui già conoscevamo l’abilità nel comunicare concisamente la scienza, essendo stato il vincitore dell’edizione italiana 2015 del concorso Famelab (vedi l’articolo su Media INAF).

Negli ultimi giorni, Luca è diventato una star anche tra i frequentatori dei social network, almeno per le decine di migliaia di persone che hanno condiviso o messo mi piace al suo post su Facebook. Si tratta di una irresistibile spiegazione della recentissima scoperta delle onde gravitazionali, un preciso ma divertente excursus sulla caccia alla più inafferrabile tra le previsioni della relatività generale di Einstein. Una narrazione che regala un incipit – “Procederò con ordine e calma interiore.” – che è già diventato un classico nell’effimera e controvertibile letteratura del web; il racconto di un successo scientifico che si conclude con un inaspettato brindisi, al sapore tutto italiano di… cedrata. Abbiamo chiesto l’origine di tanto successo allo stesso Perri.

Come le è venuto in mente di scrivere questo post su Facebook?

«In realtà il post è nato come privato, cioè solo per i miei contatti Facebook, perché avevo visto sulla mia bacheca qualche contatto che se n’era uscito con le solite affermazioni del tipo “Vabbé, ma si spendono soldi per queste cose che non servono a nessuno, ma poi i bambini in Africa che fine fanno? Perché non investiamo i soldi in maniera migliore?”. Era una cosa che già mi aspettavo, perché avviene a ogni scoperta scientifica, ma questa volta queste lamentele erano numerose, visto l’impatto mediatico abbastanza importante che la scoperta delle onde gravitazionali ha avuto. Allora ho deciso di fare questo post privato, un po’ polemico, in modo tale da rispondere alle domande sul perché un certo argomento ci interessa.»

E poi cos’è successo?

«Alcuni miei colleghi che avevano letto il post – e che evidentemente avevano avuto lo stesso mio problema – mi hanno chiesto di renderlo pubblico, in modo tale da poterlo condividere. Io l’ho reso pubblico e poi, semplicemente, sono andato al cinema. Uscito dal cinema, tre ore dopo, ho acceso il cellulare e ho scoperto che il post era diventato virale, aveva 2500 like e 1500 condivisioni. Fatto assolutamente inaspettato: io pensavo di avere alcuni like da qualche fisico sparso, ma non certamente una cosa del genere. Comunque, ho più o meno ignorato la cosa, ho spento il cellulare e sono andato a dormire. Al mattino dopo, il mio profilo Facebook era al collasso, completamente intasato di notifiche. Ora (lunedì pomeriggio 15 febbraio) il post ha superato i 17 mila like e le 11 mila condivisioni.»

Quali effetti ha determinato il fatto che il post sia diventato virale?

«Mi hanno intervistato a Radio Popolare dove volevano parlare di onde gravitazionali; mi hanno invitato dicendomi che la spiegazione più utilizzata sui social era la mia. Tra l’altro, ritenendo divertente la loro citazione, mi ha contattato la Tassoni per dirmi che mi regalerà una fornitura di cedrata, detto comunque che la spiegazione gli era piaciuta molto. Mi rimangono qualche migliaio di richieste di amicizia su Facebook che dovrò vagliare e spulciare nei prossimi giorni.»

Ha notato qualcosa di particolare nei commenti dei lettori?

«Ho visto che molti hanno preso coscienza dell’importanza di questa scoperta. Molti hanno condiviso commentando “Oh, finalmente ho capito perché i fisici stanno esultando; e soprattutto ho capito quali sono le possibili ricadute per noi”, perché nel post elencavo ricadute della ricerca di base, che non erano nella mente degli scopritori, ma che poi alla fine oggigiorno utilizziamo tutti, a partire dai cellulari, al laser, ai satelliti, al GPS, e così via. E quindi ho visto che molta gente ha capito perché si può esultare per le onde gravitazionali e ha iniziato a esserne un po’ felice. Il lato positivo di questa viralità è che il post è stato condiviso talmente tante volte da arrivare a molta gente che originariamente non aveva minimamente colto l’importanza della scoperta, mentre adesso ha detto “Vabbé, ma se in fondo mi porta a queste ricadute, festeggio anch’io”.»

Il post descrive la scoperta delle onde gravitazionali in maniera molto divertente; secondo lei questa è stata una delle chiavi vincenti?

«Assolutamente sì. Parallelamente alla mia attività di ricerca, nel tempo libero mi occupo di divulgazione scientifica della fisica, e ho notato che finché si rimane chiari ma poco interattivi, o comunque troppo seri, la gente non ti segue fino in fondo. Sono poche le persone che sono disposte a leggersi un post così lungo se non le invogli anche stemperando un po’ il linguaggio. Io poi sono una persona che riesce a rimanere seria per molto poco tempo, quindi non è che ci penso troppo: l’ironia ce la metto sempre dentro in qualunque ambito. In ogni caso questa è un aspetto che in anni di divulgazione ho appurato: se la gente la riesci a far divertire, ti segue molto di più.»

Progetti per il futuro nell’ambito della divulgazione scientifica?

«Con un mio amico dottorando in matematica ho fondato un gruppo che si chiama Scienziati Squilibrati, che si propone di creare eventi, laboratori, conferenze, che siano un po’ spettacolo e un po’ laboratorio scientifico. L’idea è sempre quella di far divertire la gente e di farla riflettere su quel che si è fatto, che è poi sostanzialmente l’idea dei premi igNobel.»

Qual è il suo campo d’interesse scientifico specifico?

«Io lavoro sui telescopi Cherenkov, in particolare con la collaborazione Magic alle Canarie. Il progetto in cui sono impegnato ora è proprio un esempio di ricaduta tecnologica: un progetto per costruire dei telescopi Cherenkov che invece di esplorare lo spazio facciano tomografia dei vulcani, quindi mappe tridimensionali delle densità interne dei vulcani, in modo tale da monitorarne lo stato. Questo progetto, che è stato da poco approvato e finanziato, si farà sull’Etna [Ndr: ne abbiamo parlato qui su Media INAF], e questo è l’ambito su cui dovrei svolgere l’ultima parte del mio dottorato. È esattamente l’esempio di quelle ricadute tecnologiche della ricerca scientifica che all’inizio non sono immaginabili: si fa un telescopio, poi ci si accorge che i muoni – cioè le particelle che per quel telescopio sono rumore – possono servire per un’altra cosa; siccome quel telescopio vede benissimo quei muoni, allora perché non farne uno che guardi direttamente quelli e li sfrutti per monitorare un vulcano. Quello che era un problema in un ambito, diventa una soluzione in un altro.»

Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini


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