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Lucia Napolitano presenta: L'isola della penitenza

Creato il 29 agosto 2024 da Gliscrittori
Lucia Napolitano presenta: L'isola della penitenza

Presentazione Libri Intervista a cura di Andrea Pistoia. Da una live radiofonica su DeejayFox Radio Station, Lucia Napolitano presenta L'isola della penitenza (Robin): «La storia che ho scritto e la modalità di punizione che ho scelto per i condannati sono solo uno sfondo perché lo scopo è sempre stato quello di far riflettere il lettore sulla stessa domanda: se qualcuno ti portasse via le persone che ami, che destino vorresti per il carnefice?».

Nata a Milano nel 1977, Lucia Napolitano scrive fin dalla più tenera età per elaborare il mondo circostante e le emozioni che suscita.
Insegna in una scuola Primaria ed è stata speaker nella Web Radio DeejayFox Radio Station dal 2014 al 2022.
Nel 2018 pubblica una raccolta di poesie dal titolo D'inchiostro blu e un romanzo La storia mai raccontata, nel 2019, edito da Robin Edizioni, il romanzo La locanda della Rosa Gialla. Nel 2021 pubblica una raccolta di racconti e filastrocche, scritta durante il lockdown, dove i protagonisti sono ispirati ai suoi alunni. Nel 2022, collabora con Bruno Brunelli al ricettario Rock Selection and Cooking, un insieme di sapori e musica Rock. Il suo ultimo romanzo è L'isola della Penitenza.

L'isola della penitenza

di Lucia Napolitano
Robin
Narrativa
ISBN: 979-1254678329
cartaceo 18,44€

Quarta

2473, un giudice integerrimo e visionario, la sua “Nuova Legge”, un’isola sperduta e i suoi condannati... E un oceano di vittime che cerca disperatamente vendetta.
Riuscirà il perdono ad abbattere il Potere?

L'autrice racconta

Intervista in collaborazione con DeejayFox Radio Station – La Radio che ti rincorre!

Innanzitutto, chi è Lucia Napolitano? Come ti descriveresti?

Non mi è facile descrivermi ma proverò a rispondere dicendo che sono una perfezionista e da me pretendo sempre tantissimo… Qualcuno dice “anche troppo”. Per questa ragione non sono mai contenta fino in fondo di quella che sono e di quello che faccio. Tendo sempre a tenermi sotto torchio.
Ma in tutto metto passione perché se non mi innamoro lascio perdere. Credo che l’amore debba essere il motore di ogni cosa nella vita.

E adesso passiamo subito al tuo romanzo L'isola della Penitenza. Di che cosa tratta?

La storia trainante narra di un’isola sperduta dove vengono abbandonate persone che si macchiano di gravi crimini. Attorno a questo, però, c’è tutto un mondo futurista da scoprire, con le sue leggi, la sua cultura, la sua umanità.
E c’è l’amore, a 360 gradi, romantico, passionale, fedele, ma soprattutto per un’idea di giustizia per la quale il protagonista lotta in tutte le pagine.
“L’isola”, come ormai chiamo familiarmente il mio romanzo, tratta di svariati argomenti che il lettore (mi è stato detto, non lo sto inventando) può trovare familiari: vi sono diverse similitudini con la vita dell’umanità di oggi. In fondo è mai cambiata veramente nei secoli?

Come è nata l'idea di base di questo romanzo? Da un'immagine, un film, una conversazione con qualcuno o di punto in bianco?

Tutte le cose che scrivo, dalle poesie ai racconti per bambini ai romanzi come quest’ultimo, nascono sempre da qualcosa che vivo: una chiacchierata con qualcuno, un film, una notizia al telegiornale, il racconto di una persona che si apre al mio ascolto.
“L’isola” è nato da una conversazione fatta con Flavio, il mio compagno, durante un pranzo. Si parlava di pena di morte e ci confrontavamo su di essa chiedendoci se fosse una pena giusta oppure no. Ci siamo scambiati opinioni e punti di vista, i nostri e quelli dell’umanità fino a che, ad un certo punto mi sono fermata e l’ho guardato con la forchetta a mezz’aria e gli ho detto: “Mi è venuta l’idea per un nuovo romanzo”. E lui sorridendo mi ha risposto: “Bene”.

