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Lucy

Creato il 08 ottobre 2014 da Af68 @AntonioFalcone1
Luc Besson

Luc Besson

Regista incline all’impatto visivo offerto dalle proprie realizzazioni, dispiegato in virtù di una ricercata composizione formale delle immagini, cui si affianca un accorto uso delle elissi narrative, Luc Besson nel corso della sua carriera (iniziata nel 1982, Le dernier combat) ha sempre cercato di concretizzare una sorta di ibrido connubio fra la spettacolarità insita negli action movie hollywoodiani e i toni più introspettivi propri della cinematografia europea, a volte riuscendovi in pieno, soprattutto riguardo il rilievo offerto alla caratterizzazione psicologica dei personaggi (penso a Nikita, 1990, e, in particolare, a Leon, 1994). Il tutto risultava poi avvolto non da un complesso bozzolo autoriale, bensì filtrato attraverso una ben definita aura pop, di chiara tendenza derivativa, “agitata non mescolata”, ovvero, almeno a livello di personale sensazione, mai del tutto integrata e sviluppata come propria (che è invece quanto riesce oltreoceano al collega Quentin Tarantino).
Con il suo ultimo lavoro, Lucy, film d’apertura in Piazza Grande al 67mo Festival del Film Locarno, Besson, autore anche della sceneggiatura, conferma gli stilemi più caratteristici della sua produzione, a partire dalla notevole attenzione riservata all’eroina suo malgrado che dà il titolo alla pellicola, interpretata da una sempre splendida e brava Scarlett Johansson.

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E’ lei infatti a conferire l’input, gradualmente adrenalinico, ai vari capitoli di una storia che la vede inizialmente nei panni di una goffa studentessa, in quel di Taipei, Taiwan, coinvolta, col raggiro, dal fidanzato Richard (Pilou Asbaek) nella consegna di una valigetta ad un tale Mr. Jang (Choi Min-Sik). Quest’ultimo si rivelerà uno spietato boss a capo di una potente organizzazione criminale dedita al traffico internazionale di un’inedita droga sintetica (cph4), nel quale Lucy si troverà costretta ad essere parte attiva insieme ad altri malcapitati trasformati in corrieri pronto uso, destinazione le principali capitali europee. Ma in seguito ad un imprevisto la citata sostanza si libererà all’interno del suo organismo, portandola progressivamente al culmine delle potenzialità cerebrali possibili per un essere umano, oltre a conferirgli incredibili poteri; con gli scagnozzi di Mr.Jang alle calcagna, Lucy giungerà a Parigi, dove avrà al suo fianco come validi alleati il prof. Norman (Morgan Freeman), luminare con molte ricerche al suo attivo sulle inedite potenzialità del cervello, e il poliziotto Pierre Del Rio (Amr Waked)…

Scarlett Johansson

Scarlett Johansson

Besson conferisce alla sua Lucy una caratterizzazione a metà strada fra il “senso pratico” di Nikita nel risolvere le situazioni più spinose e la visionarietà propria di una novella Giovanna d’Arco, tra il mistico e il metafisico, rendendola quindi inedita guida di un’umanità che ha ormai smarrito il senso dell’esistenza e da tempo coltiva un mancato dialogo con la parte più intima e profonda della propria essenza vitale, senza adoperarsi minimamente nel ricercare il primo e nell’avviare nuovamente il secondo. Viene così paventata la possibilità, insita in noi stessi, di un ulteriore passaggio dalle conseguenze più elementari dell’evoluzione (autosufficienza o riproduzione) a quelle proprie di una “rivoluzione”, come illustra nel corso del film il prof. Norman (un elegante e misurato Freeman, ormai a suo agio in ruoli “cattedratici”), ove l’uomo, l’essere umano, riuscisse a sfruttare a pieno, e di conseguenza fosse accorto nella loro gestione, ogni potenzialità rimasta inespressa, virtualmente attiva, a partire dalle facoltà cerebrali.

