Nel 1989 apre ad Atene, dove tuttora risiede, uno studio con il socio Panagiota Davladi, partecipa a rinomati concorsi internazionali e riceve prestigiosi riconoscimenti. Dal 1994 disegna per la nota azienda mobiliera Giorgetti. In questi giorni le sue opere sono esposte, in esclusiva nazionale, al MAT – Museo dell’Alto Tavoliere di San Severo (FG) in una mostra intitolata The Light & Soul of an Object, primo evento della rassegna “Luce e ombra tra materia e leggerezza”. Il visitatore viene immediatamente rapito dalla serena luminosità, dalle proporzioni, dal “silenzio” di questi oggetti che, in virtù di un paradosso, non sono stati fatti e neppure creati. L’artista ne ha incontrato l’anima, in una sorta di epifania, e ha sentito quasi il dovere morale di renderla visibile disegnandone la forma. Tale forma non è distinta dall’essenza, non è “altro dalla sostanza”.
L’oggetto è ciò che appare e interpreta da un’altra prospettiva la talvolta complessa compatibilità tra artigianato, tradizione e innovazione. Sui concetti di comfort e funzionalità aleggia lo spirito zen con quella sua rinuncia a ogni qualsivoglia elemento ridondante e l’aspirazione alla conoscenza e alla consapevolezza. «I divani – ammette a tal proposito Chi Wing Lo – sono i più difficili da realizzare perché, essendo morbidi, perdono la loro forma e perdendo la loro forma, perdono la loro anima». L’inclinazione intimista della sua arte si svela in particolare nella linea delle aperture, delle ante e dei cassetti, a cui viene dedicata grande attenzione. Esse sono come una porta aperta dalla quale ci si aspetta qualcosa, forse un mondo diverso da quello che è fuori, uno spazio che sappiamo riservato solo a noi, un angolo nascosto in cui andare a rifugiarsi con tutto quello che ci appartiene.
Siamo lontani da quel design che, all’inizio della sua storia, ebbe il compito, a volte ingrato, di conciliare i modi della produzione industriale con le distinte esigenze delle arti applicate e un po’ anche da quello successivo, caratterizzato da poetiche personali o collettive e dalle loro relazioni. Qui siamo di fronte a opere introspettive, legate all’emozione più che all’elaborazione intellettuale. I principi che l’artista afferma di seguire sono quelli dettatigli dalla sua stessa sensibilità, primo fra tutti la precisione che sola può permettere all’oggetto di sfidare il tempo e di essere credibile. Chi Wing Lo vede nel design l’arte del “senza tempo”, l’arte della valenza universale, che non può e non deve seguire i dettami della moda.
Nel momento in cui un oggetto gli “si rivela” chiedendogli la forma, la domanda che egli si pone è dove questo può essere trovato, in quale luogo, in quale spazio, in quale tempo. La risposta è che esso deve esserci familiare pur non avendolo mai visto e, insieme, non riconducibile né al passato, né al presente e né al futuro, pur avendolo già visto. Creazioni straordinarie, dunque, quelle di Chi Wing Lo, che con ogni diritto varcano le soglie dei musei ma nelle quali bellezza e interiorità si accompagnano alla più rigorosa praticità affinché utilizzo materiale e beneficio spirituale camminino di pari passo.