I Contenuti
“A volte nei posti piccoli la vita diventa più grande”, a volte la lontananza dal rumore del mondo ci apre al richiamo del cuore, dei sensi, dei sogni. È questo intenso sentire a erompere dalla vita di un paesino di quattrocento anime della campagna islandese, dove la luce infinita dell’estate fa venir voglia di scoperchiare le case e la notte eterna dell’inverno accende la magia delle stelle. Un microcosmo che è come una lente di ingrandimento sull’eterna partita tra i desideri umani e le trame del destino, tra i limiti della realtà e le ali dell’immaginazione. Il direttore del Maglificio che per decifrare la frase di un sogno si immerge nel latino e nell’astronomia fino ad abbandonare tutto per i segreti dell’universo, la postina avida di vita che legge ogni lettera per poi rendere pubblici i più piccanti affari privati dei compaesani, l’avvocato che crede che il mondo si regga sul calcolo ma poi scopre che non può contare i pesci nel mare né le sue lacrime. Ogni sentiero dell’animo umano sembra trovare spazio in un caleidoscopio di storie che abbraccia le pulsioni più torbide e i sentimenti più puri, il palpito dell’unica estate vissuta dagli agnelli prima di finire al macello e il brivido di un rudere che risveglia i fantasmi, o il bisogno di mistero che è nell’uomo. Combinando l’incanto della poesia e un umorismo implacabile ma pieno di tenerezza per le debolezze umane, Stefánsson cerca una risposta alla domanda “Perché viviamo?” e la insegue immergendoci nel fiume in piena della vita. Ogni storia è un mondo sospeso tra la terra e il cielo, come un mito universale, una parabola dell’esistenza, ogni pagina è una rivelazione che ci tocca nel profondo e ci stupisce, ci fa ridere, piangere, arrossire, sognare.
La Recensione
Ho conosciuto Stefansson con un suo più recente lavoro, Paradiso e Inferno: dietro la violenta contrapposizione degli scenari di una terra estrema, quale l'Islanda, una storia bellissima e una scrittura tra poesia e flusso di coscienza, tra realismo e introspezione. Faccio questa premessa perché il libro che mi accingo a recensire è anteriore al capolavoro che mi ha fatto conoscere il suo autore, e inevitabilmente mi è sembrato, anche se di molto poco, inferiore; inevitabilmente ho letto tra le righe, cogliendo i movimenti di un autore ancora in cerca di un proprio spazio, una propria dimensione stilistica e non solo.
C'è qualcosa di joyciano in Stefansson, l'ho sempre percepito. Ora più che mai. In questo libro, che altro non è che un mosaico di racconti intersecati, c'è qualcosa di fortemente joyciano, al punto che mi verrebbe da ribattezzarlo Gente d'Islanda. E si potrebbe poi concludere semplicistamente che tutto il mondo è paese, conclusione affatto lontana dalle intenzioni dell'autore. Un piccolo villagio anonimo di quattrocento anime, persone comuni, ognuna con la sua dignitosa storia. Tutti, per Stefansson, hanno qualcosa da raccontare, nessuno escluso. Tutto meno che dei semplici caratteri, i personaggi di Stefansson sono capaci di far diventare un'isola remota, ai confini del mondo, privilegiato palcoscenico della recita umana; oppure, a voler cambiare metafora, l'Islanda diventa atlante, mappa stellare, come quelle studiate dall'Astronomo, che abbandona tutte le sicurezze della sua vita per dedicarsi allo studio dell'astronomia e del latino, come se il Senso si celi solo nell'irraggiungibile. Quella di Stefansson è una vita che si eleva nello scontro costante con l'universo e il suo senso feroce di smarrimento: di questo scontro i racconti e i loro personaggi rappresentano infinite declinazioni e sfumature, tutti accomunati dal "vagare disorientati tra i labirintici sentieri dell'animo umano".
Un mosaico vivente, questa raccolta di racconti, che alle contrapposizioni tematiche più care all'autore (ghiaccio e fuoco, luce e buio) aggiunge quella tra dinamismo e staticità: il dinamismo ambivalente della vita, le frenetiche passioni che travolgono i personaggi, che amano, tradiscono, fuggono, ritornano, e l'immobilità eterna e rassicurante di una terra fidata "dove ogni cosa sta al proprio posto, le rocce si immergono nell'acqua e poi tornano in superficie a respirare". Un mosaico di storie che con il suo vissuto si pone quasi come coscienza collettiva, amplificata dal mutevole narratore in prima persona plurale, un "noi" collettivo che a volte cede il posto a un narratore singolare, sempre ambivalente, ora è la voce di un personaggio silente, ora sembra quasi l'autore stesso. Ed è solo uno dei tanti indizi di una ricerca stilistica ed espressiva ancora in divenire, che si agita in un realismo piano e pacato e che proprio per questo ricorda il Joyce di Gente di Dublino. Stefansson non è ancora approdato al lirismo estremo della sua successiva trilogia, cerca ancora un compromesso tra realismo e introspezione, a volte ci scappa un flusso di coscienza, ma senza alcuno stravolgimento ortografico, mentre i dialoghi sono liberi, fusi nella narrazione, a volte non sai nemmeno se c'è qualcuno che parla oppure sta pensando, ma che importa?, tutti conoscono tutti, sembra quasi si leggano nel pensiero, eppure nonostante ciò si capiscono poco.
A motivare il mio giudizio non pieno, oltre a quella inferiorità stilistica ed espressiva già ricordata, un senso di opprimente confusione che sovrasta i racconti: se c'è un'architettura perfetta tra i racconti, si nasconde bene, perché al lettore sembrano susseguirsi senza un preciso criterio. Spesso di una vicenda vengono mostrati, a distanza, differenti punti di vista, oppure accade che una vicenda, incontrata di passaggio in un racconto, venga conclusa molto più avanti: perdere il filo è facile, i nomi islandesi non aiutano, e alla fine rimane anche l'impressione di una certa ridondanza; effetto collaterale forse inevitabile di una narrazione audace.
Non si credi sia poco per far parlare di genio e di capolavoro. A parlare è un lettore che è già rimasto folgorato dalla voce silenziosa di questo autore che viene dall'Islanda. Non posso far a meno di consigliarne vivamente la lettura, nella speranza che a Jón Kalman Stefánsson venga riconosciuto il posto che gli spetta tra i massimi scrittori viventi.
Giudizio: +4stelle+
Articolo di Tancredi
Dettagli del libro
- Titolo: Luce d'estate, ed è subito notte
- Titolo originale: Sumarljós og svo kemur nóttin
- Autore: Jón Kalman Stefánsson
- Traduttore: S. Cosimini
- Editore: Iperborea
- Data di Pubblicazione: 2013
- Collana: Narrativa
- ISBN-13: 9788870915174
- Pagine: 304
- Formato - Prezzo: Brossura - 16,00 Euro