LUCE ROSSA.
LA NASCITA E LE PRIME FASI DEL CINEMA PORNOGRAFICO IN ITALIA.
A cura di Franco Grattarola e Andrea Napoli
E’ stato pubblicato dalla Iacobelli Editori il volume Luce Rossa. La nascita e le prime fasi del cinema pornografico in Italia a cura di Franco Grattarola e Andrea Napoli. Sicuramente un libro del genere all’appello editoriale italiano mancava. Così dettagliato e così deciso a coprire, anche storicamente, quello che è stato un periodo dell’industria del cinema italiano, il periodo del cinema a luci rosse. Dalla quarta di copertina del libro di Franco Grattarola ed Andrea Napoli leggiamo: “prima del sesso senza frontiere consumato su Internet, prima del divismo di Cicciolina, Moana Pozzi e Rocco Siffredi, prima della diffusione di massa delle videocassette hard tra la fine degli anni settanta ed i primi anni ottanta è nato e si è sviluppato in Italia un cinema a luci rosse perennemente in bilico tra clandestinità e liberalizzazione, povero e sgangherato ma non sempre ignobile, popolato da attori spesso improvvisati, produttori di pochi scrupoli e cineasti provenienti perlopiù dai ranghi del cinema tradizionale”.
E’ chiaro che il fenomeno delle pellicole a luci rosse nel momento di maggiore espansione era ascrivibile solo alla grammatica della logica industriale del cinema e questa nota di copertina la dice molto e benissimo sul periodo e sui motivi. I titoli in realtà non erano degni di vera nota critica, i film quasi nella loro interezza erano spesso proprio brutti e Grattarola e Napoli di questo ne sono consapevoli. Quello che riscatta il libro però è senz’altro la ricerca approfondita operata dai due autori, la consultazione di archivi deputati, di vecchi giornali, di permessi, di date di inizio lavori ricavate dal Ministero cooperano certamente in maniera degna alla ricomposizione di un quadro, di un tessuto, ci restituisce finanche una documentazione netta del periodo preso in esame. Il lavoro di Grattarola e Napoli inizia nel lontano 2003, quindi ben undici anni fa, con la pubblicazione di nove articoli sull’argomento luci rosse, una sorta di mini dossier e di analisi anche di costume andate in stampa sulla rivista Blue, coraggiosa testata creata dal benemerito editore Francesco Coniglio. Il periodo storico preso in esame nel poderoso libro conta ben cinquecento pagine, arriva fino al 1984, più o meno l’arco di un decennio scarso, da quando cioè il fenomeno delle luci rosse esplode nelle sale italiane, il 1977, e lo dominerà per un periodo di quasi dieci anni, appunto fino al 1984. Praticamente il periodo preso in esame da Grattarola e Napoli si riferisce all’ hard storico, quello cioè realizzato su pellicola e destinato piuttosto alle sale. Dopo questa data infatti scatterà nel mercato e si affermerà piuttosto velocemente il fenomeno dell’home video, le prime videocassette porno cioè, che domineranno quel mercato fino ai primi anni novanta.
Per il pubblico appassionato diventerà infatti molto più comodo affittare o comperare una cassetta e vederla in casa piuttosto che consumare la pellicola in una sala pubblica, che nel frattempo, proprio da quella data in poi, diventeranno sempre più circoscritte e malandate, dedite in effetti, soprattutto ed ormai, a scambi umani promiscui, anche ricattatori o prostituenti. Ora, sopraggiunto il fenomeno Internet, il mercato del porno è rivolto soprattutto in questi termini. Il libro come abbiamo detto ha un suo enorme fascino, da leggersi anche nell’apologia storica del taglio offerto dagli autori; non dimentichiamoci che Grattarola e Napoli provengono da studi ferrei sul settore cinema: Grattarola è studioso di storia del cinema, della televisione, del costume ed ha pubblicato, tra gli altri, libri quali Pasolini, una vita violenta, Coniglio Editori e, con la collaborazione di Matteo Norcini, un bellissimo volume dedicato a Bud Spencer, appunto Continuarono a chiamarlo Bud Spencer della Struwwelpeter Edizioni; Napoli invece è storico della filosofia moderna ed è studioso di storia del cinema, di storia della critica italiana e del cinema di genere, nonché collaboratore di riviste del settore quali Nocturno, Cine 70 e dintorni, Blue. Andrea Napoli poi proprio su Nocturno ha ideato e tenuto per alcuni anni la rubrica Italia X, dedicata alle prime stagioni del cinema pornografico italiano.
