9 OTTOBRE – É stato condannato a trent’anni l’avvocato veronese Vittorio Ciccolini, reo di aver assassinato l’ex fidanzata Lucia Bellucci lo scorso 9 agosto 2013, al termine di una serata passata a cena a Spiazzo Rendena –in Trentino- nel tentativo di chiarirsi.
Il giudice del foro di Trento gli ha così comminato il massimo della pena, in considerazione del rito abbreviato richiesto dallo stesso Ciccolini. Un esito che ha confortato i genitori della vittima, Maria Pia e Giuseppe, ed i fratelli Carlo ed Elisa pur nel dolore della consapevolezza che niente potrà riportare alla vita Lucia. La sera del delitto, la giovane fisioterapista fu colpita con quattro coltellate, di cui una mortale inferta al cuore. Il delitto si scoprì tuttavia solo tre giorni dopo, quando gli agenti arrestarono Ciccolini presso i bastioni Raggio di Sole a Verona, e lui confessò di aver occultato il corpo della ex nel bagagliaio della sua automobile, parcheggiata sotto casa della madre.
Una perizia psichiatrica condotta successivamente sul professionista escluse il vizio di mente, mentre in sede di giudizio è stata confermata la premeditazione, in quanto l’avvocato aveva dichiarato già in alcune lettere l’intenzione di assassinare la donna. Lucia Bellucci era reduce da un matrimonio finito e aveva cercato, dopo la fine della relazione con lo stesso Ciccolini, di rifarsi una vita accettando un lavoro come fisioterapista in una clinica estetica trentina. Aveva ormai anche un nuovo compagno, ma l’insistenza dell’avvocato nel pretendere un incontro chiarificatore l’ha portata a compiere un errore fatale: cedere alle sue insistenze e rivederlo.
Molto significative, dopo la sentenza, le parole di Giuseppe Bellucci: «Non abbiamo sentimenti di odio o di vendetta ma ci premeva una condanna esemplare che riabilitasse la figura di Lucia. In questi casi infatti si tenta di tutto per infangare la memoria della vittima». Sulla stessa linea di pensiero anche la madre: «Non lo odio per rispetto a mia figlia che l’ha amato, ma gli ho portato una foto di Lucia perché lei è sotto terra e lui deve restare in carcere e pregare per lei tutti i giorni».
Nel frattempo, si attende l’esito del processo relativo a un’altra drammatica vicenda, quella dell’accoltellamento della giovane Laura Roveri da parte dell’ex fidanzato Enrico Sganzerla, stimato commercialista di Cerea. L’uomo, per uno strano scherzo del destino compagno di tennis di Ciccolini, le ha indirizzato 16 coltellate lo scorso 12 aprile, in una nota discoteca di Vicenza. Solo l’intervento di un agente della sicurezza ha evitato che la storia di Laura finisse come quella di Lucia. Dopo il trasferimento di Sganzerla ai domiciliari, la ragazza ha commentato con amarezza: «Lui sarà in pantofole, io sotto scorta». Poi l’esito shock della perizia sulle coltellate: nessuna potenzialmente mortale. La ragazza ha dichiarato più volte, sia sui social media che di fronte alle telecamere, di essersi sentita quasi nella posizione di doversi giustificare per essere scampata al massacro. Perché di questo si tratta, se si ammette che Sganzerla abbia pianificato di ucciderla, recandosi da Cerea a Vicenza con un coltello da cucina.
Dopo essere rabbrividita alla notizia dei domiciliari concessi a Sganzerla, la giovane ha anche precisato che non verrà meno al proposito di lottare per tenere alta l’attenzione sul tema del femminicidio e per ricordarne le vittime. «Per loro, che non hanno più voce –ha commentato di recente la Roveri- non smetterò di far sentire la mia voce anche se, a differenza di quanto magari qualcuno può pensare, questa esposizione mediatica mi costa moltissimo. Mi costringe a ricordare continuamente e mi sta anche limitando nella possibilità di riprendere il mio lavoro, come avevo cominciato a fare».
Come se non bastasse, al bollettino di guerra sulle donne uccise da ex mariti e fidanzati va oggi aggiunto anche il nome di Concetta Traina, 27 anni, di Agrigento. La ragazza, da poco laureata in filosofia e impegnata come babysitter, è stata uccisa con la madre dal coetaneo Mirko Lena. Le due sarebbero state percosse ripetutamente al punto da riportare fratture al collo e, successivamente, accoltellate. Da qualche giorno i due innamorati non si facevano più vedere insieme, complice forse la gelosia di lui. Dopo l’omicidio; l’assassino si è comunque tolto la vita ed ha lasciato scritto sul muro “È finito il buio” disponendo nelle vicinanze una copia della Divina Commedia aperta su una pagina dell’Inferno.
Silvia Dal Maso
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