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“Luinesi all’estero”: dottorato di ricerca tra Grenoble e Zurigo, Marco Zanatta studia gli inquinanti atmosferici

Creato il 01 febbraio 2016 da Stivalepensante @StivalePensante

“Luinesi all’estero” è una rubrica che periodicamente andrà a raccontare vite, esperienze e speranze di tutti quei luinesi che hanno deciso di abbandonare l’Italia per cercare un futuro migliore. Come tanti altri concittadini, infatti, sono decine e decine i luinesi che si sono trasferitI all’estero, alcuni anche in Usa o in Australia, con l’intenzione di lavorare oppure spinti dal seguire le proprie passioni. E’ questo il caso del primo luinese intervistato, il dottor Marco Zanatta, che ha lasciato l’Italia nel 2011 quando frequentava l’Università di Pavia, dopo aver scelto di fare un Erasmus Placement a Grenoble. Da lì è iniziata la sua esperienza nel mondo del dottorato, diviso proprio tra la città francese e Zurigo, dove hanno sede le due università in cui sta compiendo degli studi di ricerca in scienze atmosferiche.

Marco Zanatta nel laboratorio di ricerca in cui lavora a Zurigo

Marco Zanatta nel laboratorio di ricerca in cui lavora a Zurigo

Raccontaci di te… Quando sei andato via dall’Italia? Dove vivi?

Sono via dal 2011 e mi divido tra Francia e Svizzera. Sono partito durante l’università per motivi di studio.

Quali motivi ti hanno portato a lasciare l’Italia?

In primis la curiosità, desideravo da anni toccare con mano le diversità di un altro Paese. Più concretamente, l’università che avevo scelto offriva un percorso didattico unico nel suo genere: glaciologia. Partii per la Francia grazie ad una borsa Erasmus, in seguito il laboratorio che mi ospitò mi offrii un lavoro.

Di cosa ti occupi?

Sto terminando il dottorato di ricerca in scienze atmosferiche, dunque lavoro nel campo della ricerca. Il laboratorio dove opero effettua il monitoraggio del livello degli inquinanti atmosferici come gas e particolato, ma soprattutto ne studia le proprietà fisiche e chimiche mettendole in relazione con i recenti cambiamenti climatici. Il fine ultimo di un dottorato è produrre articoli scientifici, per arrivare a ciò servono tre step: acquisizione, analisi dati e divulgazione.

Come si svolge il tuo lavoro quotidianamente?

Tutto parte formulando un’ipotesi su un determinato processo, successivamente si acquisiscono dati. In seguito, l’ipotesi viene verificata o confutata durante l’analisi dati. Questa é la fase più complicata in quanto l’ipotesi formulata non sempre é veritiera e sovente si scoprono altre variabili che magari non sono state considerate durante la formulazione dell’ipotesi. Nell’ultima fase, quella più delicata, si redige un rapporto un articolo scientifico nel quale si giustificano i risultati e si discuto le possibili cause. Un esempio potrebbe essere il picco di inquinamento verificatosi in Lombardia a fine dicembre. Una probabile ipotesi sarebbe “la composizione chimica del particolato atmosferico durante i picchi di inquinamento, che cambia rispetto a condizioni normali”. Succesivamente si condurrebbe una campagna di misura nel sito interessato. Il passo seguente sarebbe verificare l’ipotesi “la composizione cambia o non cambia” per poi discutere le cause, i meccanismi, gli effetti etc..

Hai avuto esperienze lavorative in Italia?

Non periodi lunghi. Mi é capitato di avere incarichi per qualche settimana in istituti universitari italiani quando oramai ero già partito.

Quali differenza hai riscontrato?

Una piccola premessa, il mio settore é una nicchia dunque non può rispecchiare la situazione generale della ricerca italiana. Nonostante l’Italia continui a produrre lavori di altissima qualità, le energie e gli sforzi necessari per conseguire gli stessi risultati di un collega tedesco o francese sono molto più alti. I ricercatori Italiani devono lottare contro una burocrazia pesante e poco flessibile, in molti casi le strutture e strumenti sono antiquati o fatiscenti. Nell’immediato questo porta a una dilatazione dei tempi di lavoro dovuta al continuo attendere di permessi fondi. Va sottolineato che il mondo della ricerca é molto concorrenziale, per definizione non puoi essere il secondo a scoprire qualcosa. Sul lungo termine ci sono, a mio parere, conseguenze peggiori che ho purtroppo riscontrato numerose volte anche discutendone con ricercatori stranieri che lavorano in Italia. Le condizioni di lavoro sono talmente esasperanti e usuranti che nelle persone si manifesta un senso di grande impotenza e rassegnazione; dopo anni si perde la volontà di lottare per qualsiasi cosa e ci si adatta al sistema, assumendo come normalità qualcosa che all’estero sarebbe inconcepibile. Una conseguenza molto importante della poca disponibiltà di fondi incide sul lavoro degli studenti. Con pochi fondi a disposizione é categorico non sprecare soldi (ndr, rompere strumenti, consumare reagenti e così via). Un dottorando commette a volte errori dovuti all’inesperienza, molti dei quali hanno un costo. Nei laboratori stranieri dove sono stato, la prima differenza che ho notato é la fiducia e libertà di azione che viene data ad uno studente. Credo, poiché viene dato per scontato all’estero, che l’apprendimento passi per una serie di errori dovuti all’inesperienza e il costo di tutto ciò é preventivato fin dall’inizio.

Come ti trovi nel paese in cui vivi? Ti sei integrato nella società?

Vivo in Svizzera tedesca vicino a Zurigo. Lavorativamente parlando mi trovo molto bene, ed in generale la qualità della vita é molto alta, ma non mi sono integrato nella società. Dopo due anni passati qui mi sento integrato tanto quanto la prima settimana.

Quali difficoltà hai riscontrato?

La società svizzera é più complicata di quanto si possa pensare. Il famoso ordine svizzero si basa tanto su leggi scritte quanto su convenzioni sociali, non scritte, che uno straniero ha difficoltà a capire, tanto che faccio tuttora fatica a capirle. Posso dire che la discrezione è un pilastro fondamentale. Non mi sono mai sentito particolarmente discriminato dalle istituzioni come polizia, municipio e ufficio immigrazione, ma ho sempre l’impressione di essere ospite senza mai capire se ben accetto. Inoltre é abbastanza difficile interagire con i “locali”, quasi tutti gli stranieri finiscono per avere una cerchia di amici che raramente include persone svizzere, come é successo a me.

In quali altri paesi hai vissuto? Come ti sei trovato lavorativamente parlando?

In Francia. Bene e diversamente dalla Svizzera, anche molto integrato nella società.

Ti manca qualcosa dell’Italia? Cosa?

Mi manca il caffé al bar, la facilità di interagire con gli sconosciuti e qualche imprevisto. Ma non si può avere tutto, giusto?

E invece, che progetti hai per il futuro?

Stare nel mondo della ricerca, e magari fare un salto oltre oceano.

Pensi che un giorno tornerai in Italia?

Mi piacerebbe, ma non con le condizioni attuali.

Questa è la prima testimonianza della rubrica “Luinese all’estero”. Nelle prossime settimane e mesi le interviste ad altri luinesi che vivono e lavorano tra Europa, America, Africa, Asia e Australia.


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