Cosa ti ha fatto pensare che questa tua idea potesse diventare un romanzo? Perché ci hai creduto più di altre?

Intanto devi sapere che quando mi viene in mente un’idea per un romanzo o una storia o una poesia, io ci credo sempre fin dall’inizio perché sento che è qualcosa che è dentro di me e che vuole uscire. È difficile da spiegare. È come la necessità di bere: il tuo corpo te lo chiede e tu devi ubbidire.
Solo poi, quando la storia si incammina fra le pagine, mi chiedo se piacerà, cosa penserà il lettore, che emozioni proverà… E soprattutto se riuscirò a portarlo a termine 😅

Come hai sviluppato la trama? Avevi già tutto in mente o ti si è sviluppata a mano a mano che scrivevi?

Come ti accennavo prima, io comincio a scrivere per un bisogno impellente che chiede di essere soddisfatto e la mano va da sé, come sotto dettatura. Quindi, mi lascio guidare dalla storia e dai personaggi, loro guidano me e non il contrario. È questa la forza che mi spinge ad impugnare la penna ogni volta.
Alla fine di un brano, di un capitolo o di una poesia, sento l’appagamento di quel desiderio così mi fermo e attendo che torni. Mentre scrivo un romanzo questo desiderio torna ogni giorno finché non è finito.
Non faccio schemi se non dopo aver scritto, per evitare errori sui luoghi e sui tempi. Sarebbero una gabbia altrimenti e non si sposerebbero con la sensazione di libertà che provo quando scrivo.

L'isola della Penitenza è ambientato nel futuro; più precisamente nel 2500.Che tipo di ricerche hai dovuto intraprendere per creare una società così proiettata nel futuro?

Una volta ho letto che viviamo sulle spalle di giganti e questo è diventato uno dei leitmotiv della mia vita. Tutto il futuro si basa sempre su un passato che noi o qualcun altro ha vissuto.
Poco prima di quel famoso pranzo avevo terminato la lettura di un libro sulle società segrete del passato e fare collegamenti col futuro mi è venuto naturale.
Per questo romanzo però, ammetto di aver studiato e fatto ricerche perché, anche se futurista e fantasioso, non volevo descrivere un mondo impossibile da immaginare. Volevo che la storia avesse qualcosa di concreto su cui appoggiarsi. Così ho letto diversi articoli sul possibile futuro della geografia del mondo e per inventare le nuove tecnologie mi sono fatta aiutare da un amico, sul pezzo più di me, Alessio Zagato.
Ammetto che anche questa parte di studio e ricerca mi è piaciuta molto: è stata un’ulteriore sfida che mi sono autoimposta per crescere come scrittrice.

Le tematiche presenti nel romanzo sono decisamente attuali (anche solo punire i criminali o cercare di redimerli). Quali sono i temi portanti della storia?

Innanzitutto la giustizia. La storia che ho scritto e la modalità di punizione che ho scelto per i condannati sono solo uno sfondo perché lo scopo è sempre stato quello di far riflettere il lettore sulla stessa domanda che ha mosso la discussione di quel famoso pranzo: “Se qualcuno ti portasse via le persone che ami, che destino vorresti per il carnefice?”.
Il tema che corre parallelo, come dicevo prima, è l’amore, in tutte le sue forme.
Poi si troverà anche giallo, suspense, mistero.
Per il precedente romanzo La locanda della rosa gialla, mi è stato detto che leggendolo veniva trasmessa speranza. Anche per “L’isola” credo sia lo stesso. A costo di sembrare ingenua (quante volte me l’hanno detto), io credo in un futuro migliore e penso che se ognuno di noi, nel suo piccolo, lottasse quotidianamente per ottenerlo, sarebbe così semplice viverlo.

Nel tuo romanzo c'è qualche personaggio che senti più nelle tue corde o addirittura in cui ti ci rispecchi? Perché?

