Luigi Fontanella su COMPITU RE VIVI

Da Narcyso
Di questo mio libro, su cui pochissime recensioni sono uscite in rivista, a conferma, se ce ne fosse bisogno, del menefreghismo e dell'opportunismo di critici e poeti, segnalo questa testimonianza di Luigi Fontanella apparsa su Gradiva. Luigi Fontanella fa parte di una lista ristretta di amici capaci di scambiare gesti e parole e di darne pubblica testimonianza. Ché, è vero quanto mi scrive una mia cara maestra collega: "la vera poesia è azione...tu agisci da vero poeta". Ecco: voglio leggere poeti che siano prima di tutto uomini; di altro poco mi interessa più.

La forza ctonia di una lingua anteriore, qual è il dialetto della Sicilia sud-orientale (più precisamente quello appartenente all'area siracusana tra Cassibile e Floridia), anima suggestivamente la poesia di un recente libro di Sebastiano Aglieco ( Compitu re vivi, Il Ponte del Sale, 2013, con ottima prefazione di Maurizio Casagrande), a mio avviso tra i poeti e critici d'oggi più pulsionali e radicali. Non so se l'autore, che definisce questa lingua "riesumata", alluda al fatto che al giorno d'oggi forse essa non è più par­lata. Ne dubito. A me piace definirla "lingua anteriore"; forse, addirittura, "lingua ancestrale", dove il termine "ancestrale" non a caso sottintende l'alveo materno (la figura della madre è, di fatto, centrale in questa rac­colta). Il titolo del libro, che a tutta prima sembrerebbe un'espressione latina, sta appunto a indicare il "compito dei vivi", e titola anche la sezione eponima, forse la più scarna e frammentata, forse letteralmente la più umile (un solo esempio, molto persuasivo nella sua nudità: "sinza rraggia / l'occhi nnucènti / chistu m'a ratu e chistu / ti pottu, ammacchiàtu. / m'a misu nna mmunnu e / nna 'n tempu..."). Per quanto mi riguarda, mi hanno profondamente e passionalmente coinvolto le ultime tre sezioni, rispetti­vamente titolate 'Stati, Binario 21 e 'Mmernu. Qui a mio avviso Aglieco spende le sue carte migliori, fra poesia oracolare, invocazione sacrale e ascesi linguistica, quasi fosse alla ricerca di una parola essenziale, scabra, scheletrica; quasi a volerla liberare dall'involucro del pesante becerume con cui oggi viene lacerata e dissanguata; quasi, insomma, volendola ri­portare a una forma genetica degna del dire poetico, per ogni bocca, "bat­tezzata alla luce dei vivi": "Io so che per ogni parola / sprecata saremo i congiurati, gli / spergiuri, per ogni ferita inutile / ogni dono non accettato, i fratelli / esiliati nella terra minore".

Luigi Fontanella

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