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Che poi non ti sembra neanche Palermo, questa qui di Nino Vetri. Metti un uomo che cerca le parole di una canzone rumena che fa Lume lume, e anziché andare su internet, le chiede ai nuovi europei più o meno clandestini nella sua città. Sperando che sfidino almeno loro la globalizzazione e, insomma, che capiscano almeno la loro lingua. Va bene, non quella nuova nuova di zecca (quale zecca?), quella che avrebbero potuto studiare a scuola, che so io, a Bucarest, ma quella dei nonni. Ce li avranno pure dei nonni veri, questi rumeni. Oddio, a Palermo sembra proprio di no. Sono in gruppo, sì, ma senza ordine ed è difficile raccapezzarsi. Vatti a fidare, hanno solo un bagno, e il Signore solo sa cosa fanno quand'è occupato. No, aspetta, erano quelli del Bangladesh. Ma non perdiamoci, se no qui chi la traduce la canzone?
Lume Lume (Sellerio, Palermo 2010) è un delizioso gioco verbale, che si legge d'un fiato, s'incide con la sua creatività, con i suoi personaggi bizzarri, con i suoi colori onirici, con la sua topografia a memoria della città e poi del mondo. È una Palermo attraversata nel tempo alla ricerca di qualcosa, come ne Il libro di legno di Gian Mauro Costa, ed è una Palermo che non sembra dare la risposta che si cerca, dove le realtà si devono ricomporre per dar senso all'enigma. In questo caso l'unico indizio è il titolo, che significa Gente, Gente, oppure Mondo, Mondo, e tutte le varianti possibili. È anche un viaggio linguistico dentro una mappa di storie che hanno perso l'idioma comune e se lo rigenerano, come accade ne L'invenzione di Palermo, però senza l'effervescente anarchia di Giuseppe Rizzo.
Lume lume di Nino Vetri mi sembra quasi un viaggio verso il silenzio, o verso l'armonia. Non l'unisono di qualche utopia massificante, ma il gioco timbrico, la sequenza sapiente di accordi di sempre. Il romanzo scorre, ma non scivola. Rimane un ricordo preciso delle sue suggestioni, perfino delle sue voci, tutte incorniciate da gesti che ti par di vedere, qui. E che non si dissolvono: inanellate in un crescendo trascinante e ipnotico che coinvolge tutti, scaldano l'umore del lettore sino al bel finale, una lunga carrellata che restituisce le persone al loro luogo, alle loro ancestrali distanze.
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