Amo molto il protagonista, il giudice Groove, perché è un uomo giusto, onesto e il senso di responsabilità per la sua famiglia e i suoi doveri sono molto forti, tutte qualità che apprezzo e che ritrovo nel mio compagno.
In Clara, sua moglie, c’è la mia spiritualità, al di là delle religioni e delle etichette che il mondo crea.
Ma credo che il mio personaggio preferito sia il Capitano O’ Brian. Ama con passione, è fedele fino al sacrificio ed è coraggioso. È il tipo di persona a cui mi ispiro ogni giorno. Una specie di Lady Oscar o Candy Candy, per chi se le ricorda ancora.
In tutti e tre questi personaggi, comunque, c’è davvero molto di me.

Hai presenziato a vari eventi e presentazioni per questo tuo romanzo. Cosa ti ha lasciato l'incontro con i tuoi fan? E c'è stato qualche episodio che ti ha particolarmente emozionato?

Sei gentile a chiamarli fan. Oltre all’apprezzamento di familiari e amici, cosa che mi fa molto piacere, sono stata gradevolmente sorpresa dalle recensioni positive che ho ricevuto da persone che non mi conoscono. Questo mi ha riempito di soddisfazione e emozione.
Ricordo in modo particolare Maurizia e Paola, due signore che avevano assistito alla presentazione del mio primo romanzo La storia mai raccontata e che si sono avvicinate a me con in mano il libro per farlo autografare. Momento indimenticabile.


Sappiamo che stai già scrivendo il seguito de L'isola della Penitenza. Puoi darci qualche anticipazione sulla trama? A che punto è il manoscritto?
Diciamo che mi voglio dedicare all’approfondimento di alcuni personaggi che ritengo importanti perché fanno la storia di questo nuovo mondo che ho creato e vorrei che il lettore capisse bene come siamo arrivati al punto in cui sarà alla fine de “L’isola”. Ma non voglio anticipare di più. Nella testa ci sono tante cose ancora da dire… E la “sete” di dirle.

Nella tua vita hai fatto tante cose: fotografa, pittrice, decoratrice, volontaria, speaker radiofonica e ovviamente scrittrice. Cosa ti offre in più la scrittura che gli altri hobby non ti danno?

Intanto la scrittura è l’unica cosa che non posso definire “hobby” perché è qualcosa che fa parte di me fin dalla mia infanzia. Mi accompagna da sempre. Le altre passioni che hanno attraversato le mie giornate sono state uno sfogo, un divertimento che mi hanno rilassato, distratto, appagato. Quando scrivo, invece, io entro in un altro mondo. Mi immergo in qualcosa che non si può descrivere. E questo mi dà così tanto piacere che diventa quasi come una droga. Non ne puoi fare a meno.
Il volontariato, invece, è una cosa molto diversa. Ho cominciato a fare la volontaria in ambulanza più per egoismo credo, per rimettermi nel mondo dopo un periodo in cui ne ero uscita. Volevo sì aiutare gli altri ma onestamente era anche un modo per tornare in vita. Una volta dentro, però, mi sono resa conto che poter regalare il tuo tempo agli altri e aiutarli quando hanno più bisogno di qualcuno, è qualcosa di meraviglioso. Tutto ciò che dai torna a te decuplicato in termini di emozioni, riflessioni e molto altro. Ti rendi conto che ognuno di noi ha fortune che non apprezza e si dedica a cose futili e senza importanza. Quando incontri persone davvero disperate che si aprono a te e ti considerano persone di famiglia ti accorgi che stai ricevendo più di quello che dai.

Ho visto che per alcuni romanzi sei passata da un editore e per altre con il self publishing. Come mai questa scelta? Secondo te, quali sono i punti di forza e debolezze di entrambi?

