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Lula, Fidel, Raul e la Revolucion

Creato il 25 maggio 2010 da Alboino
Mario Vargas Llosa è stato uno degli scrittori che hanno caratterizzato la mia prima stagione di lettore onnivoro e a cui da subito mi sono affezionato. L’ho incontrato un paio di volte in pubbliche assemblee e mi aveva sempre fatto una buona impressione. Devo dire che ultimamente le notizie che mi giungono su questo “amato” scrittore non sono delle più esaltanti; forse con il passare degli anni, l’autore di “Conversazioni nella cattedrale” e “I quaderni di don Rigoberto” copie autografate dall’autore che conservo gelosamente, si è un po’ “scimunito” al punto di screditare il suo passato e le sue opere in una crociata politica senza senso.
Llosa da un po’ di anni a questa parte si è eretto a paladino dell’anti castrismo più feroce e non manca occasione di esternare le sue filippiche contro i fratelli Castro. Rispettabilissima la sua presa di posizione se non fosse che in anni ormai lontani lo stesso Llosa era un ammiratore del “progressismo sudamericano” e fautore di movimenti politici “a sinistra”, posizione che via via ha stravolto completamente (almeno nei suoi giudizi). L’ultima requisitoria dello scrittore peruviano riguarda l’atteggiamento del presidente brasiliano nei confronti proprio dei fratelli Castro: “Ho provato una sensazione di rabbia e disgusto, quando ho visto il ridente presidente Lula abbracciare affettuosamente Fidel e Raul Castro”, scrive. Si riferisce ovviamente alla visita di Lula a Cuba e Llosa perora la causa di quei dissidenti cubani rinchiusi nelle patrie galere perché ritenuti dal “regime” pericolosi per la sopravvivenza dello stesso, che avevano chiesto allo stesso presidente un’udienza durante il suo soggiorno all’Avana, per intercedere con le autorità dell’isola per la liberazione dei prigionieri politici martoriati nelle gattabuie cubane; udienza a quanto pare rifiutata. Da ciò Llosa deduce che Lula alla pari di altri presidenti dell’emisfero latinoamericano (comandante Chavez, Evo Morales, comandante Ortega) è un antidemocratico che solo apparentemente nel suo paese usa l’arma della socialdemocrazia.
Per non tediare più di tanto chi legge questo post sulla validità della Rivoluzione Cubana, sul sacrificio dei tanti cubani morti per la libertà dal mostro dell’imperialismo occidentale, mi limito ad osservare che ogni Paese è sovrano e che si può criticare la propria politica ma mai arrivare a parole di sdegno come fa Llosa (“Il volto di uno qualunque dei presidenti latinoamericani avrebbe potuto sostituire quello di Luizi Ignacio Lula da Silva mentre abbracciava i fratelli Castro, nella foto che mi ha fatto rivoltare lo stomaco mentre leggevo i giornali”); riguardo Cuba e Castro, poi, nessuno può sindacare – tantomeno Llosa - sulla situazione dell’isola caraibica dal momento che è una gestione politica derivante da una rivoluzione e come tale sempre contrastata dagli imperialisti occidentali. Credo che così come ebbe a dire più di quaranta anni fa Ernesto “Che” Guevara in quella concitata esposizione alle Nazioni Unite, l’atteggiamento di Cuba e del governo rivoluzionario è dettato dalle provocazioni che giornalmente si trovano a subire e condivido quello che personalmente ho ascoltato da una delle figlie (nonché ministro di Cuba) del Che: ossia che Cuba è pronta in qualsiasi momento ad eliminare dal suo ordinamento la pena di morte e tutte le misure restrittive nei confronti degli oppositori del regime in cambio della propria incolumità. Un dato valga per tutti e soprattutto per Vargas Llosa: per ben 638 volte da quando Castro è al potere, la CIA ha tentato di assassinare il leader cubano con l’aiuto piuttosto evidente di esuli e oppositori interni. A questo punto ogni ulteriore commento sarebbe superfluo.

Lula, Fidel, Raul e la Revolucion

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