Lucette Destouches, Véronique Robert, Céline segreto, trad. Di Maruzza Loria, a cura di Francesco Piga, Lantana ed., 2012, pp.140, € 14,50.
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di Francesco Sasso
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Libro interessante e bello questo su Céline scritto da Lucette Destouches e Véronique Robert, pubblicato da Lantana. Per chi non lo sapesse, Lucette Destouches è l’ultima moglie dello scrittore francese: chi meglio di lei può raccontarci il Céline privato? Lucette Destouches nasce nel 1912, promettente ballerina e poi insegnante di danza, sposa Céline nel 1943. Dopo un breve periodo trascorso a Parigi e le tragiche peregrinazioni in Germania e in Danimarca, i due coniugi tornano in Francia nel 1951 a Meudon, dove vivono in completa solitudine. Lucette Destouches ha quasi novant’anni quando una sua allieva, Véronique Robert, decide di trascrivere i loro colloqui.
Il libro esordisce così:
«Dalla morte di Louis, la vita non mi interessa più. È come se con lui avessi nuotato in un fiume puro e trasparente, e adesso senza di lui mi ritrovassi in un’acqua sporca e fangosa. Siamo stati solo noi due e nessun altro per venticinque anni. Lui mi proteggeva da tutto e io gli ho dato tutto. […] Era la storia di Céline, non la mia, ma da questa vita io sono uscita bruciata» (p.13)
Il libro inizia con l’evocazione dell’infanzia e dell’adolescenza di Lucette Destouches, del rapporto con la madre, dell’amore per la danza e di come ha conosciuto Céline. Prosegue con gli eventi tragici della guerra e dell’occupazione per poi evocare l’incubo della fuga dalla Francia e della prigionia di Céline. Capitolo a parte la vita a Meudon tra animali d’ogni specie, l’indigenza e la “morte in vita” di Céline:
«Con lui non cercavo la felicità, aspiravo semplicemente a renderlo meno infelice. […] Era un essere disperato, di un pessimismo totale che nello stesso tempo ci dava una forza incredibile. C’era in lui un’intensità nella tristezza che tutti sfuggivano. […] Era un sentimentale, un feticista che conservava tutto, anche la vecchia pentola di sua madre. Ho impiegato venticinque anni a conoscerlo. È più facile da capire che da spiegare, perché la maggior parte delle volte lui diceva il contrario di quel che pensava. Non voleva mostrare la sua tenerezza, allora aggrediva anche me, è stato orribile» (p.33-34).
L’autobiografia di Lucette Destouches non segue i moduli rigidi della biografia, ha un andamento “sentimentale”. Epperò, in esso troviamo notizie sulla famiglia, l’educazione, la giovinezza e la vecchiaia della protagonista, ma anche un ritratto fisico e morale del suo compagno di vita, con un catalogo di virtù e vizi dell’uomo Céline. I temi toccati da Lucette Destouches sono tanti. Naturalmente, al lettore interessa conoscere il “Céline segreto”. Ed ecco che l’autrice ci racconta di Céline e la scrittura («Solo quando l’ebollizione nella sua testa era al massimo, si metteva a scrivere. Era come in trance e, a poco a poco, con il lavoro di scrittura ritrovava la calma »), dei libri antisemiti («Sosterrà fino alla fine di aver scritto i pamphlet con uno scopo pacifico, punto e basta»), della medicina («Grazie alla medicina, Céline si sentiva nel cuore delle cose, al centro della vita, nell’essenziale. Di fronte a un bambino che muore, nulla ha più importanza, la letteratura come il resto. Tutto sembra derisorio»), dell’ambiente letterario, delle amicizie e dei nemici, dei libri letti, del dolore e della vita come incubo.
Da queste pagine emerge la figura di un uomo intransigente, sempre solo contro tutti, innamorato della lingua francese, con il naso nella Storia e nella cruda esistenza. Inoltre, c’è la figura della sua compagna, altrettanto unica e singolare, che conclude il libro alla maniera di Céline:
«Penso che nella vita tutto è difficile e si deve imparare. […] Per sapere se una vita è stata o no felice, dobbiamo vederla fino alla fine. La mia è frantumata in mille pezzi che non riesco a raccogliere, sono troppo vecchi. […] Louis mi aveva scelta per vivere ancora attraverso di me.[…] Dopo, da sola, sono entrata davvero nella fossa dei leoni. Nel corso di tutta la mia vita senza Céline, ho voluto difenderlo, e questa è stata la mia unica e immensa forza. Oggi sono come una macchina che non ha più motore. Resta solo la carcassa: non pensavo che morire fosse così lento. […] Adesso non esco più, faccio in qualche modo parte del passato, ma non devo più battermi e mi sento serena. I miei amici sono qua, fedeli. Tutto quel che si dice su Céline, sono dei graffiti su un muro. Ma l’edificio è là, in piedi. Per sempre.» (p.93-97)
Per concludere, questo è un bel libro perché, guidati dalla leggerezza di Lucette Destouches, riusciamo a penetrare nella vita di Céline e nel suo senso segreto.
f.s.
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