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Luciano, Storia Vera, II.20 - Un percorso didattico

Creato il 21 settembre 2013 da Spaceoddity
Luciano, Storia Vera, II.20 - Un percorso didattico[L/D] Ogni incontro con i ragazzi, all'inizio del terzo anno di scuola superiore (soprattutto se liceo) è l'apertura di un orizzonte. L'idea per cui ogni lezione deve essere inserita in un progetto più ampio, se non onnicomprensivo, aperto a tutto che chiameremo corso di letteratura deve trovare spazio in tutti i colleghi e a partire dalla prima ora. Per il greco, mi piace cominciare il terzo anno di liceo classico (ex I liceo) con un test d'ingresso un po' speciale, il famosissimo brano di Luciano dalla Storia vera (cap. II.20): a scanso di equivoci fornisco anche la traduzione (clicca qui per scaricare il paper). Il brano in questione, pensato come un test d'ingresso, in realtà funge da traccia per tutto il corso del primo periodo (che, in linea di massima, è spesso preferibile che sia un trimestre).
Ma veniamo un po' a vedere di che si tratta. Il protagonista del romanzo si trova  nell'Isola dei beati e vi incontra Omero. In un momento di noia, con piglio ciarliero intervista il primo autore della letteratura occidentale cercando di dirimere alcuni nodi della cosiddetta questione omerica, aspettandosi risposte che possano contraddire i dogmi dei più celebri filologi che hanno provato a dirimere le dotte controversie dei pedanti. Naturalmente, le risposte del poeta sono lucide e sprezzanti, ben diverse da quanto accade allo stordito autore che si incontra ne L'immortale di Borges (lo splendido primo racconto de L'Aleph, che peraltro faccio leggere immediatamente dopo, quale compito per casa). Quello che conta è che, in una situazione narrativa ben congegnata, i ragazzi si trovino - quale argomento di discussione - alcune questioni sulle quali siano costretti a prendere posizione, sia pure in modo in un primo tempo fanatico.
Nel testo italiano ho evidenziato alcune espressioni che chiedo ai ragazzi di individuare nel testo greco, naturalmente la scelta sarebbe potuta ricadere su altri sintagmi e altri parole: ma la cosa più utile a mio avviso è che l'esercizio si ripeta, anche sullo stesso testo, con obiettivi diversi, purché coerenti. Qui mi premeva far notare la distanza sintattica tra l'italiano e il greco, evidenziando alcune strutture che, diciamo così, fanno la differenza. Uno dei criteri che guidano la mia didattica sta proprio nella valorizzazione della differenza: preferisco stressare, come oggi si dice, l'esoticità di una cultura, piuttosto che rischiare gli automatismi derivativi. La sorprendente familiarità di molte risposte di donne e uomini vissuti duemilacinquecento anni fa a partire da condizioni molto diverse può da un lato stupire ed entusiasmare, dall'altro restituire il processo storico nel suo corretto svolgimento: non sono i Greci e i Latini a essere venuti prima di noi, siamo noi che veniamo dopo i Greci e dopo molte altre esperienze diverse, con tutte le possibilità che abbiamo avuto e che abbiamo nel rapportarci rispetto a questo mondo lontanissimo. Un approccio simile significa restituire intanto le storie al regno del possibile e sottrarle ai riflessi condizionati teleologici dei pur importantissimi nessi causali, troppo semplicistici così come vengono proposti a scuola.
Luciano, Storia Vera, II.20 - Un percorso didatticoCome se non bastasse, se ben calibrate, le strategie di distanziamento dell'oggetto - nel caso specifico, la letteratura greca - hanno anche lo scopo di favorire una coesione del gruppo di lavoro, come appartenente in modo unitario a una società diversa e altra, ma comune a tutti gli interlocutori: trovo che sia errato l'approccio iniziatico con il "gran maestro" a capo e riottosi iniziandi dall'altro lato della barricata (questo, e non lo sconto sui contenuti o la loro edulcorazione, dovrebbe essere a mio avviso il vero approccio moderno e collaborativo). Di contro, però, il secondo, il terzo e il quarto esercizio sono di puro riconoscimento di forme grammaticali: se la traduzione in italiano scongiura l'imbarazzo di una scarsa dimestichezza con il greco, è anche vero però che un orientamento nel testo originale è fondamentale per parlare di ciò che ci propone un autore antico. Qui, sul piano puramente tecnico, l'alunno deve poter apprezzare la guida di chi ha più esperienza con forme linguistiche poco familiari ai più.
