Lui e la bestia
Da Galadriel
[La storia antica ottava parte]
....oscure segrete celavano un'orribile verità.
Impiegò dieci, forse venti secondi a
capire cosa fosse accaduto e di quale oscenità si fosse macchiato
nel suo passato più recente, e quasi come volesse tragicamente
assecondare il suo amaro gesto, urlò con la ferocia di una bestia
(Quale bestia fosse non lo sapeva, certo è che la presenza dentro di
Lui era nuova, generata per necessità, per bisogno di protezione da
chiunque avesse osato tentare di avvicinarsi ):
“SCHIAVAAAAA! CHE TU SIA
MALEDETTA...PORTAMI DA BERE!”
I minuti passarono interminabili senza
alcuna risposta, senza alcun rumore di passi che annunciassero
l'arrivo dell'oggetto del suo desiderio.
“SCHIAVAAAAA...MELEDETTA DA CHE AL
MONDO FOSTI MESSA, VEDRAI ASSAGGERAI LA MIA IRA...PENSI CHE L'ALTRA
NOTTE TU ABBIA ALLIETATO IL DEMONIO? NO, TI SBAGLI...HO SI CHE TI
SBAGLI...SAPRAI COSA VORRA' DIRE GIACERE CON IL SOVRANO DEGLI INFERI
IN PERSONA ADESSO! BASTARDA...DOVE SEI, BASTARDAAAAAA!”
Già, bastarda, come Lui stesso, forse
era questo ciò che lo legava in un certo qual modo alla Shudra.
Nessuno accolse quel grido di aiuto, quell'urlo inumano che mal
celava la sua agonia, la sua sofferenza per essere il frutto del
MALE, per essere il risultato finale di una violenza tra le più
vergognose che si potessero perpetrare verso un essere umano, verso
una donna...sua MADRE! “MADRE...MADRE...MADRE! NO! NO!”
Urlò con tutte le forze che ancora lo
tenevano seduto nel suo giaciglio, fino a che, come un fiume in
piena, gli sali un conato di vomito, verde come il veleno, che eruttò
dalla bocca soffocando il suo urlo! Gli parve di capire; come
fuliggini e cieli stridenti i suoi occhi furono abbagliati da quei
rigurgiti di violenza che pareva generare il suo cuore in maniera
naturale, desideri di azioni obbrobriose da perpetrare verso quei
corpi cosi dolci al suo tatto, verso quelle gambe che ospitavano il
fiore dall'odore cosi attraente per i suoi disgustosi desideri, per
quei seni cosi ammalianti al suo tatto, dall'apparenza di dolci e
fiorite colline da invadere, occupare, assaporare infine depredare!
Pareva non terminare più quel rigurgito velenoso, sembrava volergli
narrare in maniera visiva ogni cosa...svelargli la sua storia ! Le
origini di come fu concepito dalla libidine e dalla forza malefica di
suo padre! Un vuoto che gli portò una pausa nera, offuscata da non
si sa bene chi ...una voce lo chiamò, quasi lo volesse reclamare,
salvare con le ultime forze rimaste!
“ Lelay.”
Donna Leo bussò alla porta del figlio
e non ricevendo risposta entrò. Riverso sul letto, nel suo vomito e
in un mare di disperazione, piangeva il ragazzo.
“Lelay- lo chiamò dolcemente la
madre- Lelay ti prego non disperarti, ora chiamo la schiava che ti
ripulisce”
Diede ordini di portare acqua e
asciugamani. Si prese cura del figlio tanto amato.
Donna Leo gli passò tutto il corpo con
una pezza di lino bagnata in acqua profumata.
Passava la pezza per ripulire la sua
carne e con la dolcezza infinita di una madre, gli sussurrava parole
dolci per lavargli l'anima.
Lui adorava quella madre così dolce e
premurosa. Amava farsi coccolare dal lei e stava ad ascoltare il suo
cuore calmarsi sotto l'influenza di quelle sapienti e amorevoli mani
che lo accarezzavano.
Avrebbe voluto fermare il tempo in
quell'attimo di apnea dal dolore. Avrebbe voluto prolungare la magia
di quella pace che sentiva nel cuore quando la madre gli era vicino.
Si abbracciò alla madre mentre lei, accarezzava la sua anima. Amava
sua madre con tutto il suo essere.
Parlarono, e lo fecero a lungo, riuscì
così a calmarlo e ad assicurarlo che anche se non era materialmente
figlio del Conte, lo era spiritualmente perché Eleonora era amata
dal Conte e lei lo ricambiava.
“Vestiti, anima mia, ti aspetto nel
salone. Lal è passata per invitarti ad una passeggiata a cavallo. Ti
aspetta alle scuderie.”
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