Magazine Diario personale

Luci e ombre

Creato il 03 dicembre 2011 da Povna @povna

“Se fossi un insegnante, aspetterei il ricevimento generale con vera impazienza” – le aveva detto Calvin – “perché sarei davvero curioso di conoscere da vicino i genitori dei miei alunni”.
E visto che la frase più lucida del giorno era stata già pronunciata alle due del pomeriggio, il resto della storia non poteva che andare giù in calando, senza dubbio alcuno.
Per la giornata di incontro generale di dicembre lo sceneggiatore quest’anno aveva pensato bene di unire due appuntamenti fino a ora ben distinti, vale a dire la tradizionale reunion con i genitori dell’Onda e lo scrutinio che, viceversa, si avvale del suo coordinamento, con i Pesci e i pagellini.
La ‘povna ha trascorso le prime due ore di ritorno di Onda in un tripudio di baci, abbracci e ricordi: “Buona sera, ‘povna”; “Ciao, carissima!”; “Ma ci pensi, sono passati cinque anni”; “Sembra ieri”. Sono sfilati così in bell’ordine la mamma di Corto e il babbo di Calvin, la mamma di Nana, quella di Peter e quella di Lupin. La ‘povna ha scambiato pareri, auguri, racconti con i genitori di Nino-non-aver-paura (detto Bietola), con la mamma di Speedy Gonzalez e quella di Gianni; e poi via, via, tutti quanti, vivendo per l’ennesima volta il privilegio di quella classe per così tanti versi eccezionale. Negli intervalli, se ne è stata nell’atrio con Calvin, che l’ha aiutata a segnare i rapporti dei Pesci in vista del suo proprio consiglio (“Mamma mia, che cimitero: c’è qualche problema, in questa classe?”; “Sì, con i colleghi”); oppure ne ha approfittato per chiacchierare un po’ con Woodstock, che le manca, eccome se le manca, da quando hanno smesso di essere direttamente colleghi.
Ma poi, purtroppo, sono suonate veloci le quattro. La ‘povna si è congedata dalla mamma di Corto con un complice scintillio degli occhi, ed ha infilato veloce la porta, dove ben altro tipo di pugna la aspettava. Consapevole che non sarebbe stato per nulla facile (e anche che non è possibile redimere né tanto né poco i piùcheretti), la ‘povna aveva preparato una strategia di possibile contenimento; e dunque, mentre lei e Mafalda prendevano posto alla cattedra, ha cominciato, melliflua e apparentemente democratica, a chiedere un giro di commenti (riservandosi così di tenere per sé, all’occorrenza, l’ultima parola). Quello che ha sentito da certe bocche, la ‘povna ha perfino vergogna a riportarlo. Eppure forse è necessario e utile, per comprendere in quale abisso può scendere la scuola italiana. Tra le perle, sono da segnalare almeno l’uscita del collega di Woodstock: “E’ una classe che manca di rispetto: perfino dei mongoloidi saprebbero comportarsi meglio”. E quella di Ordinatore – che si era segnalato, nel consiglio precedente, per avere clamorosamente evitato di mettere, come sarebbe suo compito, le assenze e i ritardi (“scusate, non avevo capito come fare”) nella classe dove era segretario: “Delle volte, pensate, dicono che non sanno fare gli esercizi solo per nascondere il fatto che non hanno voglia: sono alunni di rara doppiezza”. Ma in generale il consiglio si è segnalato per fariseismo, ipocrisia e inusitata acrimonia. Tanto che, come sempre succede in questi casi, dopo aver ascoltato questa e altre perle di saggezza, anche molti altri (‘povna inclusa) si sono dati il loro bel da fare. Sembravano impazzite anche la Tecnologica (che di solito ama fare discorsi di didattica) e Voglio-la-mamma: per farla breve, tra le minchiate e lamentele querule del gruppo (“questa classe è terribile”; “questa classe non ci ascolta”; “questa classe lo fa apposta”) e le frecciatine da prima della classe della ‘povna, solo la collega di Snape, Mafalda e il giovane chimico di laboratorio professor Pluto (oltre a un Mickey Mouse che aveva due consigli in parallelo, arrivato suo malgrado quasi fuori tempo massimo) sono riusciti a dire qualcosa di sensato. Non parliamo poi di Max Gazzè, che si è distinto per idiozia e reiterata supponenza (anche se la ‘povna, a giudicare dai suoi tempi di reazione lenti, inizia a pensare che ci sia, più che ci faccia).
