“Luinesi all’estero” è una rubrica che periodicamente sta raccontando vite, esperienze e speranze di tutti quei luinesi che hanno deciso di abbandonare l’Italia per cercare un futuro migliore. Come tanti altri concittadini, infatti, sono decine e decine i luinesi che si sono trasferitI all’estero, alcuni anche in Usa o in Australia, con l’intenzione di lavorare oppure spinti dal seguire le proprie passioni. Dopo l’intervista a Marco Zanatta, la seconda storia è quella del 29enne Nicholas Vecchietti, che nel 2012 si è trasferito in Massachusetts per studiare l’HIV e lavorare ad un progetto, il virus-tracking, presso la UMASS Medical School.
“Luinesi all’estero”: in Massachusetts Nicholas Vecchietti studia l’HIV
Raccontaci di te… Quando sei andato via dall’Italia? Dove vivi?
Me lo ricordo come se fosse ieri, era il 24 agosto 2012 quando, pieno di speranze, eccitazione e un po’ di malinconia, lasciavo l’Italia e per la mia prima volta volavo oltre oceano, verso uno dei maggiori poli di ricerca al Mondo nel campo biotecnologico: lo Stato del Massachusetts negli Stati Uniti. Io vivo e lavoro nella città Worcester che si trova esattamente al centro del Massachusetts e dista un’ora dalla molto più famosa Boston. Nonostante Worcester all’estero sia sconosciuta quasi a tutti, con i suoi 180mila abitanti, oltre ad essere la seconda città più grande del New England, ospita diversi College ed Università tra cui la UMASS Medical School dove lavoro.
Di cosa ti occupi?
Il laboratorio in cui lavoro si avvale di moderne tecniche di microscopia, per condurre ricerche sul virus di HIV, e il mio progetto principale si focalizza sul viral-tracking. In parole più semplici sto cercando di “colorare” il virus di HIV per poterlo poi fotografare all’interno delle cellule, usando uno speciale microscopio che è stato appositamente costruito qui a UMASS, grazie all’aiuto di un altro gruppo composto da esperti in fisica, ottica e informatica. Il nostro gruppo vuole raccogliere informazioni sui comportamenti delle particelle virali nelle prime fasi della loro infezione nella cellula: siamo curiosi di sapere cosa succede da quando il virus si appoggia sulla membrana cellulare, entra nel citoplasma della cellula e inizia il suo viaggio verso il nucleo.
Come si svolge il tuo lavoro quotidianamente?
Le giornate si alternano in lunghe ore tra il bancone del laboratorio e il microscopio, preparando cellule, virus, reagenti e dedicandomi all’acquisizione delle immagini. Poi arriva la parte più noiosa e difficile: l’analisi dei dati. Infatti, anche se può essere divertente dilettarsi con soluzioni e reagenti, tutto quanto è inutile se non capisci cosa hai fatto e che informazioni puoi estrapolare dall’esperimento. A volte il risultato è una sorpresa: magari non funziona, oppure le risposte sono completamente diverse da quanto ci si aspettava, questi sono i momenti più importanti perché, senza lasciarsi scoraggiare, occorre ragionare su cosa ne possa essere la causa, risolvere il problema e procedere con il prossimo passo.
Hai avuto esperienze lavorative in Italia? Se sì, quali differenze hai riscontrato?
Sinceramente non ho mai lavorato in Italia. Sin da quando ero studente all’Insubria di Varese, ho sempre guardato verso l’estero per il mio progetto di laurea e intrapresi la vita del “frontaliere” in Svizzera, che mi aprì la via per gli Stati Uniti: una dei miei supervisori dovendosi trasferire negli Stati Uniti mi chiese se, una volta difesa la tesi, fossi intenzionato a seguirla per aiutarla ad avviare il suo laboratorio in cui ormai lavoro da 3 anni e mezzo.
Come ti trovi in Massachusetts? Ti sei integrato nella società?
Fortunatamente il Massachusetts, e Boston in particolare, rappresentano la parte più europea degli USA, il che aiuta leggermente a non sentirti troppo lontano da casa. Prima di riuscire ad integrarmi completamente ci sono voluti circa un 6 mesi e alla fine ho sviluppato nuove amicizie sia tra americani che stranieri il che mi ha permesso di conoscere persone che arrivano letteralmente da ogni parte del Mondo.
Quali difficoltà hai riscontrato?
In America è tutto più grande e a misura di automobile, se escludiamo le aree metropolitane più famose, i mezzi pubblici scarseggiano o sono del tutto inesistenti, e fino a quando non possiedi un’automobile riuscire a muoversi autonomamente è molto difficile: semplici azioni quotidiane come andare a fare la spesa possono rivelarsi abbastanza noiose, vi lascio immaginare cosa voglia dire mettere su casa da zero. Risolto il problema iniziale del mezzo di trasporto, ho dovuto capire come interagire con le persone per crearmi una nuova vita sociale: tutte le persone che conosci sono dall’altra parte mondo e ti ritrovi da solo davanti a un mix di culture e tradizioni completamente diverse dalla tua e devi capire come avvicinarle, ed entrare nella comunità.
In quali altri paesi hai vissuto? Come ti sei trovato lavorativamente parlando?
A parte gli Stati Uniti, non ho mai vissuto fuori dall’Italia. Se devo menzionare il mio passato in Svizzera ho solo ricordi positivi, avevo a disposizione tutto quello che mi serviva, i colleghi erano fantastici lì ho imparato molto e grazie a quell’esperienza ho ottenuto il lavoro qui in USA.
“Luinesi all’estero”: in Massachusetts Nicholas Vecchietti studia l’HIV
Ti manca qualcosa dell’Italia? Cosa?
Sei ore di fuso orario e nove ore e mezza di volo, non rendono certo semplice la possibilità di rientrare a casa, quindi la famiglia e gli amici di sempre sono quello che mancano qui. Io cerco di rientrare almeno una volta all’anno per rivedere tutti, ma per fortuna familiari e amici non hanno paura di volare e qualcuno è venuto a trovarmi, rendendo più piacevole la vita questa parte dell’Atlantico, anche se poi gli addii sono sempre duri da digerire.
E invece, che progetti hai per il futuro?
Nel futuro spero che ci possa sempre essere spazio per la ricerca, se sarà negli Stati Uniti o in Europa adesso non lo so ancora, ma sarà una decisione che dovrò prendere a breve insieme alla mia fidanzata Anetta, anche lei arrivata qui dalla Polonia per fare ricerca, e ora naturalizzata americana.
Pensi che un giorno tornerai in Italia?
Mi piacerebbe poter rientrare in Italia, il 2015 è stato un anno importante per la ricerca su HIV e un grande contributo è arrivato proprio da una collaborazione tra l’Italia e UMASS alla quale anche Anetta ha lavorato, quindi mai dire mai. La pubblicazione fatta su Nature in ottobre 2015 dal gruppo di Massimo Pizzato a Trento è stata realizzata in collaborazione con il gruppo di Luban qui a UMASS, dove Anetta e altri hanno fatto degli esperimenti supplementari di controllo.
Dopo quella a Marco Zanatta, questa è la seconda testimonianza della rubrica “Luinese all’estero”. Nelle prossime settimane contiueranno le interviste ad altri luinesi che vivono e lavorano tra Europa, America, Africa, Asia e Australia.