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Luce Irigaray

Da Elena
Luce IrigarayE’ una filosofa, psicoanalista e linguista belga ed è direttrice di ricerca al Cnrs di Parigi.
Nasce a Blaton (Belgio) il 3 maggio 1930. Studia filosofia presso l'Università di Lovanio e si laurea nel 1955. Nel 1961 riceve una laurea in psicologia presso l'Università di Parigi e nel 1962 il Diploma di psicopatologia. Nel 1969 analizza Antoniette Fouque, una leader femminista dell'epoca. Il legame con il movimento delle donne è stato un punto di svolta nel suo percorso di studi. Nel 1974 pubblica la sua tesi di dottorato Speculum, de l’autre femme dove critica con pungente ironia il pensiero di Freud sulla sessualità femminile. Questo libro che provoca molte polemiche, la porta alla sospensione dall’incarico di insegnante presso l’università di Vincennes.
In Speculum. L’altra donna Irigaray denuncia le teorie di Freud perché studiano lo sviluppo psicosessuale della donna solo in riferimento a quella universale maschile.
“Il femminile è sempre descritto come un difetto, un’atrofia, rovescio dell’unico sesso che monopolizza il valore: il sesso maschile”.
In questa opera denuncia il fatto che la società occidentale è sempre stata imperniata delle concezioni platoniche del soggetto unico (Dio, l’Assoluto, l’Io - “Il naturale è costituito almeno di due: maschile e femminile. Si è sempre pensato l’universale a partire dall’uno, ma l’uno non esiste.” Irigaray L, 1991). Conseguentemente la cultura focalizza come unico e vero il modello maschile dimenticandosi quasi totalmente della valorizzazione di quello femminile. Le teorie di Freud e quindi la psicoanalisi in generale infatti, influenzate da una cultura prettamente maschilista, interpretano la condizione femminile come una mancanza rispetto quella maschile (la donna scopre di non avere il pene e cerca di ottenere il sesso maschile).
“Freud descrive una situazione di fatto. Egli non inventa una sessualità femminile [...] accetta come norma la sessualità femminile quale si presenta a lui [...] interpreta le sofferenze, i sintomi, le insoddisfazioni delle donne in funzione della loro storia individuale senza interrogare il rapporto che c’è tra la loro patologia ed un certo stato della società, della cultura.” (Luce Irigaray, 1978).
Irigaray ritiene che né l’uomo né la donna possono rappresentare la totalità della natura, spiega infatti che la donna ha un differente sviluppo sessuale autonomo rispetto l’uomo e che necessita di un linguaggio che lo determini. E’ necessario quindi riprendere il discorso filosofico per creare una doppia dialettica che permetta una vera relazione fra i sessi per mezzo della creazione di una dialettica femminile che tenga conto della donna, della sua natura e della sua cultura. La donna infatti non ha ancora creato un’identità culturale che la rappresenti totalmente, un proprio universo simbolico. E’ nel linguaggio che si riflette il dominio maschile, un linguaggio inventato e modificato dal maschio secondo cui esiste l’universale maschile e il particolare femminile. La chiave di svolta è rivedere il rapporto tra madre e figlia dal complesso di edipo fino al superamento perché la bambina si affermi e acquisisca personalità; la relazione materna è il luogo di partenza su cui costruire una cultura femminile, creare una sintassi femminile che aiuti le donne a dialogare tra loro con propri vocaboli e significati così da rovesciare completamente il modello femminile della società patriarcale e sostituirlo con un femminile vero: L’ALTRA DONNA. Le donne devono ritrovare se stesse e la loro dimensione attraverso un percorso che Irigaray comincia nell’opera di Speculum e continua nelle opere successive. Un risultato sarebbe una doppia interpretazione della realtà dove il genere maschile e femminile abbiano il loro spazio inviolabile da rispettare.
Sempre in contrapposizione con le teorie della psicoanalisi secondo Luce il primo amore che provano le donne è femminile come lo è il corpo con cui si relazionano sin dalla nascita ed esse sono sempre in relazione arcaica con l’omosessualità a differenza degli uomini. Questo amore tra donne è sempre stato silenziato, ecco perché si parla di matricidio originario, “rimozione culturale del rapporto con la madre”. Ricostruendo l’esperienza relazionale originaria con la madre si può cominciare a decostruire l’ordine patriarcale e andare oltre per arrivare a costruire un linguaggio che rappresenti la donna, linguaggio di cui tutt’ora ne è sprovvista.
Un altro punto di partenza è la “pratica del partire da sé”, quindi autosignificarsi e attribuire valori rispetto la propria soggettività, le differenze sessuali, individuali, senza vincoli precostituiti che impediscono un’indipendenza simbolica femminile naturale, che non si limita però ai ruoli prettamente riproduttivi cui è sempre stata relegata dalla società patriarcale ma che riconosca una bivalenza maschile - femminile dello sviluppo (pedagogia della differenza sessuale).
L’isteria che fu il primo oggetto di analisi per la teoria dell’inconscio è per Irigaray il sintomo della donna che nella società maschile non trova i mezzi e i simboli del suo vissuto, della sua vita, dei suoi bisogni, la sua differenza femminile è oppressa per l’universale maschile.
Irigaray non critica solamente la psicoanalisi, ma anche la scienza, monopolio maschile che non ammetteva autorità femminili in grado di operare con un’ottica differente e quindi arricchire la disciplina. Pure la tecnologia non era esente da critiche.
Il pensiero differenzialista è stato a sua volta oggetto di diverse critiche tra cui l’accusa di un’eccessiva enfasi sulla differenza tra sessi che dava l’immagine della donna quasi completamente distaccata dalla realtà. Rimane il fatto che ha realizzato una teoria dualistica mai pensata prima al fine di valorizzare l’identità femminile al di là dell’ottica maschile.
Differenze con l’egualitarismo femminista di Simone de Beauvoir
Naturalmente le teorie del pensiero della differenza (o differenzialismo femminista) di Luce Irigaray si vanno a scontrare con quelle di un altro grandissimo personaggio simbolo del femminismo: Simone De Beauvoir, esponente del femminismo dell’uguaglianza (o egualitarismo femminista). Irigaray sottolinea l’errore della De Beauvoir che ha voluto cercare uguaglianza della donna col modello maschile di riferimento riconoscendolo quindi come modello da imitare e raggiungere. Insomma l’egualitarismo sarebbe stato un “portatore di finta libertà” che insegue i diritti paritari maschili. Infatti il femminismo universalista rifiuta l’idea che la donna abbia una natura differente, specifica e che sia portatrice di valori nuovi rispetto alla cultura maschile. Simone De Beauvoir riteneva che quella femminile fosse un’espressione culturale inferiore per la condizione di oppressione cui è sempre stata vittima, destinata a scomparire con l’emancipazione.
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