Quando infine si sono aperte le porte, il ritardo accumulato era tantissimo, e alla ‘povna (che senza Mafalda li avrebbe già mandati a cagare da parecchio praticamente tutti quanti) spettava il compito di riassumere quanto si erano detti in un discorso di efficacia. Ed è in quel momento che, pensando a come poteva cavarsela, uno spiritello maligno ha preso possesso, stabile, della sua testa. Ha tirato un bel sospiro, ha fatto accomodare tutti e poi, incurante dei sorrisetti di sufficienza dei piùcheretti schierati in fondo all’aula, con voce scandita ha cominciato a declamare. Si è rivolta direttamente a loro, Scugnizzo e Inquieta, i rappresentanti degli alunni, che la guardavano attoniti. E li ha avvolti per dieci minuti abbondanti in una requisitoria da paura. Che è sgorgata così, argomentata e attenta. Giusta e terribile. Nella quale – certo, messi in bell’italiano e omettendo gli insulti – ha riferito parola per parola, ma nello stesso tempo seduttiva e socratica, stregandoli, tutto quello che i suoi cari colleghi avevano da sbuffare. Ha dato bastone, molto. E i piùcheretti (che si aspettavano – perché non l’hanno capita, e mai la capiranno – che lei coprisse gli studenti, o fosse timida, mediante) sono rimasti molto, molto male. Perché un conto è lamentarsi da soli, a porta chiusa, al riparo delle quattro mura della sala insegnanti. Un conto è rendersi conto – oplà, quello che sempre rimproverano ai ragazzi – che le nostre parole si traducono in esplicite scelte; le scelte, in azioni.
Scugnizzo (che è stato additato come pecora nera del gruppo, e che, a parte con la ‘povna, è faticoso da comprendere e sicuramente si comporta male) aveva le lacrime agli occhi. E anche Inquieta non se lo aspettava. Ovviamente, dopo la pars destruens, la ‘povna ha offerto la sua carota di amicizia e ha rilanciato (con l’aiuto di Mickey Mouse, che aveva capito il suo gioco, e le veniva incontro) con una nuova costruzione di epica di classe, propositiva sul futuro. Quindi – cercando di slalomare con la miglior diplomazia possibile qualche banalità proposta da Voglio-la-mamma (“gli alunni sono tanti, ma è colpa della riforma: la dovete subire voi come noi”) – ha dato la parola ai ragazzi e ai genitori.
Quella, checché se ne dica, è una classe che collabora. La ‘povna in due mesi ha già parlato almeno una volta con tutte e settecentocinquanta le famiglie (e spesso anche due, tre, quattro, di fila). E quindi gli adulti hanno offerto aiuto, disponibilità, spalla. Mentre i due Pesci, basiti, ancora non riuscivano a parlare. Piano piano, però, tra un sorriso di incoraggiamento e l’altro, si solleva – sottile, ma sicura – la voce di Inquieta, come lama di coltello: “Noi lo sappiamo che spesso ci comportiamo molto male. Non sappiamo perché, ci chiedete una cosa cui non possiamo rispondere. Quello che sappiamo però è che ci sono degli insegnanti con i quali facciamo confusione, e loro ci minacciano di fare cose gravi, e poi magari le fanno anche. Eppure questo non calma le acque, anzi. E invece poi ce ne sono altri [occhiata in tralice alla 'povna] con i quali con molto meno stiamo zitti, buoni, attenti. E’ come se ci sentissero, io non so descriverlo, ma si tratta di modi di fare”.
E’ ora di passare ai colloqui individuali, ché il tempo corre. Ed è bene che le parole di Inquieta, per tutti, restino nell’aria.
Terminato il suo ruolo di Cerbero, la ‘povna si appresta a discorrere, a lungo e con pazienza, con tutte le famiglie: e può dire finalmente la sua anche di insegnante di lettere (“con me stanno buoni, ma non basta”), oltre che di coordinatore.
Quando l’ultimo babbo si alza, sono già quasi le otto. La ‘povna saluta il bidello Rodolfo mentre raccatta le masserizie sparse un po’ dovunque, e domandandosi se non sia vicino il giorno in cui sarà chiamata, da certi piùcheretti, per cambiare loro pure il pannolone. Nei corridoi deserti, ben oltre l’orario di ricevimento stabilito per legge, non c’è più traccia di un solo docente.
Ma Mafalda l’ha aspettata. Fino alla fine.


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