Choi Min-Sik

Choi Min-Sik

Sarebbe così possibile, fra l’altro, acquisire una percezione pressoché totale del proprio ciclo vitale in ogni sua fase (emozionante al riguardo la sequenza in cui Lucy parla al telefono con la madre: “ricordo ogni cosa, la pancia, il liquido…”), tanto da arrivare ad una consapevolezza effettiva delle nostre origini, di quanto “ci è stato donato un miliardo di anni fa”, perché, riprendendo le parole di Lucy, “è l’ignoranza a creare il caos e non la conoscenza”, per cui una volta assunto di come sia il tempo, il suo scorrere incessante, sempre e comunque, a fornire un barlume di significato al nostro rituale incedere quotidiano, fornendo, per così dire, assistenza agli impulsi necessari a vivere in pieno o a sopravvivere, a noi non resta che la scelta fra le due condizioni, combattenti o reduci, perpetrare il Male o il Bene.
Il regista francese trasferisce dunque sullo schermo una personale visione delle cose, pur nei rimandi sempre presenti a precedenti opere cinematografiche (una su tutte, 2001 Odissea nello spazio, Stanley Kubrick, 1969), nel tentativo di miscelare, non senza qualche stridore, realtà scientifica e fantasia, azione e meditazione filosofica, con uno stile registico d’alto livello che, in parte, rimedia ad una scrittura quantomeno ondivaga. La macchina da presa è infatti costantemente “a filo” dei personaggi, seguiti in ogni loro azione e fino alla visualizzazione dei loro pensieri o di quanto sta accadendo all’interno del loro organismo.

Morgan Freeman e Johansson

Morgan Freeman e Johansson

Molto valido a tale ultimo riguardo il supporto offerto da un efficace montaggio alternato (Julien Rey), il quale fa susseguire una serie d’immagini ora naturalistiche ora lisergiche, che personalmente mi hanno fatto venire in mente le didascalie proprie dei fumetti, volte appunto a spiegare, in tal caso visivamente, quanto sta per accadere (la trappola di Richard nei confronti di Lucy, la trasformazione di quest’ultima da preda/gazzella a cacciatrice/ghepardo, la conferenza del luminare sulle capacità non sfruttate), ulteriormente sottolineate da un incedere minaccioso del motivo sonoro (Eric Serra). Non deve poi essere sottovalutato, almeno a mio parere, il predominante rilievo offerto al ruolo femminile nel ciclo di nascita e rinascita, nell’affrontare il percorso volto ad una nuova conoscenza dell’universo (Lucy è anche il nome del primo ominide femmina rinvenuto; la droga sintetica descritta nel film è una sostanza esistente in natura, la producono le donne in gravidanza, al sesto mese di gestazione), fino alla sua immanenza in ogni parte del creato, dal sentore divino (lo so che può apparire fuori luogo, ma mi sovviene una frase di Papa Giovanni Paolo I, Angelus del 10/09/1978: “Noi siamo oggetto, da parte di Dio, di un amore intramontabile; Dio è papà, più ancora è madre”).

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Certo, il nostro non è incline a particolari finezze nel visualizzare pensieri metafisici o volti al trascendente, mette in scena un ragionato delirio formato divertissement, sfrutta ancora una volta la suddetta abilità di manipolatore d’immagini, limitandosi ad esporle senza alcuna elaborazione, concentrandosi soprattutto sull’effetto domino conseguente all’acquisizione da parte di Lucy delle inedite virtù. Si conferma poi sempre abile nel girare le scene d’azione, pur coadiuvato dagli effetti digitali, tanto da concedersi qualche extra (la spettacolare, ma un po’ fine a se stessa, fuga lungo Rue de Rivoli a Parigi), non nascondendo l’intento di voler conquistare un nuovo pubblico, più giovane, rispetto a quello abituale (vedi l’assecondare gli stilemi degli action movie orientali, d’altronde l’efficace Choi Min-Sik non è stata certo una scelta casuale).
In definitiva, salutando come benvenuta la concisione narrativa (89 minuti), anche a prezzo di qualche incongruenza sparsa qua e là (nel caso di Besson forse è meglio lasciare un senso di non detto che sciupare tutto rivelando …), Lucy è un film affascinante e coinvolgente, oltre che “sanamente” inquietante, considerando quanto sottende o lascia alla nostra interpretazione.
Un godibile mix di vari generi in frenetica sospensione, il quale a volte richiede che i nostri neuroni vengano lasciati allo stato brado, così da godersi a pieno ogni bizzarria, a volte aggressiva, altre elegante, di un regista ancora capace di stupire, rinnovandosi restando in fondo se stesso.

Le foto a corredo dell’articolo sono tratte da Movieplayer.it


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