Il libro di Grattarola e Napoli, in fondo, cerca di operare quella che rimane una storicizzazione del cinema hard-core italiano e lo fa utilizzando una fonte primaria che è, e resta secondo noi sempre quella essenziale, costituita cioè dagli stessi film. Un procedimento che comporterà agli autori una visione quasi ininterrotta di film sull’argomento. Un altro metodo usato dagli autori è stata la consultazione “a questurino”, come direbbe Marco Giusti, della pubblicistica esistente. Ricerche estenuanti e millimetriche attraverso la stampa quotidiana del periodo, quella di settore, quella locale e nazionale. Le difficoltà concrete del lavoro sono venute, invece, come ci ha spiegato Grattarola, dal metodo orale, quello cioè delle interviste a voce con i protagonisti. Perché pochissimi si sono lasciti avvicinare. Gli autori citano così questa difficoltà incontrata: “la stagione inaugurale del cinema pornografico italiano è tuttora avvolta in una sorta di congiura del silenzio, ed in qualche caso di una vera e propria omertà. Alcuni protagonisti di quelle vicende, da noi rintracciati e contattati, si sono tassativamente sottratti a qualsiasi forma di comunicazione, altri – che pure avevano accettato di essere interpellati sulla propria attività cinematografica – hanno interrotto i contatti e rifiutato ogni collaborazione non appena il discorso si è indirizzato sui loro trascorsi a luce rossa; altri ancora hanno chiesto l’anonimato per evitare di venire pubblicamente associati a quei lontano eventi del loro passato”.
In poche parole la disponibilità degli attori, ma soprattutto delle attrici, non è stata così sentita e partecipata. Le attrici riuscite a contattare pare siano state soltanto due, Monica Nickel, alla quale gli autori riusciranno a strappare una intervista minima via mail, e Guia Lauri Filzi, che rilascerà una intervista altrettanto minima al telefono. La disponibilità maggiore, anche se non propriamente massiccia, pare sia venuta dagli attori maschi (ed il segnale rimane secondo noi molto indicativo) Mark Shanon, Brunello Chiodetti, Leonello Pettinato. Ma restano importantissime per la grammatica del testo anche le testimonianze di altre personalità che hanno avuto ruoli diversi nel contesto, ad esempio, di Elena Fusco Sicilia, che fu aiuto e compagna del regista Angelo Pannacciò o di Donatella Donati, da sempre socia storica del regista Aristide Massaccesi, autore che firmava le sue numerose pellicole hard con lo pseudonimo di Joe D’Amato. Insomma, anche a detta degli autori le testimonianze varie sono rimaste un numero indicativo per centrare il fenomeno.
Ha spiegato Franco Grattarola: “la tesi di fondo del nostro studio è anche che il cinema pornografico ha storicamente rappresentato in Italia l’ultima frontiera del cosiddetto “cinema di genere”, vale a dire quella produzione seriale che ha caratterizzato ed alimentato l’industria cinematografica italiana soprattutto nel corso degli anni sessanta e settanta, e che si trovava in procinto di venire annientato dalla crisi senza ritorno dell’esercizio tradizionale, innescata nella seconda metà del decennio dall’avvento delle televisioni private. Il porno come “ultimo genere” della nostra cinematografia è una tesi che abbiamo cercato di argomentare documentando la continuità tra le forze produttive, registiche ed attoriali attive nell’industria cinematografica dei generi ed in quella della nascenti luci rosse”.
Ora nel contesto del lavoro di Grattarola e Napoli portiamo un nostro personale contributo a sostegno della recensione, l’intervista al regista Sergio Bergonzelli, effettuata nel suo studio di via Pisa a Roma nell’estate del 1987, proprio nel pieno del fenomeno delle luci rosse nelle sale italiane. Anche per Sergio Bergonzelli, ricordiamo, il fenomeno era tale e da vedere assolutamente come ad un rinnovato tentativo di imporre e seguire il genere nel contesto del cinema italiano in qualche maniera. Ci aveva confessato Sergio Bergonzelli, “il cinema porno in questo momento (era il 1987 n.d.r) serve addirittura per tenere in piedi un mestiere che altrimenti potrebbe sparire”. Grattarola e Napoli nel loro testo denunciano anche che, in fondo, il genere del cinema hard in Italia, al contrario di altri paesi, è rimasto un fenomeno condiviso, in larghissima parte, solo dal pubblico di sesso maschile. In proposito Sergio Bergonzelli diceva: “le donne italiane di questi film si vergognano. Anche perché, diciamolo pure, sono in larga parte film disgustosi, ripugnanti. Sono cose intime riportate enormi sullo schermo, in primo piano. Realizzate così danno solo fastidio alle persone interamente equilibrate.”. Dice Franco Grattarola, a proposito dell’hard realizzato da Sergio Bergonzelli: “il cinema a luci rosse fatto da Bergonzelli ha un grande merito rispetto agli altri: è riconoscibile. Si nota da parte del regista l’impegno di dare ai quei film una nota, in qualche caso d’autore, un’attrazione, una pennellata quasi da artista”. Sergio Bergonzelli arrivava al cinema porno da un percorso fondamentale, quello dei generi vitali dell’industria del cinema, quali l’avventuroso, il western, l’erotismo non a luci rosse. Quest’ultimo genere aveva prodotto nel periodo film quali La chiave, 1983, di Tinto Brass o Una donna allo specchio, 1984, di Paolo Quaregna, pellicole tra l’altro molto apprezzate anche dal pubblico femminile,
Giovanni Berardi