Quando spedisci un testo a una casa editrice la prassi vuole che tu attenda fino a sei mesi. Trascorso quel tempo, se non hai ricevuto risposta, significa che non lo pubblicheranno. Ma quando hai lavorato tanto per realizzare un romanzo, vuoi vederlo nascere così a volte lo pubblichi autonomamente. Nel mio caso l’ho fatto per Rock Selection and Cooking, un libretto di ricette accompagnate da consigli musicali che ho realizzato insieme al mio caro amico Bruno Autelitano (il progetto era suo). L’idea era di devolvere il ricavato all’ospedale Niguarda di Milano che gli aveva salvato la vita dal Covid e la scelta di Amazon sembrava quella più proficua. Per La maestra con la matita nei capelli, invece, la scelta è caduta su Amazon perché avevo fretta di avere il cartaceo da regalare ai miei alunni ai quali i racconti erano ispirati. Però anche in questo caso c’era stato un gran lavoro, anche grafico. Insieme ai racconti c’è una filastrocca per ogni bambino illustrata dalle stupende mani di mio fratello Dario. Ci ha lavorato per quasi un anno.
Certo, pubblicare in questo modo ti dà molta soddisfazione ma personalmente penso che avere alle spalle una casa editrice è tutta un’altra cosa. Qualcuno ha creduto in te, ha revisionato il tuo lavoro e insieme a te ha deciso se e quali modifiche apportare. Oltre al fatto che la distribuzione è su larga scala. Ovviamente parlo delle case editrici serie, come la Robin Edizioni. Perché oggi, di case editrici che pubblicano il tuo lavoro dietro un compenso ce ne sono davvero tante: ti offrono interviste televisive, radiofoniche e molto altro. Io ho scelto di non percorrere questa strada. Voglio raggiungere degli obiettivi perché lo merito, perché quello che scrivo piace e non perché ho pagato.

Hai scritto tanti romanzi. Come hai strutturato le varie fasi della scrittura? Hai un modus operandi preciso e collaudato? Lo stai adottando anche per il prossimo libro?

Il mio metodo è la totale assenza di metodo, dicevo. Però ho una mia routine: mi siedo al mio scrittoio, nella mansarda circondata da libri, metto la mia musica preferita, colonne sonore e impugno la mia stilografica. Poi il resto accade da sé. Le immagini nella mia testa cominciano a diventare più chiare e io le racconto come raccontassi nel dettaglio un film già visto. È come scrivere sotto dettatura. Ad un certo punto le immagini si sbiadiscono, le parole si spengono e io sento che mi devo fermare…almeno fino alla volta successiva.

Con tutti i romanzi e racconti che hai scritto, non hai mai sentito il bisogno di prenderti una pausa? Cosa ti spinge a continuare?

Pause dalla scrittura? Mai! Semmai avrei bisogno di più tempo per scrivere quanto e come vorrei. Ma il mio lavoro di insegnante mi piace e voglio farlo al meglio quindi mi ci dedico molto. Cerco però di ritagliarmi degli spazi per tenere tra le dita la penna e seguire l’onda della mia creatività il più spesso possibile. Come dicevo prima, è un’emozione di cui non mi posso privare.

Se tu fossi un romanzo (uno dei tuoi o di altri autori) quale saresti e perché?

Domanda molto difficile. Penso La locanda della rosa gialla, perché è quello che ho scritto con più naturalezza e ho messo molto di me, sia nella protagonista Luna che nelle idee di diversi personaggi. Ma alla fine, in tutto quello che scrivo io ci sono sempre.
Di altri autori? Forse Il medico di Stalingrado di H. G. Konsalik. L’hai letto? È la storia vera di un medico tedesco prigioniero dei russi durante la seconda guerra mondiale: persona eccezionale, altruista… Un modello da seguire, soprattutto in tempi egoisti e spesso senza senso come questi.

Una domanda che nessuno ti ha mai fatto sul tuo romanzo e che ti sarebbe piaciuto che ti fosse rivolta. E risponditi, ovviamente!

No, direi che non ci sono domande che avrei voluto mi facessero. Mi piace la spontaneità e la curiosità dell’intervistatore verso quello che scrivo e me come scrittrice.
Ho trovato infatti le tue domande molto interessanti e ben poste e penso che grazie a te il lettore sarà riuscito a carpire un po’ di me e di quello che scrivo.

Che dire a questo punto? Grazie di aver partecipato a questa intervista, Lucia Napolitano!



Andrea Pistoia



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