27 giugno 2014 Lascia un commento
Reggiano si diceva ma oltre i campanilismi, egli e’ genuinamente emiliano perche’ la terra, le case e le persone sono le stesse e la Via Emilia non e’ una strada ma uno stile di vita, un modo di ragionare, o almeno lo era.
Nato nel 1943 e prematuramente scomparso nel 1992, la sua fotografia divenne internazionalmente celebre gia’ dagli anni ’70 e da allora la sua fama resta immutata e le sue opere esposte nei musei di tutti i continenti.
Egli entro’ a gamba tesa nel mondo dell’arte, facendosi riconoscere nell’approccio concettuale dell’immagine e della sua fotografia si puo’ dire tutto fuorche’ sia banale. Da amante dell’arte moderna, trovo in Ghirri un interlocutore privilegiato, il suo approccio all’immagine perfettamente funzionale ad una visione laterale delle cose che corrisponde con esattezza al mio modo d’intendere.
Egli non focalizza il soggetto, lo tiene di sfondo o a margine della composizione. C’e’ sempre qualcosa o qualcuno che si frappone o lo interrompe ed una strada si vede attraversare da un’automobile, un muro solcare da una scritta, un panorama invaso da ignari escursionisti. Esiste una mediazione tra l’essere e l’apparire, talvolta un sostituto come per "Atlante" dove la stilizzazione declina il reale all’iperreale e nell’iperrealta’ Ghirri immerge un particolare ricostruendolo poi ancora piu’ grande. Nel processo i significati si moltiplicano, il linguaggio si frammenta, lo spazio si allarga verso nuove identita’ e i confini superano quelli imposti dal puro e semplice ritratto.
Amo meno il Ghirri della seconda meta’ degli anni ’80 in poi, dove cio’ che guadagna in tecnica e compattezza dell’immagine, lo perde in fantasia e divertimento. Credo che egli fosse in una nuova fase della sua carriera che purtroppo non sapremo mai dove sarebbe approdata.
Fu un artista straordinario, anello di congiunzione tra arte astratta e figurativa, tra pittura e fotografia, le sue immagini una inesauribile fonte di spunti e d’idee. Straordinario.