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Luciano Vincenzoni: il ricordo

Creato il 24 settembre 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Luciano Vincenzoni: il ricordo

 Luciano Vincenzoni (al centro) con  Carlo Lizzani, Tonino Valerii, Italo Moscati ed il direttore artistico del FondiFilmFestival Marco Grossi

È morto Luciano Vincenzoni, uno degli ultimi grandi sceneggiatori storici del cinema italiano. Certamente è stato lo sceneggiatore del migliore cinema che abbiamo sin qui prodotto, quel cinema del percorso, quello   che andava dal bianco e nero al colore.  Quando lo abbiano intervistato la prima volta nella sua casa di Roma, qualche annetto fa, nell’attico via Pezzana, lo scopo era anche quello di farlo nuovamente uscire finalmente dal suo palazzo, e di portarlo a parlare direttamente al pubblico, in uno dei tanti eventi rievocativi che si potevano ancora creare, soprattutto di farlo incontrare al pubblico dei giovanissimi e di parlare loro del grande cinema che è stato quello italiano.  Quel pomeriggio a Roma Luciano ci ha accolti con molto calore, nonostante la profonda diffidenza che ormai aveva verso tutti quelli che potevano parlare di cinema. Invece il nostro incontro lo aveva reso felice, nonostante tutto,  e l’invito finale di venire a Fondi lo aveva in qualche maniera rallegrato. Stava già male, Luciano, aveva già subito qualche difficile operazione, ma le sue urla erano rivolte ancora una volta verso la disastrata situazione culturale italiana. Questa convinzione, si, lo rendeva veramente tristissimo, ma gli dava anche ancora, fortunatamente, una grossa energia. Luciano Vincenzoni era ormai un amico del giornale, fu da noi incontrato più volte, anche convinto infine a portare il suo film biografico Il falso bugiardo, girato dal regista  Claudio Costa,  a Fondi, nell’ambito dell’ottava edizione del Festival del cinema che l’ Associazione Giuseppe De Santis  organizza con grande passione ogni anno nella cittadina del sud laziale, che ha dato i natali appunto al regista Giuseppe De Santis  ed al fratello, l’autorevole direttore della fotografia Pasqualino De Santis; festival che peraltro si appresta, proprio in questi giorni,  alla sua nuova edizione,  la tredicesima,  in programma dal 26 al 29 settembre presso l’Auditorium  Comunale. È sarà certamente una edizione più triste, perché Fondi è stato teatro, tutto sommato, di una delle ultime uscite pubbliche del grande scrittore e sceneggiatore.

