Perturba le notti candide il solo ricordo di "Lulù e il vaso di Pandora".
Quant'è pericoloso il giovane fiore ed innocente il peccato!
Mi pare di scorgere uno spettro sullo schermo del silenzio, come linda, genuina, pericolosa bellezza che non ha bisogno di parole perché ha il potere di ammaliare (e di distruggere) con il solo sguardo.Vicina e distante, come eco di un regno oscuro ma immacolato, Louise Brooks ha sedotto il cinema.
Penso al volto della sua Lulù come immagine-affezione per eccellenza, insieme forse alla Giovanna D'Arco della Falconetti e alla fumosa, smaliziata, divina Marlene Dietrich. Torna alla mente come visione alchemica, amorale perché non conosce nè bene nè male, la bambina alla corte del mondo: la purezza della creatura di Pabst non può che annientare chiunque la circondi, per finire a sua volta annientata in un finale meraviglioso e tristissimo, ma fatale e necessario. La potenza sconosciuta e struggente che emana il primo piano è quella delle figure che emergono dall'oscurità, che richiedono all'occhio di abituarsi al buio per poter essere comprese ed amate. E' la luce che nasce eterea nel regno dell'ombra.
Il volto di Louise Brooks è un paesaggio infinito, misterioso e sublime, dove perdersi tra i segreti del tempo e le forme dello spazio.
"Perché il bello è solo l’inizio del tremendo,
che sopportiamo appena,
e il bello lo ammiriamo così
perché incurante non disdegna di distruggerci".
(Maria Rainer Rilke, “Elegie duinesi”)