Patrick Poini
Triestino ma nato ad Albenga il 9 gennaio 1981.
A due anni perde la mamma. Passa l’infanzia tra la Liguria e Trieste, poi si trasferisce con il padre e la sorella a Livorno. Già in quegli anni scrive per il giornale locale. Sui banchi del liceo inizia a scrivere Luce opaca. A venti anni il cancro si porta via il papà. Va a vivere da solo e fa il factotum. Nel 2004 si sposta a Pisa e si iscrive alla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Ateneo cittadino. Nel 2008 diventa papà di Melissa, si stanzia in Versilia ed è assunto nella redazione di Reteversilia News e Radio Versilia dove lavora tutt’oggi.
Vive a Viareggio con la sua gatta Settembrina.
Autore: Patrick Poini
Serie: //
Edito da: Giovane Holden (collana: Battitore Libero)
Prezzo: 4,99 € – ebook / 13,00 € – cartaceo
Genere: Narrativa Italiana
Pagine: 72 p.
Voto:
Trama: Un ragazzo affetto da narcolessia passa le giornate rinchiuso nella sua camera-cassonetto, circondato da vestiti sporchi, plettri consunti, resti di pasti e bocconi di pensieri avariati. Rigorosamente al buio. Finché nella sua vita appare Luce, nomen-omen, ragazza del piano di sopra che ascolta da tempo ammaliata le note della sua chitarra e decide di svegliare Corrado da quella sorta di letargo. Ma entrambi i ragazzi sono universi complessi e insondabili, deserti di passate sofferenze che tardano a fiorire: il padre assente, la signorina Sesso Libero come caricatura di madre, un patrigno avvocato perennemente incravattato, e quell’uomo che ha straziato l’infanzia di lei, in una notte di lenzuola rosse e valigie da preparare in fretta e furia. Ecco che la fuga diviene la sola possibile salvezza: che sia nel buio del sonno, nel sogno, nella musica e nella poesia. Ma la scrittura deve rinnovarsi, occorre redigere il manifesto di una nuova corrente: il non-fisionomismo. Perché siamo personaggi senza occhi né bocca e il colore dei capelli dobbiamo scegliercelo da soli, in un estremo atto di rinnovata volontà. Una finestra sull’amore dai contorni onirici, una storia agrodolce dal finale aperto e inaspettato, che con un filo di malinconia vi condurrà nel profondo dell’animo umano, laddove un barbaglio di luce, seppure opaca, vale mille raggi di sole.
Recensione
di Kristina
“…Fonderei una corrente e la chiamerei non-fisionomismo.
Non è un’idea di adesso, aspetta,”
Corrado fruga nella tasca e trova, “eccolo, ho anche iniziato il
Manifesto: Nei nostri scritti non importa se gli occhi sono blu o
verdi, ma se sono brutti o belli, allegri o tristi. Non importa se i
capelli sono biondi o neri, ma se sono unti o puliti, spettinati o
pettinati. Non è importante l’altezza o la bassezza fisica del personaggio,
ma l’altezza o la bassezza morale. Non è importante se il
semaforo è rosso o verde, ma sapere se passare. Non è importante se
la casa dove il personaggio deve dirigersi è vicino alla più grande
costruzione della città, egli può non farci caso, anche se sono anni
che ci sbatte il naso.”
Non so se esistono libri di questo genere ma se dovessi definire Luce opaca con un’unica parola userei “astratto”. Mi sono sentita un po’ stranita, come quella volta che ho letto Anna Maria Ortese. È un libro infatti anticonvenzionale, con uno stile altrettanto strano ma per qualche illogica ragione, detto da una persona con gusti alquanto tradizionali, mi è piaciuto.
Già dal primo capitolo avevo catalogato la storia come assurda, cruda e a volte anche un tantino volgare, ma mi sono ritrovata a leggere e leggere e leggere. Nonostante tutti gli impegni ho continuato a farlo fino a quando non mi sono ritrovata all’ultima pagina. Mi sono isolata dal mondo e sono finita catapultata in un universo contorto con personaggi e situazioni quasi folli.
Nonostante la brevità del libro, che potremmo chiamare, anche se erroneamente, racconto breve, perché in fondo è composto da sole 72 pagine, alla storia non sembra mancare niente: non ci sono parti che andrebbero sviluppate meglio, non ci sono personaggi piatti o banali. La storia è, infatti, originale sia per quanto riguarda il tema trattato sia per il finale che ci lascia piacevolmente confusi e sorpresi; e non dimentichiamoci lo stile quasi irreale.
La storia, a mio avviso, ci spinge quasi con violenza nei meandri dell’animo umano. Ogni pagina è invasa da sentimenti rabbiosi e brutali. Più che un libro, Luce opaca diventa un manifesto della libertà, del non conformarsi, di non adeguarsi alla vita e ai comportamenti imposti dalla società e nello stesso tempo, in modo sottile, la storia affronta un altro tema importante, ovvero quello del dolore.
Domani arriverò dove stai riposando
sono nell’abisso dell’incomprensione
ma sto ridendo perché non sono come loro
dammi la chiave per trovare il tempo
dammi un aiuto e troverò il tempo
sono debole
mi sto addormentando
me ne sto andando caro nemico
me ne andrò stanotte. (Aprile)
È il finale che stravolge l’intera storia. Durante la lettura del libro, infatti, in più di un’occasione mi sono convinta di aver capito il finale, ma quello che ho letto è andato oltre la mia immaginazione. Certo, è un finale triste, ma perfetto per completare questo piccolo capolavoro irreale, rendendolo quasi un sogno.
La mia più grande preoccupazione è quella di non aver capito pienamente lo scrittore. Leggere questo libro è stato come leggere una poesia: molto spesso quello che l’autore vuole comunicarci è diverso da quello che noi pensiamo di aver compreso. Perché vi sto dicendo questo? Perché non sono sicura se questa è la giusta recensione. Non sono sicura di aver colto tutte quelle piccole sfumature della storia.
Se vi consiglio questo libro? Credo che Luce opaca potrebbe non piacere a tutti, ma personalmente sono rimasta colpita sia dalla storia che dalla bravura di questo scrittore che a mio dire bisogna tenere d’occhio. Nel frattempo attenderò la sua prossima opera…con molta impazienza!