Luciano Vincenzoni: il ricordo
Il falso bugiardo, portato e premiato a Fondi, raccontava la vita professionale di Luciano Vincenzoni ed era in fase di edizione proprio in quei giorni.  Oggi che Luciano non c’è più piace ricordarlo come era il giorno in cui lo abbiamo incontrato per la prima volta:  burrascoso, dissidente, esasperato nei confronti del mondo del cinema italiano attuale. Ma sapevamo già perfettamente del carattere acceso dello sceneggiatore, del forte calore che metteva e trasmetteva nelle sue cause, quindi non c’è stata nessuna sorpresa da parte nostra, e nessuna meraviglia, a registrare quelle urla lanciate, che poi in fondo erano lanciate a ragione. Ma scendendo da quel terreno, il suo, avevamo già pensato, sarebbe stata un’altra intervista. A noi, in fondo,  quel giorno, bastavano solo tre titoli per raccontarne la grandezza della sua filmografia e della sua carriera. Infatti era con questa intenzione e con questa modestia che ci siamo affacciati a casa sua: La grande guerra, realizzato nel 1959 da  Mario Monicelli, Per qualche dollaro in più e Il buono, il brutto, il cattivo   realizzati nel 1965 e nel 1966 da Sergio Leone, così come ci bastava tutta la sua esperienza con il regista  Pietro Germi, Il ferroviere, Sedotta e abbandonata, Signore e Signori, e rimanevamo, in fondo, solo alle briciole della filmografia di Luciano Vincenzoni che conta, in definitiva, più di ottanta film. Erano quelli i tempi del grande cinema italiano, delle grandi produzioni, il cinema italiano era una scuola anche per il cinema internazionale. Chi vuol parlare del cinema italiano oggi, ed oggi lo ricordiamo ancora più fortemente, non può prescindere dalla grande esperienza degli anni cinquanta, sessanta e settanta. Luciano Vincenzoni lo spiegava così: “La mia generazione ha avuto, nella sua sfortuna intendiamoci, una grande fortuna, quella di vivere venti anni orrendi e comici di fascismo, di vivere cinque anni tragici di morti di fame con la guerra, di vivere il dopoguerra con il miracolo economico, di vivere intensamente la rinascita della vita. Insomma abbiamo avuto delle esperienze estreme. Queste generazioni di oggi, nella loro fortuna, che però colloco fra virgolette, che cosa hanno vissuto e che cosa continuano a vivere? Il giro d’Italia forse, il derby  Roma-Lazio anche. Ed allora, cosa avranno da raccontare? Cosa hanno da vedere? Le loro storie poi arriveranno solo dove si ferma il loro sguardo. E poi sapranno guardare? Ne avranno la curiosità? Cosa  suggeriva,  insomma, il maestro, dunque, per superare questa pochezza esistenziale? “Bisogna tornare al cinema, a vedere i classici nelle sale, dove questo sarà possibile, dove non lo è bisogna che questo ritorni possibile, non solo a Roma e Milano, Bologna e Torino, ma anche nei piccoli e piccolissimi centri, e poi bisogna leggere molti libri, quelli veri, moltissimi libri veri, poi bisogna uscire e guardarsi intorno, bisogna andare in metro, nei bus, bisogna vedere le persone, ascoltarle, le idee sono sempre in giro, bisogna solo individuarle, capirle, isolarle, catturarle”. Poi aggiungeva: “Se la vita non la vivi non la puoi scrivere”. Il suo libro Pane e Cinema, edito nel 2006 a cura della Gremese editore, è stato scritto proprio in questo senso, con la rivolta,  proprio con la vita dentro, con la fiducia e con la ricerca che sono sempre riposte negli angoli più sacri dell’esistenza.È quanto di più autentico, pensiamo, sia stato scritto sui meandri, i nodi e le copule del mondo del cinema, del quale Luciano si sente meravigliosamente e ricercatamente escluso. Ci ha detto:  “…Sono uno che si è messo agli arresti domiciliari volontari, che si accontenta di quello che ha fatto, che non vuole apparire in queste televisioni, che non frequenta i talk show, ridotti ormai, quasi sempre, a risse di pollaio: in poche parole ho ripugnanza per questo mondo incosciente che tra un quiz, uno sgambettamento di veline e di un concorso di bellezza va verso la catastrofe. Sto bene a casa mia….”. D’altra parte noi pensiamo che non c’era più bisogno di apparire, in casa Vincenzoni dove ti giravi trovavi premi e riconoscenze che giorno dopo giorno facevano rivivere proprio gli splendori e le vittorie del cinema italiano nel mondo.  Volevamo quel giorno parlare della sua filmografia, magari centellinando uno ad uno i suoi oltre ottanta titoli, molti assolutamente meravigliosi, altri proprio indimenticabili: Il gobbo, I due nemici, La cuccagna, La vita agra,  Da uomo a uomo, Il mercenario, Giù la testa, Un tranquillo posto di campagna, Noi donne siamo fatte così, Roma bene, Che cosa è successo tra mio padre e tua madre, Torino nera, Piedone lo sbirro, Il bestione, La poliziotta, Il padrone e l’operaio, Gran bollito, L’orca assassina, Il conte TacchiaCasablanca Casablanca, Codice Magnum, e Malena, il film tanto rimpianto perché il regista  Giuseppe Tornatore glielo aveva completamente stravolto.

Luciano Vincenzoni: il ricordo

 

Luciano Vincenzoni, il regista Claudio Costa, che ha diretto il docufilm “Il falso bugiardo”, e, dietro, Giovanni Berardi

Diceva Luciano Vincenzoni:  “Malena  è stato travolto proprio dai suoi intenti, dalle sue emozioni, dalla sua leggenda. Tornatore ha privato il mio soggetto, uno dei miei più belli, uno di quelli conservati proprio gelosamente, che si chiamava  Ma l’amore no proprio dell’anima e del cuore”.

Questi elencati sono alcuni titoli, altrettanti ce ne sarebbero, che avremmo un giorno voluto vivisezionare con il suo autore, per sviscerarli proprio ad uno ad uno. In quella  occasione non era stato possibile, troppa resistente era stata la forza interiore ed autentica di Luciano Vincenzoni per difendersi, come voleva, dal mondo che, ancora, lo voleva in uno stato di “arresti domiciliari volontari” come ci ha solennemente ricordato. Un’altra occasione, ce lo avevamo preposto, ci sarà sicuramente. Era stata una promessa, una giusta promessa e lo stesso Vincenzoni si era dimostrato felice per questa. E noi non aspettavamo altro. Poi, la realtà, purtroppo, ha fatto il suo corso.

Giovanni Berardi 


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