“Non sosterremo nessun partito che non tiene in debito conto, anche nelle candidature, il rispetto della dignità e della difesa degli interessi del Sud”. Per Marco Esposito, Assessore del Comune di Napoli e coordinatore dell’Aggregazione politica Unione Mediterrana, fondata a Napoli lo scorso mese di novembre, e per Nicola Manfredelli, Presidente di Lucania Viva, movimento lucano di rappresentanza e partecipazione che fa parte di Unione Mediterranea, è mortificante che nelle scelte e negli orientamenti che stanno assumendo i partiti nazionali per le candidature alla Camera e al Senato, prevalga, ancora una volta, la logica dell’imposizione centralistica di stampo settentrionale a discapito della realtà meridionale.
E’ evidente che il disegno che anche con queste elezioni si sta perpetuando è quello di un Sud che deve continuare ad essere subalterno e funzionale alle altre aree del paese, non solo economicamente ma anche politicamente, a partire dalle candidature e dalla futura composizione del Parlamento italiano.
L’ultimo esempio, dell’esclusione dei territori meridionali dalle provvidenze per le alluvioni del 2011, è la conferma che non si tratta soltanto di un cattivo vizio o abitudine a lasciarsi imporre tali decisioni, ma di una grave colpa dei partiti che hanno governato il paese negli ultimi decenni.
Se l’assenza di lavoro e la fuga dei cervelli è uno dei mali del Mezzogiorno, il quale spende per formare i propri figli e poi li vede partire con il proprio bagaglio di conoscenze, si assiste di recente però a un fenomeno inverso, con la migrazione da Nord verso Sud di cervelli… politici.
Se si scorre infatti l’elenco dei dodici capilista del Pd alla Camera e al Senato nelle regioni del Sud si scopre che ben la metà di questi è un politico nato e cresciuto al Centronord ma che ha tanta, ma proprio tanta, voglia di lavorare per il bene dell’Italia Mediterranea. Il fenomeno per ora è reso evidente dal Partito democratico, tuttavia potrebbe riguardare anche altre liste di… collocamento.
Il viaggio della speranza più lungo tocca a Flavia Fardelli, che dal Trentino è costretta a emigrare in Sicilia per l’ardua missione di capolista Pd a Catania. Duro lo sradicamento per Emma Fattorini, costretta dalla Romagna a spostarsi in terra lucana. Del resto una sorte analoga è toccata a Per Luigi Bersani, costretto a presidiare dall’Emilia la Sicilia. E che dire di Rosy Bindi, che dalla Toscana è dovuta emigrare in Calabria, ripercorrendo le gesta di chi prima del 1860 si spostava dai terreni poveri dell’appennino toscano verso le floride (all’epoca) foreste calabre. Una sorte meno dura è toccata a Enrico Letta, che pur dovendo, come la Bindi, abbandonare la Toscana ha trovato riparo in Campania. Il viaggio più breve tocca a Guglielmo Epifani, che da Roma si sposta a Napoli. Una bazzecola.
Chissà perché però a nessun meridionale riesce il percorso inverso.
In Lombardia, terra d’emigranti, su quattro capilista ci sono tre lombardi e l’emiliano Pier Luigi Bersani. In Piemonte ci sono due piemontesi e un ligure. In Liguria due liguri. In Emilia Romagna due emiliano-romagnoli. In Veneto tre Veneti. Risultato: al Nord sono capilista 14 persone del Nord su 14. Il 100%. Al Sud su dodici capilista sei sono del Centronord e sei del Sud: 50 e 50.
Solo un caso? O è la solita proporzione: quel che va bene al Nord, da noi si riduce alla metà.
In altri tempi la terra di nascita e di formazione di un candidato sarebbe stata soltanto una curiosità statistica. Adesso sappiamo che dietro quella che potrebbe sembrare una colonizzazione c’è esattamente la volontà di continuare a colonizzare.
Pino Aprile nei suoi libri si è chiesto più volte per quanto tempo avremo ancora capacità di sopportare. Adesso sentiamo che il tempo di subire è finito. Mò basta! Stavolta votiamo Mediterraneo.
Unione Mediterranea – Lucania Viva