Infine, il quinto "esercizio", contravvenendo a qualsasiasi consuetudine in merito di test d'ingresso, è orale ed è un vero e proprio brain storming guidato: ovvero, dopo che i ragazzi hanno riflettuto su un testo e sono, per così dire, entrati in situazione, possiamo raccogliere le poche informazioni sulle quali poter basare il corso di letteratura greca. Dal mio punto di vista, è molto più rassicurante sapere che ci sono sì e no due notizie comuni (Omero è un "autore" greco - qualunque cosa ciò voglia dire - e Chio, Smirne e Colofone sono delle località "antiche") piuttosto che presumere di poter contare su un numero maggiore di informazioni. Inoltre, posto che spesso l'insegnante di terzo anno è nuovo rispetto a quello del biennio, si può avere l'occasione buona per cominciare a conoscersi, non tanto e non solo parlando di contenuti, quanto piuttosto raccogliere dati sul modo in cui queste giovani persone recuperano informazioni più o meno sepolte nel passato remoto della loro memoria e interagiscono nel dialogo educativo.
Dicevo, all'inizio, che questo potrebbe essere anche considerato l'inizio di un lavoro trimestrale. In effetti, io l'ho pensato proprio come una raccolta di documenti - secondo quella procedura che accompagnerà i ragazzi all'Esame di Stato dell'ultimo anno - che vanno a formare un dossier su un argomento. Questo dossier contiene, nel caso specifico, oltre ad alcune letture di Omero, anche il già citato racconto di Borges, e tre brani di Erodoto (II.51-59; 112-120 e IV.29-32) dove la presenza del poeta stesso e dei suoi personaggi è determinante in termini di fonte antica. In questo modo, ho recuperato anche il materiale di "classico" e il percorso relativo al primo periodo di studi: non con un semplice andare di pari passo tra letteratura e passi in lingua originale (che non sempre è produttivo), ma un focalizzare l'attenzione su alcuni, ben chiari problemi disposti a loro volta in ordine cronologico, e coinvolgere sempre diversi momenti dell'esperienza culturale greca.
C'è un rischio, va subito evidenziato: così sembra che la letteratura parli solo di letteratura. Ma proprio per questo allargo i passi scelti (Erodoto, nel caso specifico) in modo da far scivolare quasi per caso informazioni aggiuntive e stimolare i ragazzi su quello che poi è la loro caratteristica frequente, le vie laterali, le vie meno note. Non dico che ci si riesca sempre, e non dico che sia il percorso migliore, ma almeno mi sembra che così i ragazzi possano impadronirsi delle domande che stanno alla base della letteratura greca. Dove trovo più difficoltà a rimediare è, invece, ancora più a monte: ho l'abitudine di considerare la letteratura latina e quella greca come due esperienze tra le altre, all'interno di un macrosistema che nella mia testa è già formato e chiaro (magari non il migliore possibile, ma senz'altro coerente e autonomo). Questo macrosistema ai ragazzi manca. La letteratura greca è quella che sta in quello specifico manuale, la letteratura latina sta in un altro manuale, per non parlare di quella italiana o inglese, che magari sono pure in un altro posto fisico della loro stanza.
Luciano, Storia Vera, II.20 - Un percorso didatticoSi potrebbero offrire, eccome, testi latini che affrontano lo stesso argomento o passi di Leopardi su Omero, ma il rischio è, paradossalmente, di perdere il fuoco, di allargare troppo l'orizzonte dietro i ragazzi rispetto a quello davanti a loro, che poi è quello fondamentale. Io preferisco semmai "indicizzare" il tema e consegnare ai ragazzi nel corso del triennio altri passi dove quel tema viene affrontato, sia pure marginalmente. Questo è un problema annoso e veramente delicato: come si coniuga la valenza epistemologica di una disciplina con un approccio multi- o transdisciplinare? La mia risposta rimane quella di lasciare da parte le etichette e di cercare, a prescindere da tutte le introduzioni teoretiche alle singole discipline, un approccio epistemologico ai problemi, e non alla propria cattedra. Ciò richiede un consiglio di classe coeso e con molte aperture culturali, ma non sono i professori in gamba che mancano. Quello che conta, dal mio punto di vista, è che l'approccio tecnico sia sempre rivolto a risolvere un problema specifico - come si traduce questo passo? perché? cosa vuol dire intanto? - laddove però si restituisce la questione culturale a un sapere che ha solo prospettive e punti di vista, esperienze incarnate nei singoli docenti e nei ragazzi che affronteranno quel problema. Gli aspetti che ho definito "tecnici" possono avere solo ricadute positive da un'apertura culturale che il docente non può dare per scontata e dunque esigenre dal suo primo ingresso in classe.
N.B. Non c'è, nella condivisione di questo percorso, nessuna pregiudiziale convinzione di originalità o, men che mai, di genialità: ci sono molte cose più che ovvie in questo post. Si tratta solo di condividere il proprio lavoro e di valutare, sia pure in astratto, il riscontro dei colleghi. Per questa ragione, il file è libero e utilizzabile, chi volesse può scrivermi e avrà anche il documento .odt, in modo da poterci lavorare su secondo le proprie esigenze.

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