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Luigi Malerba e il racconto sperimentale

Da Lielarousse

Roma 1 novembre 2013

Luigi Malerba

Luigi Malerba è nato a Berceto, in provincia di Parma, nel 1927.

Scrittore sperimentale, ha fatto parte del “Gruppo 63″, un’associazione che negli anni sessanta  riunì gli scrittori accomunati dalla volontà di rinnovare la tradizione letteraria italiana, trasformandone radicalmente la poetica e il linguaggio.

E’ autore anche di testi teatrali, sceneggiature cinematografiche e televisive, e testi per bambini.

La poetica sperimentale, cui Malerba  si rifà, parte dal presupposto che le regole del narrare, le strutture del racconto, siano ormai diventate troppo strette e vincolanti, insufficienti per cogliere gli aspetti della realtà  contemporanea, multiforme e in frenetica trasformazione.

L’autore deve essere libero di usare in modo nuovo gli strumenti tradizionali, deve “aprire” la propria opera permettendo al lettore di penetrarne i meccanismi, di interpretare automaticamente la realtà rappresentata.

E della realtà Malerba mette in luce soprattutto  gli aspetti più grotteschi, i lati assurdi, attraverso uno stile che utilizza in modo assolutamente libero gli schemi narrativi, creando effetti di sorpresa e di imprevedibilità.

Tra le maggiori opere Testa d’argento : uno scrittore racconta per sommi capi ai lettori una storia che vorrebbe raccontare. Ha già scritto l’inizio, ha progettato lo svolgimento, ha prefigurato i personaggi, addirittura ha già deciso chi la racconterà  e come, ma manca un elemento fondamentale, così fondamentale che darà un milione  a chi potrà fornirgli un’idea. Senza questa, l’editore e il produttore cinematografico  che gli hanno proposto la pubblicazione  del testo e la realizzazione  di un film sullo stesso soggetto non concluderanno l’accordo.
In questo racconto vengono svelati i meccanismi della narrazione, le difficoltà creative, gli intoppi. L’arte del narrare e l’artista  diventano oggetto di un discorso comune, svolto in un linguaggio sciolto e informale, che li spoglia delle loro tradizionali caratteristiche. Lo scrittore diventa una figura quotidiana e i suoi strumenti, finora coperti dal segreto, dal mistero  della creazione, vengono disposti ben visibili sul banco di lavoro.
Dal contrasto tra ciò che ci si aspetta da un racconto  e ciò che questo racconto  di fatto fornisce nasce l’ironia che l’autore esercita su se  stesso, sul proprio lavoro, e infine sui lettori stupefatti.

” In fondo a un prato, davanti un muro di mattoni, un uomo pallido è legato a una sedia da cucina. Ha gli occhi bendati e le mani dietro la schiena. Potrebbe essere un alba invernale, ma non è proprio necessario che sia inverno. Improvvisamente risuona nell’aria una scarica di fucili e l’uomo ha un sussulto, poi ripiega la testa sul petto, fulminato. Sei uomini vestiti di panni borghesi si allontanano con i loro fucili sul viale umido, raggiungono un furgoncino a motore che parte subito scomparendo nelle brume. Non fanno commenti, ma dentro di sé ognuno di loro spera che il fucile caricato a salve fosse il suo”.

 

A domani

Lié Larousse



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