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Luigi Fontanella: un oriente incontaminato

Da Narcyso

Luigi Fontanella, LA MORTE ROSA, STAMPA, 2015

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In quest’ultima plaquette di versi, Luigi Fontanella ci rivela una fonte ispiratrice della sua poesia: un testo di André Breton, letto durante gli studi universitari che,  afferma, non ha mai cessato di contaminarmi, di possedermi, di infestarmi – .

Citando anche “Nadja”, un famoso romanzo di Breton, costruito intorno a  un incontro fortuito – “Io sono l’anima errante”, dice il personaggio femminile di sé – è possibile inquadrare il tema dello spaesamento/sdoppiamento, unitamente a quello del perdersi e del rintracciare – si veda una delle figure centrali nella poetica di Fontanella, la Gradiva che incede, ma anche la ragazza misteriosa seguita per le strade di New York – nel quadro di una declinazione delle invenzioni letterarie del novecento, nella necessità dei contesti autobiografici e antropologici.

La letteratura, insomma, è una forma della biologia, capace di condurre astrazione e concretezza dentro la cornice di un “sur/realismo” da intendersi non come metafisica, vaghezza delle forme, ma accellerazione dei risvolti contradditori del reale.

Dopo il clima bruciante dell’ultimo libro di Fontanella, “L’adolescenza e la notte” – del resto ancora dittico, tematicamente sdoppiato – questa morte rosa si concentra ancora intorno al tema dell’ir/realtà – essere e non essere –: “Il mare, l’amore, la morte…Il libro, la vita, la piccola farfalla che va…Esserci per una volta, e dunque per sempre, iscritti per sempre nel tutto…”, così Maurizio Cucchi nella nota introduttiva.

Si tratta di una scrittura raffinata che sintetizza le ricorrenze di Fontanella a partire da un onnipresente azzurro declinato nella presenza del mare e del cielo, ma essenzialmente in funzione di una resa psicologica:

Tu cerchi un oriente incontaminato
viaggiando su ali di ciglia,
ritmo azzurro
che lascia una scia spumosa!
Passeggeri si raccontano
le loro case, perdite e guadagni,
come fossero già disegni,
sinopie offerte in dono.

p.9

Si legge, dunque, fin dal primo testo, l’ossessivo tema della viandanza connesso al desiderio del bloccare sulla pagina, ma anche sulla superficie delle cose inanimate, la materia umorale della vita, il pathos della scrittura:

Mia l’illusione di una piccola
avventura con bambole,
bambole che aprono e chiudono gli occhi
automaticamente.

p. 10
…Tutto
in un limite reale
o in un’illusione.

p. 15

Questi ultimi versi introducono il testo più conturbante della raccolta, in cui l’ossessione dello sdoppiamento raggiunge il suo culmine, finendo per coincidere con lo specchiamento, argomento che probabilmente fonda il surrealismo a partire da Mémoire di Rimbaud.

Una volta ho incontrato il mio gemello.
Fra due traiettorie, adesso
si consuma il tuo andare:
foglia smarrita nella sua caduta
già morta. Abbiamo fratelli
da ripudiare o riedificare
qualcosa nascosto in un libro
o in un angolo della casa
dove, bambino, andavo a nascondermi.

p. 18
Sebastiano Aglieco


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