Anno: 2013
Distribuzione: Academy Two
Durata: 105’
Genere: Drammatico, Romantico
Nazionalità: Indiana
Regia: Ritesh Batra
Data di uscita: 28 novembre 2013
“A volte il treno sbagliato ti porta alla stazione giusta“
Lunchbox, lungometraggio d’esordio del regista indiano Ritesh Batra vincitore del premio assegnato dal pubblico alla Semaine de la Critique dell’ultimo Festival di Cannes, arriva sui nostri schermi in concomitanza con la presentazione al Torino Film Festival (che lo ha coprodotto tramite il TorinoFilmLab) dove ha ricevuto critiche più che positive.
Nell’odierna e caotica Mumbai un efficiente servizio di trasporto, messo a punto alla fine dell’800 e rimasto praticamente invariato fino ad oggi, recapita ogni giorno migliaia di pasti caldi preparati in casa o al ristorante a studenti e lavoratori. A causa di un rarissimo errore all’interno di questo impeccabile sistema di consegna il cestino del pranzo preparato da Ila per suo marito finisce sulla scrivania di Saajan, impiegato contabile ad un passo dalla pensione che rimane colpito dall’insolita bontà del cibo ordinato come di consueto ad un ristorante della zona. L’uomo, che vive un’esistenza anonima, triste e solitaria dopo la morte della moglie, continua nei giorni successivi a ricevere i deliziosi manicaretti di Ila che, accortasi che i pasti consumati quotidianamente dal marito sul posto di lavoro non provengono dalla sua cucina, decide di scrivere un biglietto da inserire nel cestino del pranzo (il lunch box del titolo) per scoprire a chi vengono recapitati. Inizia così un fitto, intimo e delicato scambio epistolare tra Ila – madre e moglie trascurata da un marito assente e fedifrago – e Saajan che torna finalmente ad aprirsi alla vita e alle emozioni scaturite dalle righe scritte dalla donna.
L’opera prima di Ritesh Batra si tiene a debita distanza dalle classiche e costose produzioni di Bollywood, contraddistinte spesso e volentieri da una durata monstre e infarcite di canzoni e innumerevoli balletti. Lunchbox è una piccola storia incentrata su due solitudini che un giorno si sfiorano e ricominciano a sperare in un domani migliore, due anime ferite e afflitte dalle sofferenze del vivere quotidiano. Una commedia romantica matura e insolita, seppur pervasa da una sensazione di genuina ingenuità tipica di un certo cinema indiano, che inizialmente sembrerebbe cavalcare la facile moda dei film d’argomento culinario per virare ben presto su temi assai più profondi, complessi e introspettivi. I toni malinconici sono ben dosati e inframezzati da intermezzi brillanti e ironici grazie all’innesto in fase di scrittura di un personaggio come Shaikh, collega e futuro sostituto in azienda di Saajan dai modi buffi e vitali. Il film ci parla anche dell’India moderna in modo non certo conciliatorio, di una società frenetica e sostanzialmente indifferente alle problematiche altrui, lontana dai colori sgargianti e luccicanti delle cartoline del cinema indiano da esportazione. Particolarmente azzeccata la scelta dei due protagonisti, interpretati da Nimrat Kaur e Irrfan Khan, attore noto anche in Occidente per aver preso parte a film come The Amazing Spider-man, The Millionaire e Vita di Pi, qui alle prese con un notevole lavoro di sottrazione per rendere al meglio i toni sobri, indecifrabili e imperturbabili del suo personaggio.
Nella seconda parte il film mostra qualche segno d’indecisione sulla strada da intraprendere con alcune, inevitabili, battute d’arresto forse causate dalla voglia di rifugiarsi in un marcato e scontato lieto fine che invece viene saggiamente evitato limitandosi a suggerirlo pudicamente.
Distribuito in una ventina di copie a livello nazionale Lunchbox potrebbe essere, insieme all’imminente uscita di Blue Jasmine di Woody Allen che ovviamente avrà ben altra copertura, il film di Natale per tutti coloro che nel periodo delle feste invernali rifuggono le sale invase dai Pieraccioni, i cinepanettoni e i cartoni animati. Vedremo se avrà la fortuna e il merito d’incappare in un sano e contagioso passaparola, elemento essenziale per la sua tenitura in quei pochi (ma buoni) cinema che hanno avuto l’ardire di metterlo in programmazione.
Boris Schumacher